L' Iran, il Pakistan e il gasdotto dei sospiri

Il “gasdotto della pace”, di cui si parla sin dal 1994, punta a collegare l' Iran e il Pakistan, ma li Stati Uniti continuino a frenare, senza nessuna ragione logica il proseguimento dei lavori. E' un esempio di come le sanzioni unilaterali imposte dagli Usa blocchino lo sviluppo di paesi sovrani, siano essi nemici o alleati di Washington.

gasdotto paceNel 2013, i saldatori di Chabahar, Iran, vicino al confine con il Pakistan, lavorano alla sezione iraniana del gasdotto. Mentre l'Iran ha completato il suo tratto di 1.100 km, il Pakistan a tutt'oggi deve ancora iniziare la costruzione. 

Il complesso percorso dell’oleodotto Iran-Pakistan, noto anche “peace pipeline", il "gasdotto della pace", rappresenta un importante progetto energetico che, potrebbe portare benefici economici e stabilità nella regione. Tuttavia, il suo sviluppo è stato ostacolato dalle sanzioni statunitensi contro la Repubblica Islamica, con conseguenti ritardi e difficoltà.

Le sanzioni contro l’Iran che risalgono al 1979, dopo la Rivoluzione islamica e la presa dell’ambasciata degli Stati Uniti a Tehran, si sono intensificate nel tempo, colpendo soprattutto il settore energetico. Infatti all’accordo nucleare del 2015 - raggiunto faticosamente dai paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – e che contemplava una riduzione delle sanzioni, non aderirono gli Stati Uniti con Trump presidente. Così con il loro ritiro, benché unilaterale, furono riattivate (2018) le sanzioni che hanno paralizzato il progetto del gasdotto.

All'inizio si era pensato di includere anche l’India. Erano previste 2 mila 770 chilometri di tubature, con un costo stimato di 7,5 miliardi di dollari, per portare gas dal giacimento South Pars in Iran al Pakistan e all’India. Nel 2008 l’India si era ritirata per evitare le sanzioni statunitensi, lasciando al Pakistan l’onere di portare avanti il progetto.

Nel 2009, Iran e Pakistan firmarono l’ accordo per la costruzione del gasdotto, con un inizio dei lavori nel 2012 e il loro completamento entro 2014. Il contratto prevedeva la fornitura di circa un miliardo di piedi cubi (un piede cubo corrisponde a 28.3 litri) di gas naturale al giorno per venticinque anni.

gasdotto pace1 copyNaturalmente, fin da principio gli USA avevano minacciato anche il Pakistan di sanzioni se avesse dato seguito al progetto della Repubblica Islamica. E così, l’Iran completò i suoi mille e 150 chilometri di gasdotto (vedi cartina sopra), ma dal fronte pakistano nulla si mosse, benchè nel 2013 avessero inaugurato l’inizio dei lavori.

Nel 2019 i due Paesi hanno rinegoziato il contratto, fissando la scadenza per il completamento del gasdotto al marzo 2024, ma l’Islamabad ha continuato a tergiversare. Tehran ha concesso una proroga fino a settembre 2024, ma ora potrebbe rivolgersi alla Corte Internazionale di Arbitrato di Parigi per far valere i suoi diritti. Le prevedibili sanzioni per il Pakistan potrebbero raggiungere i 18 miliardi di dollari, un importo insostenibile per il paese, che già affronta gravi problemi economici. Venerdì scorso il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato di aver stipulato un accordo con il governo del Pakistan per un prestito di 7 miliardi di dollari che verrà erogato in 37 mesi.

Pertano, il futuro del gasdotto della pace rimane incerto. Il Pakistan si trova tra due fuochi: rispettare il contratto con l’Iran rischiando ritorsioni economiche da parte degli USA, oppure rinunciare, affrontando una potenziale rovina finanziaria. Questa vicenda è l'ennesima conferma di come le sanzioni unilaterali e le pressioni geopolitiche possano ostacolare lo sviluppo di progetti energetici cruciali per il progresso economico e la stabilità di intere regioni.


Kamran Babazadeh copyKamran Babazadeh nel 1978 era tra i giovanissimi che a Teheran erano scesi in piazza per dimostrare contro il regime dello scià Reza Pahlevi.  All’indomani della rivoluzione è emigrato in Italia e poi in Svizzera dove per oltre quindici anni ha lavorato per OSAR ( l’organizzazione Svizzera di aiuto ai rifugiati),

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