Renato Brunetta rinuncia al Nobel
Un titolo in apparenza fuorviante. E lo è, perché altro non è che un elogio alla fuga di cervelli che tanto attanaglia il cuore italico. Parliamo in questo caso di cervelli "economici", e non da poco. Già perchè a nostro avviso all'Italia non è pubblicamente riconosciuto (e dovrebbe esserlo) il ruolo del più grande "incubatore e serbatoio d'intelligenza, di sapere e di metodo" di sempre.
Già perchè a nostro avviso all'Italia non è pubblicamente riconosciuto (e dovrebbe esserlo) il ruolo del più grande "incubatore e serbatoio d'intelligenza, di sapere e di metodo" di sempre.
Ma iniziamo appunto da Renato Brunetta che invece non è fuggito dall'Italia ed anzi ha proposto se stesso, in alcuni casi ne ha fatto la storia, all'economia ed alla politica dell'Italia, sin dagli anni '80 e nel senso più alto come lui stesso afferma, da "liberal-socialista", ma facendosi in entrambe le materie molti nemici e qualche onore.
Carriera Accademica.
Carriera Politica.
Negli anni '80, dando chiara espressione di formazione socialista collabora in qualità di consigliere economico con i governi Craxi I, Craxi II, Amato I e Ciampi. Viene nominato dall'allora ministro Gianni De Michelis coordinatore della commissione sul lavoro e stende un piano di riforma basato sulla flessibilità, è in questo periodo che guadagna lo stato di protezione pubblica e da allora vive quasi ininterrottamente sotto scorta a causa del contenuto delle consulenze da lui prestate al Ministero del Lavoro, che gli hanno valso l'interessamento e l'odio da parte delle Brigate Rosse. Poi diventa consigliere del Cnel, in area socialista. Nel 1993, durante Mani Pulite firma la proposta di rinnovamento del Psi di Gino Giugni.
>Nel 1995 entra nella squadra che scrive il programma di Forza Italia e nel 1999 entra nel Parlamento europeo.
Al Parlamento Europeo la produttività degli europarlamentari si misura dalle attività. In aula e in commissione. Evidentemente nell'ultimo decennio le posizioni affermate nei precedenti anni '80 si sono affievolite, o comunque sembrano non riguardarlo.
Persino gli odiati politici comunisti, che a suo dire "non hanno mai lavorato in vita loro", a Bruxelles faticano molto più di lui: nella stessa legislatura che a visto a Bruxelles, Brunetta e il no global Vittorio Agnoletto e il rifondarolo Francesco Musacchio questi ultimi hanno percentuali di presenza record, tra il 90 e il 100 per cento, contro il molto meno del 30 per cento offerto da Brunetta, da membro titolare della delicata commissione per i Problemi economici e monetari o del 50 per cento da vicepresidente della commissione Industria.
Interessi personali
Eppure nonostante lo scarsissimo tempo libero, per le molteplici attività d'insegnamento, parlamentari e di consulenza, Brunetta riesce a coltivare e mantenere il suo hobby di sempre, il mattone.
Anche quando si presentano risvolti correlati, non del tutto piacevoli. Come quando nel 2013, avendo chiesto un risarcimento di 7,5 milioni di euro di danni al settimanale l'Espresso per supposta diffamazione. Il Tribunale civile di Roma rigetta la richiesta e ingiunge a Brunetta di pagare 30.000 euro di spese processuali.
Più tranquillizanti ed anche più incisivi nel ruolo di "frontalieri dell'economia", o di "cervelli in fuga"
Attivi, in luoghi tra loro distanti, come Napoli e Los Angeles, formano un gruppo fortemente omogeneo ad unirli è una forte identità di orientamento intellettuale e metodologico.
Partecipi di una forte tradizione di economisti altamente coinvolti nella politica economica, spettatori di prima fila e, in molti casi, studiosi di quel felice processo di governo istituzionale e di coordinamento, delle economie che è stato ed è il Sistema monetario europeo, condividono, in reazione alle posizioni dei monetaristi come Milton Friedman e dei neoclassici come Robert Lucas e Thomas Sargent, la persuasione che possano e debbano esistere spazi ed opportunità per interventi di governo dell’economia da parte delle autorità pubbliche e che la teoria della politica economica possa, di conseguenza, essere applicata alla gestione della politica economica.
Francesco Giavazzi (UniBocconi)La inclinazione verso i problemi della politica economica, con una speciale attenzione per la dimensione internazionale, è così - per dirla con le parole di Francesco Giavazzi, il decano del gruppo - la prima caratteristica in comune.
