La leggenda di David Hasselhoff che tirò giù il Muro di Berlino
La storia della caduta del Muro di Berlino è materia epica di eroi e leggende, protagonisti consegnati alla Storia con la S maiuscola e alla coscienza collettiva di tutto un popolo, oltre che del mondo intero.
Ripensando a quei giorni vengono in mente colossi della storia del Novecento e personaggi minori che, probabilmente senza saperlo, hanno comunque svolto un ruolo decisivo: giganti come Helmut Kohl o il Reagan che davanti alla porta di Brandeburgo implora Gorbachov di “tear down this wall”, da una parte, e dall’altra comparse come Günther Schabowski, il funzionario della SED che inavvertitamente ufficializzò la fine della Cortina di Ferro durante una conferenza stampa, la sera del 9 ottobre 1989.
In questa galleria di volti, i tedeschi ne inseriscono a pieno titolo uno che per loro è assolutamente scontato, e per noi invece decisamente inaspettato. Un volto che conosciamo anche noi, e che tuttavia difficilmente assoceremmo a un momento storico di tale portata, abituati come siamo più che altro a vederlo al volante di una macchina parlante o a sorvegliare una spiaggia californiana indossando un costume rosso.
A questo punto però è legittimo chiedersi: ma che ci fa David Hasselhoff, noto ai più come il Michael Knight di Supercar e il Mitch Buchannon di Baywatch, fra gli eroi della caduta del Muro?
La risposta ha a che fare, soprattutto, con una canzone.
Nel 1978, dunque, Jack White si inventa una melodia accattivante e ne tira fuori una canzone; per quanto riguarda il testo, decide di farne fare due versioni, una in inglese e una in tedesco – pratica abbastanza comune in quegli anni. Le versione inglese, Looking for Freedom, viene affidata a un giovane cantante semisconosciuto, Marc Seaberg, mentre per quella tedesca, Auf der Strasse nach Süden, l’interprete è
, stella indiscussa della Schlagermusik. La canzone si rivela un buon successo, ma probabilmente nessuno di quelli che ci hanno lavorato si aspetta ciò che accadrà una decina d’anni più tardi.Nel 1989 Jack White decide di spremere ancora un po’ quel vecchio successo, e in uno studio di Los Angeles ne fa incidere una nuova versione a una star della tv: David Hasselhoff, il protagonista di Supercar.
Nel 1989 Jack White decide di spremere ancora un po’ quel vecchio successo, e in uno studio di Los Angeles ne fa incidere una nuova versione a una star della tv: David Hasselhoff, il protagonista di un telefilm che sta avendo un enorme successo in tutto il mondo: Supercar (titolo originale Knight Rider).
Non sorprenda la scelta dell’interprete. Noi Hasselhoff lo conosciamo soprattutto – quasi esclusivamente – come attore, ma la carriera di The Hoff ha spaziato anche nel campo musicale: è del 1985 il suo album di debutto, Night Rocker – un chiaro richiamo alla serie tv.
Forse è proprio il ricordo di quel successo inaspettato a spingere Jack White a chiudere Hasselhoff in uno studio di Los Angeles per incidere una nuova versione di Looking for Freedom, da includere nell’omonimo disco che vede la luce il 21 giugno 1989.
E il miracolo si ripete: in Austria, Germania e Svizzera l’album arriva nelle prime posizioni delle charts, ma è il singolo a superare ogni aspettativa.
Nei tre paesi, Looking for Freedom è primo in classifica, e in Germania Ovest ci rimane addirittura per otto settimane, in quell’estate dell’89. Nessuno lo sa ancora, ma nei mesi precedenti al crollo del Muro quella canzone sta diventando un vero e proprio inno, per i tedeschi dell’Ovest come per quelli dell’Est.
La cosa diventerà evidente qualche mese dopo: per la precisione a dicembre, la notte di San Silvestro. Il Muro è caduto da neanche due mesi, ed è chiaro che il concerto di fine anno che si tiene a Berlino avrà un significato particolare: il primo della città riunita dopo 28 anni. L’ospite d’onore sarà proprio lui, David Hasselhoff, che chiede e ottiene di potersi esibire direttamente sul Muro, o quel che ne rimane – in quel dicembre 1989 ancora parecchio.
