Il viaggiatore si porta nel trolley la carta igienica. Il turista se l'aspetta
Geschrieben von Paolo Molina am .
Classificazione: Turismo e Vacanze
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Viaggiare apre i nostri occhi sul mondo – ma significa anche chiuderli.
Il fenomeno delle moltitudini alla ricerca di tapas autentiche e foto per Instagram
Suzanne Moore
Non sei desiderato. Stai uccidendo ciò che ami. Stai rovinando tutto. Sei esigente e rumoroso e bevi troppo. Pensi che i residenti siano lieti di vederti, ma non lo sono.Sei in parole povere un turista.
Prima che tu mi dica che non sei quel tipo di turista,perchè trascorri il tuo tempo assaporando la salsiccia in Puglia o a dare pacche sulla schiena ai contadini nel Languedoc, diciamolo: il turismo è turismo.
In effetti, gran parte del piacere corrisponde al pensare che tu sia meglio degli altri. È lo scopo della memoria di un viaggio – una presentazione gloriosa del discernimento dei consumatori. Se hai 18 anni, o sei solo un po’ naïf, puoi preferire definirti un “viaggiatore”. Ma questo significa che fai un’esperienza, non una vacanza.
I turisti si aspettano la carta igienica; i viaggiatori si portano dietro il proprio rotolo.
Poi visitano le baraccopoli e favelas perché a loro interessa più di ogni altra cosa ricordare. “Sono un bravissimo viaggiatore, per questo sono stato lì e ho fatto questo”.
Poi ci sono i tipi da city-break. Dopo tutto, sdraiarsi su una spiaggia è un pò da plebei, e le vacanze al mare non sono essenzialmente tutte uguali? Quindi, adesso trascorriamo lunghi week-end in luoghi di cui abbiamo appena sentito una buona descrizione.
Stanco di Berlino? Vai a Monaco o Tallinn. Scopri Maastricht, come dice sul sito web Ryanair. Studia l’architettura brutalista da qualche parte congelando.
Questo non è turismo, questo è “speciale”. Ma troppi di noi vogliono cose speciali quando si tratta di turismo.
Ci diciamo che il viaggio apre i nostri occhi sul mondo – e lo fa, un po’. Ma ci chiede anche di chiuderli.
Dobbiamo chiudere almeno un occhio davanti a quello che vediamo, per divertirci. Spesso, davanti a grandi emozioni, cose come la povertà e la disoccupazione.
Ma soprattutto dobbiamo ignorare le orde di persone come noi, tutti coloro che vogliono ciò che vogliamo noi: le tapas autentiche, uno sguardo su un modo di vivere più antico, una vista che possiamo mettere su Instagram.
Alcuni parlano di “turismofobia”, altri sono indistinti gruppi anarchici. A Barcellona, un gruppo anti-turistico chiamato Arran è stato incolpato per la rottura di pneumatici e finestre di hotel a cinque stelle. A gennaio, c’è stata una dimostrazione con cartelloni che dicevano “Barcellona non è in vendita“.
Alcuni manifestanti sono anti-capitalisti e credono che il turismo di massa distrugga le città.
Senza dubbio, il numero di persone che vanno in Spagna è aumentato. Di recente gli abitanti hanno preso d’assalto la spiaggia de La Barceloneta, stanchi delle buffonate dei turisti ubriachi. Ci sono state proteste simili a Palma, Maiorca e San Sebastian.
Ma non è solo la Spagna.Firenze è piena zeppa. A Roma e Milano sono stati messi in atto divieti per impedire alle persone di sguazzare nelle fontane o mangiare in pubblico.
Venezia è al punto di rottura, con 20 milioni di turisti attesi quest’anno. Le navi da crociera sono accatastate. L’inquinamento è terribile. La popolazione, nel frattempo, sta diminuendo – ci sono solo 55.000 residenti. Ci sono pochi negozi non turistici e solo due cinema in tutta la città.
Ci sono situazioni simili anche a Dubrovnik, dove il sindaco ha messo telecamere per controllare il flusso di persone che arriva su navi da crociera. L’isola di Hvar, vicino a Split, sta multando i visitatori, spesso turisti britannici, per nudità e “dissolutezza”.
La Sunny Beach in Bulgaria è nota per il cattivo comportamento dei turisti britannici.
Queste proteste stanno crescendo nel tempo.
Di certo, il turismo può svolgere un ruolo importante nella conservazione e nel rafforzamento delle città.
Ma sicuramente quello che adesso stiamo vedendo è che il viaggio a basso costo è già un altro aspetto della globalizzazione che non è accetabile per tutti.
Quelli che vogliono immergersi a Venezia potrebbero non essere gli stessi che vogliono stendersi su una spiaggia in Bulgaria, ma tutti noi assumiamo il diritto di visitare questi luoghi.
Gran parte del malcontento non riguarda solo il comportamento, ma anche lo svuotarsi delle città grazie ai servizi per affitare casa-vacanze come Airbnb.
Gli affitti in aumento a Barcellona stanno rendendo impossibile per i residenti continuare a vivere in centro.