Il secondo elemento che contribuisce alla formazione di un gruppo omogeneo è l’integrazione all’interno dei circuiti accademici internazionali.
Sia che lavorino all’estero sia che la loro sede abituale sia in Italia, tutti (in parte per la spinta derivante dal quasi decennale blocco dei concorsi universitari italiani tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta) hanno completato all’estero la loro formazione, partecipano con continuità ai convegni internazionali, pubblicano regolarmente articoli e volumi presso riviste e case editrici straniere.
Tanto che proprio la qualità delle pubblicazioni internazionali costituisce la prova più autentica e il metro di giudizio più valido della loro affermazione e vale a parziale compensazione delle difficoltà e delle delusioni patite in alcuni casi di difficile inserimento all’interno delle rigide gerarchie dell’università italiana.
«La vera degenerazione non consiste nell’astrazione, che è indispensabile, e nell’uso del formalismo, che è molto spesso necessario; ma nell’impiego fine a se stesso di questo e di quella», ha risposto, nella introduzione ad un recente volume della Società italiana degli economisti dedicato alla Teoria dei giochi, Luigi Spaventa.
Ma chi sono, dove lavorano e cosa studiano questi economisti?
In Canada, all’università di Montreal, è andato Paolo Garella, mentre a Londra, i primi due allo University College, gli altri alla City University Business School, insegnano Guglielmo Weber, Pasquale Scaramozzino, Elisabetta Bertero e Agar Brugiadini.
E in Italia chi sono stati, secondo l’espressione dell’Economist, i migliori?
Francesco Giavazzi, una laurea in ingegneria al Politecnico di Milano prima del dottorato in economia al Massachussets Institute of Technology (Mit) con Franco Modigliani e Rudiger Dornbusch, a suo tempo membro della Commissione scientifica consultiva sul debito pubblico istituita dall’allora ministro del Tesoro Giuliano Amato e presieduta da Luigi Spaventa, ricercatore del National Bureau of Economie Research americano, direttore di due programmi di ricerca del Cepr, attualmente professore straordinario di politica economica all’università di Bologna, è l’anello di collegamento tra gli stranieri e gli italiani. Insieme a Spaventa è il coordinatore delle Conferenze di Castelgandolfo.
Ignazio ViscoAl pari di Giavazzi, Ignazio Visco (fratello di Vincenzo, ministro delle Finanze nel governo ombra del partito comunista), attuale governatore della Banca d'Italia è stato direttore del servizio reale della bilancia dei pagamenti, del servizio studi e responsabile del modello econometrico della Banca d’Italia. In via Nazionale dal 1974 dopo un Ph. D. (cioè il dottorato di ricerca) conseguito con il premio Nobel Lawrence Klein alla Pennsylvania University, fa ascendere proprio al contatto con Klein e, più ancora e prima di quello, al rapporto con Federico Caffè negli anni dell’università, il suo interesse per i problemi concreti della politica economica. «Il ’68 e l’esperienza all’interno dell’università di Roma hanno agito, da questo punto di vista, come un vero e proprio spartiacque», dice Visco, autore di articoli su infinite riviste come il Journal of Policy Modelling.
Carlo CarraroCarlo Carraro, dopo una laurea in economia a Venezia, ha studiato in Inghilterra, alla Freie Universität di Berlino Ovest e all’università di Princeton dove ha conseguito il dottorato di ricerca è oggi professore straordinario di econometria a Venezia. Specializzatosi in econometria sin dalla tesi di laurea, Carraro si è occupato tanto di problemi esclusivamente teorici e metodologici quanto di applicazione concreta dei concetti teorici (spesso derivati dall’ingegneria, dalla economia industriale o dalla biologia) all’attività di politica economica.
Tra i suoi lavori si possono ricordare un saggio scritto in collaborazione con Renato Brunetta e pubblicazione presso la Oxford Economic Press nel quale si utilizza la Teoria dei giochi per lo studio della contrattazione collettiva di lavoro, e un articolo, realizzato a quattro mani con Domenico Siniscalco e pubblicato su Economia politica su: «L’Opec e il mercato del greggio: uno schema di oligopolio».
Nicola RossiEconometrista al pari di Carraro e come lui professore a Venezia, Nicola Rossi, dopo una laurea in scienza delle finanze con Cesare Cosciani a Roma, ha conseguito, sulla base di una Borsa di studio Mortara della Banca d’Italia, una prima specializzazione (il titolo di Master of Arts) alla London School of Economics dove è ritornato, dopo un biennio al servizio studi della Banca d’Italia, per conseguire il dottorato.
