Osservate bene, è fascismo quello che avanza in tutta l' Europa

«Lo Stato deve tornare a fare lo Stato» e il continuo «dalle parole ai fatti» con i quali Matteo Salvini di solito chiude i suoi post riassumono il momento storico che l'Europa sta vivendo. Definirlo populismo o fascismo non fa differenza, La minaccia destabilizzante  dell' Asse Varsavia-Roma  che al grido di "Rimanere e Riformare", vuole creare in tutta l'Ue un clima di ostilità a quegli europei che “non sono bianchi e nemmeno cristiani”.

Unalleanza rosso marrone per la Siria

La mossa paneuropea più angosciante è quella del polacco Jarosław Kaczyński e dell'italiano Matteo Salvini supportati dall' ungherese Viktor Mihály Orbán, ovvero l' Asse Varsavia-Roma che al grido di "Rimanere e Riformare", vuole creare in tutta l'Ue un clima di ostilità a quegli europei che “non sono bianchi e nemmeno cristiani”. Bel colpo, hanno scelto il momento più propizio per aggrumare followers.

 

C'è una premessa che va tenuta in conto. I cambiamenti climatici, il capitalismo predatorio che affama, la disuguaglianza galoppante, non rappresentano soltanto un elenco di disagi vissuti, bensì sono delle realtà che portano ai collassamenti del sistema, agli stravolgimenti del modo di governare e di pianficare, insomma alla scomparsa della democrazia. Sono situazioni che inchiodano, dalle quali non è semplice distaccarsi, anzi c'è il rischio di restarne intrappolati per generazioni.

Tuttavia non sembra questa la preoccupazione maggiore, anche perché l'informazione mainstream trascura gli approfondimenti. Pertanto, si va radicando nella realtà sociale che convive con la globalizzazione, quello che gli esperti chiamano il nuovo darwinismo, secondo il quale ogni “tribù” deve essere in grado di reggersi da sola, e non curarsi del che-cosa accade all'altro. Poiché la nuova morale predica che soltanto il più forte deve sopravvivere, non importa come, ma libero di costruire muri, convinto che se il “ più debole” soffre, perisce, sia un problema di scarsa importanza.

L'alternativa alla "proposta" di Kaczyński-Salvini-Orbán, poteva essere il nuovo Trattato dell'Eliseo di Emmanuel Macron, nel quale si spiega la riforma della politica europea, che egli enunciò nel suo famoso discorso alla Sorbona del settembre 2017. All'epoca il neo-presidente francese pensava di poter prendere, come usa dire, due piccioni con una fava. Da una parte ridare slancio all'Eurozona e, dall'altra parte bloccare il declassamento di una Francia che appariva sempre più votata al ruolo di junior partner dei tedeschi.

Un sogno il suo, che è stato infranto dalla rivolta dei Gilets Jaunes. