Il divorzio delle beffe tra San Marco e Grandi Navi
Le Grandi Navi trasferite nel porto industriale di Marghera, sei mesi di lavori e poi via tutte dal bacino di San Marco insieme alla promessa di trovare una sede definitiva agli approdi delle navi passeggeri attraverso un «concorso di idee internazionale». È questo l’impegno sottoscritto da ben quattro ministri del governo Draghi, che dopo l'approvazione del CdM è diventato Decreto legge.
Ci sono tutte le premesse per definire questa sortita, come l'ennesimo annuncio 'rivoluzionario' con il sapore della beffa. «Lo statement politico positivo c'è, il riconoscimento che le navi devono stare fuori dalla laguna è un bene, ma - spiega Tommaso Cacciari, leader del Comitato No Grandi Navi - se si parla di una soluzione temporanea come quella enunciata dai quattro ministri, è pura follia sperare di attrezzare il porto di Marghera in sei mesi.».
Sono nove anni che Venezia aspetta una soluzione sul transito in laguna dei «grattacieli del mare»; cioè da quando, in seguito al naufragio della Costa Concordia all’isola del Giglio, il decreto Clini-Passera ne aveva vietato il passaggio (oltre le 40 mila tonnellate di stazza) nel bacino di San Marco e nel canale della Giudecca, qualora si fosse trovata una via alternativa.
Nel 2017 il "Comitatone" aveva ribadito la decisione (e la necessità) di portarle fuori dal bacino di San Marco. Anni e anni costellati da manifestazioni, sit-in, proteste in centro a Venezia e in piena laguna in barca. Con l’ennesima beffa: è notizia di qualche giorno fa che, una maxi multa è stata inflitta ai giovani membri del Comitato “No Grandi Navi” che dovranno pagare 14 mila euro per una manifestazione del 2017, (l’azione contestata è il lancio di fumogeni tra le onde all’avvicinarsi di una grande nave).
Partirebbe da qui la decisione dei quattro ministri, «al fine di tutelare un patrimonio storico-culturale non solo italiano ma del mondo intero, si decide di dirottare in via temporanea il traffico delle grandi navi da Venezia verso Marghera», precisa la nota. Il concorso di idee servirà, invece, «a risolvere in maniera strutturale e definitiva il problema».
«Ma di cosa stanno parlando? Non hanno la minima idea di cosa gli si para di fronte», sottolinea Tommaso Cacciari. Spiega, « Per prima cosa, dovrebbero dragare il canale dei Petroli che ad oggi è troppo stretto e poco profondo, e dovrebbero quindi fare scavi ad oggi vietati dalla Legge Speciale per Venezia. Secondo dovrebbero costeggiare tutto il polo industriale e chimico e anche questo è vietato per ovvie ragioni legate alla sicurezza. Infine, dovrebbero infrangere l'ordinanza per la sicurezza della navigazione, che vieta l'incrocio tra navi turistiche e navi mercantili.».
Pertanto dire che la decisione dei quattro ministri ha il sapore della beffa, non sembra affatto esagerato. Infatti, non è stato detto nulla su quale sarà - fintanto che rimarranno aperti i cantieri - il percorso dei «grattacieli del mare». Nemmeno si conosce se è stato fissato un termine al «concorso di idee internazionale», per «risolvere in maniera strutturale e definitiva il problema porto».
Questo dossier ricco di firme, di dati e di approfondimenti nasce per offrire una dimensione aggiornata su Venezia e il tormentone Grandi Navi, che non è un problema soltanto culturale, ma anche ecologico e quindi di interesse mondiale.
Fare una politica che accresca il flusso dei turisti, qualsiasi essi siano, “basta riempire il frigorifero”, equivale a fare il male della città. Sono necessarie invece delle misure che invertano il trend al declino della qualità del turismo, e salvino i brandelli rimasti di quella coesione sociale della città che pur permane. Ne abbiamo avuto un esempio nei tanti cittadini convenuti sulla riva delle zattere e a bordo del centinaio di imbarcazioni che hanno manifestato nel canale della Giudecca la scorsa domenica contro il passaggio delle grandi navi. Si può pensare a una politica turistica diversa? Innanzitutto la città ha bisogno di energie giovani e ringiovanire una città “vecchia” si può fare solo immettendo forze fresche dall’esterno utilizzando appieno la sua straordinaria attrattività. Pensiamo agli artisti, agli studenti, ai ricercatori, a coloro che praticano le attività legate al mare, al restauro, all’erosione, alle lagune, a chi lavora nei campi dove la città ha un innegabile vantaggio “storico e naturale”.
Ho passato a Venezia una parte di tutte le estati della mia vita fino a vent’anni.
Mi è rimasto per sempre stampato nelle mie sensazioni l’odore dell’acqua salsa dei canali, il rumore delle onde leggere che sbattono sulle rive, il risuonare dei passi, nella calli lontane dal turismo, della vita quotidiana di una città che va sempre a piedi.
Ma al di là delle belle parole, delle frasi fatte e delle vesti stracciate, di Venezia non gliene importa niente a nessuno.
Da anni ormai, Venezia è sommersa dall’acqua alta in maniera più violenta e continuativa che mai, la laguna è percorsa da navi da crociera più alte del campanile di San Marco, da petroliere che vanno e vengono da Marghera, è invasa da masse debordanti di turisti.