Con al suo attivo anche un anno al Fondo monetario internazionale presso il dipartimento fiscale guidato da Vito Tanzi e una lunga serie di pubblicazioni sulle principali riviste internazionali, Nicola Rossi collabora attualmente con il servizio studi della Banca d’Italia per una ricerca sul risparmio.
Vincenzo DenicolòAppena trentenne, Vincenzo Denicolò è giunto all’università di Bologna dove è oggi professore associato di economia politica dopo gli studi di specializzazione ad Oxford. All’utilizzo dei più aggiornati strumenti formali d’analisi accompagna un forte interesse per le scienze sociali. Attualmente sta lavorando, insieme a Flavio Delbono, pure lui dell’università di Bologna, a uno studio sugli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte delle imprese in un regime di oligopolio.
Tra tanti economisti legati tra loro al punto da firmare spesso a più mani i propri lavori, Giovanni Dosi, occupa una posizione abbastanza defilata. Laureato in filosofia alla Statale di Milano, dopo un periodo di studio all’Istao, il centro anconetano di Giorgio Fuà, si è trasferito all’Università del Sussex dove è rimasto per cinque anni.
Ritornato in Italia dopo un ulteriore periodo di insegnamento alle università di Berkeley, Indiana, Stanford e Rio de Janeiro come professore straordinario di economia applicata alla Sapienza di Roma, vicino a Michele Salvati che considera uno dei propri maestri pur non essendone mai stato un allievo, si occupa prevalentemente di innovazione tecnologica e dinamica industriale. Nella sua bibliografia spicca una rassegna sul tema dell’innovazione tecnologica per il Journal of Economic Literature.
Maio PaganoQuasi all’unanimità indicato come il più promettente tra i giovani Marco Pagano, laureato in giurisprudenza a Napoli, vincitore di una borsa di studio Stringher della Banca d’Italia, dopo una laurea in economia in soli due anni alla Cambridge University in Inghilterra, ha conseguito il Ph. D. al Mit, dove ha prima studiato e poi insegnato a fianco di alcuni giganti dell’economia del dopoguerra come Franco Modigliani, Robert Solow, Olivier Blanchard e Stanley Fischer. Attualmente professore associato all’università di Napoli, si occupa prevalentemente di macroeconomia, di economia finanziaria e di economia internazionale. Il suo più recente lavoro, scritto insieme ad Ailsa Röell della London School of Economics e di prossima pubblicazione su Economic Policy, riguarda il sistema di contrattazione sui mercati azionari in Europa.
Pietro ReichlinPietro Reichlin, figlio di Alfredo Reichlin e Luciana Castellina, tra gli economisti di questo gruppo è quello maggiormente dedito a problemi di pura teoria. Il suo è anche l’esempio più clamoroso delle difficoltà che incontrano a rientrare in Italia gli economisti che abbiano iniziato all’estero la loro carriera accademica. Laureato in statistica a Roma, dopo avere conseguito il Ph. D. alla Columbia University e avere insegnato un anno all’università europea di Firenze e un anno all’università di Pennsylvania a Filadelfia, con un elenco di pubblicazioni in riviste internazionali che vanno dal Journal of Economic Theory al Journal of Economic Dynamics and Control, Reichlin è riuscito a ritornare in Italia, alla facoltà di statistica dell’università di Roma, soltanto grazie a una borsa di rientro della Olivetti.
Mario DraghiSopratutto non si può dimenticare Mario Draghi. Formatosi all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", specializzato al MIT di Boston, professore universitario, negli anni novanta diventa alto funzionario del Ministero del tesoro.
Dopo un breve passaggio in Goldman Sachs, nel 2005 è nominato Governatore della Banca d'Italia, prendendo il posto di Antonio Fazio costretto alle dimissioni in seguito allo scandalo di Bancopoli, divenendo così membro del Financial Stability Forum (Financial Stability Board dal 2009) e del Consiglio Direttivo e del Consiglio Generale della Banca centrale europea nonché membro del Consiglio di amministrazione della Banca dei regolamenti internazionali. Ha ricoperto inoltre l'incarico di Presidente del Financial Stability Forum e del Financial Stability Board. È stato Direttore esecutivo per l'Italia della Banca Mondiale e nella Banca Asiatica di Sviluppo. È membro del Gruppo dei Trenta.
Nel 2015 ha dichiarato che le proprie idee politiche rientrano nel socialismo liberale, e quindi non proprio collocabili in raggruppamenti estremi.
Nel 2011 succede a Jean-Claude Trichet nella carica di Presidente della Banca centrale europea, fino al 2019.
Nel 2018, secondo la rivista Forbes, è considerato il 18° uomo più potente del mondo.