Potremmo evitare tutto questo ricorrendo alla vacanza con paletta e secchiello, mare freddo, spiaggia di ghiaia e cane bagnato, amate da certe persone. Ma anche questa soluzione non è economica.
Eticamente, sappiamo che ci sono problemi correlati al turismo, però li ignoriamo perché ci diciamo che vedere il mondo ce lo farà apprezzare di più.
Ma cosa succede quando i cittadini si sentono completamente sopraffatti dai turisti?
Taleb Rifai, segretario generale dell’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite, ritiene che il sentimento anti-turismo sia un problema serio. E lo è.
Non sto cercando di rovinare la tua vacanza. Ma non si può negare l’innato imperialismo di molto turismo. Trattiamo le case degli altri come se fossero nostre. Nessuna meraviglia se loro vorrebbero non ci facessimo più vedere qui.
I don’t mean to ruin your holiday, but Europe hates tourists – and with good reason
This article appears in the online edition The Guardian of the Aug 16, 2017.
Suzanne Moore is an award-winning columnist on the Mail on Sunday. She has also written for Marxism Today, New Statesman, The Guardian and The Independent.
I don’t mean to ruin your holiday, but Europe hates tourists – and with good reason
Travel opens our eyes to the world – but it also means closing them. We ignore the hordes of people like us, all of whom want authentic tapas and a photo for Instagram
You are not wanted. You are killing the thing you love. You are ruining everything. You are demanding and noisy and you drink too much. You think the locals are pleased to see you, but they are not. You are, in other words, a tourist.
Before you tell me you are not that kind of tourist, that in fact you spend your time sourcing sausage in Puglia or patting peasants on the back in the Languedoc, let me say this: tourism is tourism. Indeed, part of the joy of it is thinking you are better than other tourists. That is the purpose of travel writing – it is a glorious display of consumer discernment. If you are 18, or just a little daft, you may prefer to call yourself a “traveller”. This means you are having an experience, not a holiday. Tourists expect loo roll; travellers carry their own toilet paper with the cardboard roll taken out. They take tours of slums and favelas because they care more than everybody else. “I am a great traveller, so I have been there and done that.”
Then there are city-break types. After all, lying on a beach is a bit plebeian, and aren’t all beach holidays essentially the same? So, now we take long weekends in places I had barely heard of growing up. Tired of Berlin? Go toMunich or Tallinn. Discover Maastricht, as it says on the Ryanair website. Bone up on your brutalist architecture somewhere freezing. That is not tourism, that is “special”. But too many of us want special when it comes to tourism.
We claim that travel opens our eyes to the world – and it does, a little. But it also requires closing them. We have to turn a blind eye to much of what we see to enjoy ourselves. Sometimes it is big things such as poverty and unemployment. Mostly, though, we have to ignore the hordes of people just like us, all of whom want what we want: the authentic tapas, a glimpse of an older way of life, a sight that we can put on Instagram. Martin Parr did an excellent series of pictures of tourists taking pictures, called Small World, in 1996. There are masses of them.
But it is not only Spain. Florence is crammed full. In Rome and Milan, bans have been put in place to stop people paddling in the fountains or eating in public. Venice is at breaking point, with 20 million tourists expected this year. The cruise ships pile in. Pollution is bad. The population, meanwhile, is dwindling – there are only 55,000 residents. There are few non-tourist shops and only two cinemas in the whole city.
There are issues in Dubrovnik, too, where the mayor has put in cameras to monitor the flow of people arriving on cruise ships. The island of Hvar, near Split, is fining visitors, often British tourists, for nakedness and “debauchery”. Sunny Beach in Bulgaria is notorious for the bad behaviour of British tourists.
In many ways, these protests have been a long time coming. Of course, tourism can play a part in conserving and boosting cities. But surely what we are seeing now is that cheap travel is yet another way in which globalisation is not working for everyone. Those who want to soak up Venice may not be those who want to get trollied on a beach in Bulgaria, but we all assume a right to visit these places.
Much of the discontent is not only about behaviour, but also about the hollowing out of cities thanks to holiday rental services such as Airbnb.Rising rents in Barcelona are making it impossible for locals to continue to live in the centre of the city.
We could avoid all of this by resorting to the bucket-and-spade getaway, the cold sea, the shingle beach and the wet-dog holidays loved by certain people. But this is not cheap, either.
Ethically, we know there are issues with tourism, but we ignore them because we tell ourselves that seeing the world will make us appreciate it more. But what happens when locals feel completely taken over by tourists? Taleb Rifai, the secretary general of the United Nations’ World Tourism Organization, considers anti-tourist sentiment a serious issue. And it is.
I am not trying to ruin your holiday. But there is no denying the innate imperialism of much tourism. We tread heavily through the homes of others as if we owned them. No wonder they wish we weren’t here.
Mai riuscito a rispondere compiutamente alle uniche importanti domande della vita: “quanto costa?”, “quanto ci guadagno?”. Quindi “so e non so perché lo faccio …” ma lo devo fare perché sono curioso. Assecondami.