Corpi sacrificati online

Le limitazioni imposte dalla pandemia hanno inevitabilmente favorito l'isolamento. La videopresenza non ha la steso valore del contatto faccia a faccia. Manca la possibilità di toccare le persone e gli oggetti, di percepire sapori e odori, di guardarsi in modo efficace negli occhi.   L’interazione telematica può favorire anche la creazione di nuovi legami sociali, più o meno forti?

Si discute molto delle difficoltà che l’attuale pandemia crea al bisogno di mantenere vivi i rapporti sociali e delle conseguenze corpo74sulla coesione sociale che ne possono derivare. Vale la pena, però, riflettere anche sui problemi che essa genera al processo di creazione di nuovi legami, forti e deboli. Una questione, ovviamente, tanto più rilevante quanto più la pandemia tende a protrarsi nel tempo.

Le relazioni sociali preesistenti, come abbiamo potuto verificare di persona, risultano indebolite dal distanziamento fisico, espresso in metri e mascherine, impoverite come sono proprio di quella componente di prossimità corporale che è carica di specifici processi di comunicazione cognitiva e, soprattutto, emotiva. Un tale impoverimento è particolarmente evidente nei legami più forti, d’amore e d’amicizia, ma vale anche per i legami deboli di conoscenza e interesse quando ad essere coinvolte sono decisioni strategiche, per esempio in ambito imprenditoriale e politico, che richiedono una ricca comunicazione dei corpi, verbale e non verbale, nella loro fisica materialità. Queste limitazioni indotte sui rapporti sociali preesistenti pesano, a maggior ragione, sui tentativi volti a costruire nuovi legami forti e deboli. I tradizionali luoghi di incontro (scuola, lavoro, riunioni sociali o ludiche ecc) nei quali si possono creare nuove relazioni sono ora «attenzionati» dal distanziamento interpersonale. La prossimità fisica, specie se avviene tra attori che ancora non si conoscono, è vissuta come particolarmente rischiosa e minacciosa. Ovviamente, una simile percezione del rischio appare meno gravosa per coloro che amano trasgredire le regole del distanziamento. Questi trasgressori, però, non costituiscono la maggioranza della popolazione su cui qui vorrei ragionare.

Le limitazioni imposte dalla pandemia ai rapporti di compresenza fisica hanno inevitabilmente favorito un crescente ricorso all’interazione telematica, che rappresenta ormai una risorsa fondamentale nel contrastare l’isolamento indotto dal distanziamento fisico sui rapporti sociali. Ma fino a che punto questa risorsa può favorire anche la creazione di nuovi legami sociali, più o meno forti?

Le ricerche sui social media (D. Chambers, Social Media and Personal Relationship, Palgrave Macmillan, 2013) ci hanno insegnato che tali strumenti sono usati più per approfondire le relazioni sociali già esistenti offline che non per iniziare nuove relazioni online, e che online si accumulano più legami deboli di legami forti. Ci hanno pure segnalato che si fa uso di una pluralità di media (messaggi scritti, messaggi vocali e videochiamate), dal momento che differenti tecnologie di comunicazione permettono specifici obiettivi comunicazionali. A quest’ultimo proposito, è indubbio, però, che nel corso della pandemia si è assistito in campo economico, finanziario e sociale a un’espansione del ricorso alla videopresenza (WhatsApp, Skype, Zoom, Teams). Questo tipo di interazione telematica appare particolarmente interessante perché la possibilità non solo di udire la voce, ma anche di vedere il volto e il corpo delle persone ci avvicina il più possibile ai rapporti di compresenza fisica. Pare ragionevole affermare che più ci si approssima, nella relazione online, a un’interazione di compresenza fisica, più è probabile che il processo di comunicazione reciproca risulti arricchito nella componente non verbale.

