Vorrei essere libera di decidere se e quando morire
Mia madre morì dopo due mesi di atroci sofferenze, in seguito a un intervento e a un coma di tre giorni. Oggi io non metterei più la firma, autorizzando quell’intervento. Oggi io vorrei che mio figlio non autorizzasse nulla per me.
Le religioni stiano al loro posto: nei templi, dentro le coscienze. Non le vogliamo dentro i codici, dentro i tribunali, dentro i Parlamenti, dentro le scelte delle nostre vite.
Peraltro, risulta davvero vergognoso che ci sia pia gente che non dice una parola sui bambini migranti annegati, sulle violenze nei lager libici, sulle pie comunità che hanno fatto (letteralmente) le barricate per respingere donne incinte e bambini e ora insorge contro suicidio assistito ed eutanasia “in difesa della vita”.
La vita, dunque, si difende solo una per volta, ma purché bianca, europea, preferibilmente d’un feto o di una persona, come mia madre, oltre e fuori di sé, nel regno del dolore puro che nega persino l’umanità, l’esercizio della ragione, della parola.
Io rivendico il mio diritto, fino a che ho parola e lume della ragione (quello - singolarmente - invocato dai vescovi, per secoli fieri avversatori dei “lumi” purchessia...), a decidere per me, per quello che credo sia la vita, per rispettare il mio senso della vita, per rispetto di quella cosa assoluta, magnifica, che è la base del logos, del pensiero, della parola: la scelta.
Calabrese dell'Aspromonte, scrive e vive sullo Stretto di Messina. Dirige le pagine culturali del quotidiano Gazzetta del Sud e col nick manginobrioches firma un blog e le incursioni sui social. Ha tenuto per alcuni anni una rubrica sull'Unità e ha pubblicato il libro "Lezioni di tango" (Città del Sole, 2010)