Non importa ai politici locali e nazionali o avrebbero da tempo fatto ben altre leggi e preso ben altri provvedimenti, non importa ai turisti che si riversano in ondate incontenibili e non importa neanche alla maggior parte dei veneziani perché "fin che ghe semo noi, no che non va zò".
Il neoletto sindaco Luigi Brugnaro nelle afose giornate d’agosto del 2015, si prodigava in un involontario rilancio-boomerang sull’argomento delle Grandi Navi riuscendo a riportarlo sulle pagine dei giornali nazionali ed esteri.
Un intervento a gamba tesa rivolto a bloccare di fatto una mostra, proprio su questo tema, di un grande fotografo. Mostra già programmata per Settembre per Palazzo Ducale che appartiene alla Fondazione dei Musei Civici Veneziani. Come vicepresidente, d’ufficio, della Fondazione, il Sindaco con delega alla Cultura, intervenne chiedendo che la mostra fosse rinviata per poterla “meglio articolare….con delle immagini che facessero da contrappeso, più favorevoli alla presenza delle Grandi Navi”. Il Sindaco intendeva affiancare alle foto di Berengo Gardin i foto e disegni tecnici dei progetti di scavo e adattamento dei canali che, secondo lui, avrebbero risolto il problema.
Vale la pena di soffermarsi su questo gigante del mare, la ‘Voyager of the Seas’, entrato più volte in Laguna, perché descriverlo in alcuni suoi dettagli aiuta ad inquadrare meglio il problema. Navi come questa arrivano ad attraversare il Bacino di S. Marco e il Canale della Giudecca, regolarmente, molte volte la settimana e non meno di quattro volte al giorno nei periodi di punta.
Rappresentano lo standard diffuso delle navi che transitano, ormai da qualche anno, nel cuore di Venezia e possiamo farcene un’idea esatta solo ricorrendo a dei confronti quantitativi con esempi chiari a tutti.
Com’è facile intuire, le ragioni di chi si oppone alla situazione attuale sono di natura diversa. A rappresentarle non sono più solo il Comitato “No Grandi Navi” e Associazioni di area ambientalista, ma aree sempre più estese di cittadini e di realtà istituzionali internazionali.
I temi chiamati in causa riguardano la difesa della salute e qualità della vita dei residenti, la protezione e la salvaguardia della Laguna nonché delle strutture stesse di Venezia, dei suoi canali e della sua tenuta fisica. In sostanza, sempre più soggetti si chiedono cosa abbiano a che spartire con Venezia questi ecomostri innestati a forza nel tessuto della città e quali siano i costi che la comunità deve pagare.
L’Associazione Piazza S. Marco, con il concorso dell’amministrazione comunale e della Costa Crociere, aveva introdotto una ‘simpatica’ trovata nel quadro d’incapacità generale ad affrontare il ben più grave problema di fondo. Per alcune settimane si è pensato bene di creare l’allegra brigata dei “S.Marco Guardians”, un gruppo di simpatici ragazzotti che, con cappellino e maglietta - colori e logo della Costa Crociere - hanno popolato per tre estati consecutive Piazza S.Marco con mansioni precise: mettere ordine tra i turisti indisciplinati che si sedessero – come fanno sulle piazze e i monumenti di tutto il mondo - per qualche, minuto di sosta.
Le grandi navi dentro la Laguna e il porto non creano un evidente moto ondoso di superficie mentre invece i loro passaggi rischiano di lasciare il segno con i fenomeni – poco visibili ad occhio nudo - che creano sotto le loro linee di galleggiamento. Oltre che per Venezia, le sue rive, le fondamenta dei palazzi, l’erosione creata dal movimento delle acque è un annoso, irrisolubile, problema per la sopravvivenza di barene e melme lagunari.
Da quando, un secolo fa, si cominciarono a montare i primi motori sugli scafi prese avvio un pericolo prima inedito per la città: il moto ondoso cominciava ad attaccare rive e fondamenta nella loro anima di mattoni e calce.
Anche se fai lo scrittore, e ti capita di fare un video come quello che ho girato in quella domenica in Riva dei Sette Martiri a Venezia, quali parole puoi usare che siano capaci di ricreare la forza del momento, i suoni, le emozioni, la sorpresa e, soprattutto, la paura? Puoi trovarne anche di inedite, di preziose, di indiscutibili, ma quel video parlerà sempre da solo. Le parole saranno unicamente didascalia, supporto, arriveranno comunque attutite, addirittura rassicuranti. Però poi bisogna provarci. È dal 2002 che vado a scrivere al bar Melograno, in Riva dei Sette Martiri.
Il transito delle Grandi Navi nel bacino di San Marco potrebbe avere le ore contate, anche grazie a questo incidente mai avvenuto. Ma non è questo il punto che mi preme sottolineare. Piuttosto mi chiedo, da dove trae origine questa psicosi che tramuta oscuri presagi in fatti realmente avvenuti? Da dove nasce questa ossessione dei veneziani per il pericolo costituito dalle Grandi Navi? È solo il buon senso a muoverli al lamento, o c’è qualcosa di più profondo, come la natura non lineare di questo episodio parrebbe suggerire?
Berlin89 magazine del Centro Studi Berlin89
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