Nel tempo del Coronavirus starsene ristretti in casa è un’arte

Dimentichiamoci dei suggerimenti elargiti a profusione da taluni esperti, sulla necessità di socializzare il più possibile, perché nell’anno 2020, per meglio intenderci quello del Coronavirus, il coattivo messaggio (corredato da sanzione pecuniaria e segregativa) è di segno opposto: statevene a casa. E se “io resto a casa” è l’hashtag che si concretizza in “io solo io, tutto solo, resto a casa”, è meglio.

di Luca Manduca

solitario coverL’ultimo anello di una catena di decreti, il DPCM del 9 marzo, limita fortemente (e doverosamente) una delle libertà basilari garantite dalla Costituzione italiana.
Infatti l’articolo 16 della nostra Carta fondamentale recita “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”.
Ebbene, ci siamo. Le esigenze di tutela dell’altrettanto fondamentale diritto, quello della salute, sono fortemente preminenti su tutto e scansano le altre necessità di natura socio-economica.
Ma qui non parleremo delle gravi conseguenze finanziarie dello stop, parziale o totale, di ogni tipo di attività economica e commerciale; non discuteremo dell’insolita scoperta fatta da molte imprese di poter lavorare produttivamente da remoto, né narreremo dei deliri di massa per il veto agli aperitivi.

Ci concentreremo sul dilemma che sta facendo impazzire gli italiani e, ben presto (prestissimo) tutti gli altri europei: che fare tutto il giorno chiusi in casa?

È il momento di tirar fuori la soluzione che poco ha di avveniristico, che è a costo zero, non inquina né richiede sforzi fisici o l’utilizzo di pile o elettricità, ma che necessita solamente di un mazzo di carte: il gioco del solitario. Adesso racconteremo la storia del miglior modo al mondo di passare il tempo in casa.

Come per tante altre faccende, tutto parrebbe iniziare con gli antichi maestri dell’occulto, gli egizi. Il popolo dei più noti geroglifici, possedeva potenti capacità divinatorie derivanti dalla lettura delle carte.
Ad un certo punto della storia gli adoratori di Ra, angosciati dall'allargamento coloniale dei forzuti romani, prevedendo (è il caso di dirlo) che i loro segreti potessero precipitare nelle mani degli odiati nemici, consegnarono al popolo dei boemi parte dei loro magici segreti. A volerla raccontare proprio tutta, i romani non si mostrarono particolarmente incuriositi da quel maneggio di mazzi di carte, perché a questo metodo divinatorio preferivano continuare ad osservare il volo degli uccelli e a sviscerare gli animali.

Tornando ai boemi, costoro erano nomadi, si spostavano da una parte all’altra in concomitanza con l’alternarsi delle stagioni; grazie o a causa di questa peculiarità, i boemi furono ben presto assimilati con gli zingari, ossia i detentori principali dei più diffusi metodi di predizione del futuro. Non a caso, se si pensa a una zingara non si può non immaginare la lettura della mano e l’interpretazione delle carte attorno a una palla di vetro con dentro spiriti fluttuanti. Da qui al gioco (più casalingo e ingenuo) del solitario il passo è breve.

Assodato che i moderni solitari discendono direttamente dall’arte divinatoria delle carte, oggi per fortuna non sono più in vigore le norme del sinodo di Worcester (XIII secolo) che proibì, pena la carcerazione, alla cosiddetta gente comune di giocare da soli il gioco delle carte; sì, alla gente comune, quindi non ai sovrani e, infatti, le cronache raccontano come re Carlo VI fosse solito passare le sue giornate giocando a carte da solo.

gioco solitarioIn Italia i solitari fecero la loro comparsa nel XIV secolo, mentre in Francia divennero popolari nel periodo in cui Napoleone fu esiliato. E proprio al Bonaparte più famoso certe storielle attribuiscono l’invenzione di diverse varianti di solitari. Il solitario è senz’altro uno dei molti passatempi, ma è anche considerato uno dei massimi metodi di esercizio della pazienza.

Data questa premessa, a chi più è di servizio questo gioco? Dov’è che può più essere utile farsi un solitario?

In Germania più di 17,3 milioni di persone vivono sole e le abitazioni diventano sempre più piccole. Perché? Secondo uno studio, pubblicato nel luglio 2019 dall’Ufficio di statistica federale tedesco Destatis, in Germania una persona su cinque vive da solaQuesta tendenza è sempre più… virale e, di conseguenza, le case vengono adattate e rimpicciolite. In questo momento di forti limitazioni, sarebbe buona cosa far diventare trendy il rimanere soli in casa, anziché andare a zonzo per locali rischiando il Coranavirus sputazzato da chi viola il limite di sicurezza del metro e poco più di distanza.
E in tempi come questi i classici giochi di società rischiano di divenire illegali o quantomeno inopportuni o, rispetto alle ridotte abitazioni dei single tedeschi, persino ingombranti. Infatti un Monopoly o un Risiko richiedono, oltre che almeno un altro individuo da accostare a sé a distanza ravvicinata, un ritaglio di spazio ragguardevole per riuscire a giostrarsi col lancio dei dadi, per muoversi da una casella all’altra piuttosto che installare finti alberghi sul bordo di Parco delle Vittorie.

Sempre secondo lo studio di Destatis, il numero di case in cui vive una sola persona è aumentato del 46 per cento dopo la riunificazione delle due Germanie del 1991 e, nello stesso periodo, le abitazioni contenenti più inquilini sono scese del 2 per cento. Le motivazioni alla base di queste importanti percentuali sono arcinote: sempre più giovani lasciano i propri genitori non per sposarsi e mettere su famiglia, ma semplicemente per andare a vivere soli; il numero dei divorzi è aumentato così come il tasso di invecchiamento della popolazione tedesca. Da tenere in considerazione, inoltre, è l’elevato numero di single presenti in Germania. Secondo le statistiche tedesche il 64 per cento degli uomini under 50 sono scapoli incalliti. Forse la gente si ritiene soddisfatta della propria vita e non sente il bisogno di condividerla con un partner?

The Local (editore inglese di news digitali multiregionale con edizioni anche in Germania) riporta il seguente dato: due terzi del mondo teutonico soffre di solitudine.
E come sempre il confronto diventa d’obbligo: e in Italia com’è? Da noi la situazione è leggermente differente, ma altrettanto (certo, dipende dai punti di vista) preoccupante.
Nel Belpaese sono 8,5 milioni i cittadini che vivono da soli (40 per cento vedovi, 39 per cento celibi o nubili, 21 per cento separati). Fino a poco più di un anno fa, circa 3 milioni di persone hanno dichiarato di essere single e di star bene così.
Ma nell’anno del Coronavirus, la risposta cambierebbe? Meglio non domandarselo serrati come siamo in casa soli soletti, piuttosto facciamoci un bel solitario.
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Luca Manduca
È nato a Catania nel 1974. Maestro d'arte e grafico pubblicitario, laureato in giurisprudenza, tutor di diritto e economia, conciliatore. Attualmente vive a Milano, collabora col Centro Studi Berlin89 e scrive per la testata giornalistica Berlin'89.
Autore del libro "Una sana ossessione - Tra gli eroi, i luoghi e gli incanti di Chiamami col tuo nome - (Cavinato Editore)
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