Allo stato attuale dello sviluppo tecnologico, sappiamo bene, tuttavia, che la videopresenza continua a mantenere evidenti limiti rispetto ai contatti faccia a faccia. Manca la possibilità di toccare le persone e gli oggetti, di percepire sapori e odori, di guardarsi in modo efficace negli occhi. Tutto ciò comporta difficoltà e inadeguatezze nell’interpretazione del linguaggio del corpo degli attori operanti in videopresenza. Infine, l’osservarsi reciprocamente nella piena relazionalità dinamica con l’ambiente con cui interagiamo nel momento dell’osservazione (documenti e oggetti di varia natura) è tuttora molto complicato e macchinoso. Il contesto relazionale viene rappresentato in modo ancora impoverito rispetto alle situazioni di compresenza fisica.

Non bisogna però essere troppo pessimisti sulla possibilità di attivare nuovi rapporti sociali tramite videopresenza, anche se il clima di incertezza legato alla pandemia sembrerebbe favorire l’interazione con i rapporti sociali preesistenti e scoraggiare la costruzione di nuovi legami sociali, confermando ciò che le ricerche sui social media ci hanno già indicato. Tuttavia, è pur vero che al momento non disponiamo di indagini rigorose condotte nel corso della pandemia che possano fornire delle conferme o delle confutazioni di tali indicazioni e dirci, tra l’altro, se la videopresenza spesso vissuta, in condizioni di normalità, come troppo intrusiva continui a esserlo anche nelle condizioni di necessità dettate dalla pandemia.

È comunque possibile formulare alcune ipotesi preliminari. Certamente nuovi legami di natura debole e professionale non coinvolgenti decisioni strategiche possono nascere e mantenersi nei limiti della videopresenza. Diverso è il caso della costruzione di nuovi legami forti, d’amore e d’amicizia, che implicano intense emozioni, fiducia reciproca e messa in discussione di se stessi. La videopresenza, come forma avanzata di comunicazione online, può rappresentare solo un presupposto facilitatore delle successive e inevitabili relazioni di compresenza fisica.

Queste ultime, anche se mantenute per un certo periodo distanziate a causa della pandemia, saranno fortemente aiutate dai processi di scambio comunicativo, uditivo e visivo, maturati precedentemente online. Qualche ulteriore suggerimento può venire da ricerche su ampi campioni di popolazione condotte negli Stati Uniti (J. Cacioppo et al., Marital satisfaction and break-ups differ across on-line and off-line meeting venues, «Proceedings of the National Academy of Sciences», giugno 2013) che rilevano come un terzo dei matrimoni ivi celebrati, nel periodo 2005-2012, siano iniziati con incontri online. Segnalando in particolare che, addirittura, questi matrimoni tenderebbero a essere più solidi, in termini di soddisfazione della coppia e di stabilità temporale, di quelli che sono iniziati con tradizionali incontri "offline".

Simili caratteri di maggior profondità e durata della relazione sembrerebbero valere anche per i rapporti d’amicizia avviati con incontri online rispetto a quelli cominciati offline (K. McKenna et al., Relationship Formation on the Internet: What’s the Big Attraction?, «Journal of Social Issues», n. 1/2002). Si tratta di risultati interessanti, anche se provenienti da ricerche non condotte in tempi di pandemia e di difficile generalizzazione in altri contesti culturali. Essi pongono, tra l’altro, le seguenti domande ancora irrisolte: si tratta di risultati che dipendono da fenomeni di self selection online tra attori già di per sé disposti a essere trasparenti con gli estranei, oppure dal fatto che la possibilità di scegliere tra un pubblico più vasto rende migliore e più selettiva la scelta del partner, dell’amico o dell'amica?

Sarebbe interessante fornire alcune risposte a tali quesiti conducendo, nel corso della pandemia, ricerche di questo tipo anche in Italia, con particolare riferimento alla videopresenza, comparata con altre forme di interazione digitale. Tali indagini permetterebbero di offrire utili indicazioni empiriche sulle potenzialità delle relazioni online nella costruzione di nuovi legami forti, fornendo anche un contributo significativo alla valutazione degli effetti sociali della crisi da Coronavirus.


Mutti AntonioAntonio Mutti ha insegnato Sociologia economica e Sociologia dello sviluppo nel dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Pavia. Con Il Mulino ha pubblicato, tra l’altro, Spionaggio. Il lato oscuro della società (2012). Più recentemente, è uscito Questioni di intelligence (Ledizioni, 2018).

 

 

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