Teologi
In tempi in cui tutti esprimono la propria opinione quanto contano le opinioni? Niente.
C'è una bella canzone dei Wilco che si chiama proprio “Theologians”. Mi è tornata in mente per associazione (o non associazione) di idee pensando a quanto oggi tutti — me compreso, anche se mi riconosco una certa capacità di dire poche cose e di certo di non parlare di ognuna — sentano l’urgenza di dire la loro.
Oggi, in misura allucinante rispetto a 20 anni fa ma anche solo a 10 anni fa, tutti hanno un’opinione su tutto e soprattutto hanno una incredibile urgenza di dirla. C’è lo strumento: usiamolo, no? Credo sia quello che molti dicono a se stessi: visto che la si può dire e scrivere e magari c’è pure chi ti ascolta, ti condivide o si incazza e ti odia perché non dirla? Non uso a caso la parola “urgenza”: deve essere come quando ti scappa e devi trovare un orinatoio il prima possibile. Ecco, l’orinatoio sono i social. Non sempre, ma molto spesso sì. L’olezzo che deriva da molte opinioni non è nemmeno tanto diverso.
Comunque: volevo dire un’altra cosa. In un mondo dove tutti hanno un’opinione e quindi tutte le opinioni valgono tanto quanto le altre, che valore ha un’opinione? Nessuno. Pochissimo, nel migliore dei casi. Alcune emergono perché sono ben argomentate e precise ma spesso pure questo tipo di opinioni finisce sommerso dal resto del marciume opinato et opinabile.
In questo clima di chiacchiericcio continuo e assordante rivendico la mia libertà di non avere nessuna opinione: su Sanremo, sulla TAV, sul calciomercato e sulla biogenetica. Esiste la nemmeno remota possibilità che su di un argomento non si abbia un’opinione e, addirittura, che di qualcosa non ce ne freghi una fava.
Ma ecco sorgere splendenti e luminescenti loro: i Teologi. Che non intendo come alcunché di religioso ma piuttosto come figure che incarnano un’autorità e che sono autorevoli. I sacerdoti del tempio. Quelli a cui nei tempi antichi andavi a chiedere consiglio perché la loro opinione contava. Perché al loro consiglio ti saresti uniformato.
Oggi ci mancano i sacerdoti (laici, specifico): i teologi e, in sostanza, i saggi. O li abbiamo abbattuti perché la verità non esiste più e allora tanto vale dire la propria e chi s’è visto o perché era giusto abbattere questa congregazione di saggi ed eruditi.
Oggi non c’è più un’autorità né l’autorevolezza perché tutto è messo in discussione. Alcuni dicono che sia un bene: tutto deve essere messo in discussione. Vero, ma fino a un certo punto. La differenza è che nel passato si sarebbero messi in dubbio sacerdoti e teologi e saggi avendo la competenza per sfidarli. Un tempo i dubbi erano coltivati dalle persone istruite, così consce delle proprio conoscenze e capacità da poterne mettere in pericolo le fondamenta. Oggi non è più così, e basta vedere come si confondano le opinioni circostanziate e informate e i deliri della maggior parte di chi dice la sua.
La canzone dei Wilco è bellissima e sapere che una volta potevi andare al tempio e sentire cosa ti dicevano i saggi è un’immagine che accarezzo con una punta di amarezza. O forse sto solo invecchiando e non sono neanche diventato saggio nel frattempo.