Quando vengono intonate le prime note di Looking for Freedom, la scena è pazzesca: una folla oceanica – secondo alcuni almeno 500mila persone, secondo altri addirittura un milione – che si abbraccia, si tiene per mano e canta, a pochi passa dalla Porta di Brandeburgo e sotto la direzione di un americano in giacca di pelle con delle lucine intermittenti e una buffa sciarpa a tastiera di pianoforte.
Quella notte di Capodanno sancisce la nascita della leggenda secondo cui David Hasselhoff ha tirato giù il Muro di Berlino: e come in tutte le leggende, a un certo punto inizia a vivere di vita propria, e diventa difficile separare la verità dall’immaginario.
Se volete potete comprare un libro su alcuni fatti notevoli della storia europea, scritto dalla giornalista del Guardian Emma Hartley, che si intitola Did David Hasselhoff End the Cold War?; se invece preferite i documentari, nel 2014 è uscito Hasselhoff vs. the Berlin Wall, una produzione National Geographic dove the man himself racconta la storia del Muro e delle sue vittime.
C’è anche chi si chiede come mai non sia appesa una sua foto nel Mauermuseum, il Museo del Muro a Checkpoint Charlie – e Hasselhoff stesso, in effetti, in un’intervista del 2004 al magazine tedesco TV Spielfilm disse di trovare un po’ triste che in quelle sale su di lui non ci fosse neanche un cenno.
In realtà The Hoff è ben cosciente che altri furono quelli che davvero tirarono giù il Muro, e non gli fa certo piacere che continuino a girare storie su suoi presunti meriti nella vicenda; tuttavia, è innegabile che occupi un posto speciale nel cuore dei tedeschi, e che se magari non nelle cronache, almeno nell’immaginario della gente fra le mani che abbatterono i mattoni e il cemento figurino anche le sue. Ed è per probabilmente anche per questo motivo che lo si trova spesso da queste parti: nel 2014 fu nuovamente ospite d’onore per il concerto di fine anno a Berlino, qualche ruga in più ma stessa giacca e stessa sciarpa di tanti anni prima, stessa folla che impazzisce per Looking for Freedom. E proprio questo mese tutta la Germania è attraversata dal suo tour, che – a trent’anni dalla caduta del Muro – è stato chiamato, in maniera piuttosto calzante e rivelatrice, Freedom! The Journey Continues.
Per concludere, tre chicche.
La prima:
Ospite nel 1994 di una trasmissione tv, Hasselhoff canta Du un grande successo di Peter Maffay – altra leggenda del cantautorato tedesco – in uno dei playback più inguardabili che si ricordi a memoria d’uomo.
Ma non pensiate che le ospitate nella tv tedesca siano confinate al passato: eccone una del 2010, e una recentissima del 2018 la trovate su Youtube .
La seconda:
Il video ufficiale di California Girl, singolo di Hasselhoff del 2011, talmente Schlager che su Youtube il primo commento è This sounds so German, e un altro commentatore ammette che la canzone ha un sound così tedesco da aver dovuto mangiare un wurst e bere una birra vom Fass (alla spina) mentre la ascoltava.
La terza: in quanto autentica icona pop, Hasselhoff ha un posto nell’immaginario tedesco che trascende l’alto e il basso, le classi sociali, la cultura e l’istruzione. In quanto autentica icona pop, non è solo trash, è molto di più.
Ne volete una prova? Andreas T. Schmidt è un giovane studioso tedesco di filosofia politica, che insegna all’Università di Groningen in Olanda dopo essersi formato in atenei prestigiosi come Oxford e Princeton. Nel 2017 ha pubblicato sull’autorevole rivista Philosophical Studiesun articolo dedicato al tema della libertà, An unresolved problem: freedom across lifetimes, che inizia con queste parole: Freedom is a fundamentally important ideal, yet, as David Hasselhoff observes, its nature is so elusive one can spend a long time looking for it.
Una citazione più che adeguata: perché, come The Hoff cantò sulle rovine del Muro nel 1989 e lo ripetè nel 2015, I’ve been lookin’ for freedom / I’ve been lookin’ so long / I’ve been lookin’ for freedom / Still the search goes on.
Edoardo Toniolatti ha co-fondato insieme a Francesca Vargiu Kater un blog collettivo che parla di Germania al di là di semplificazioni, stereotipi e luoghi comuni. L'articolo qui pubblicato è apparso su Kater.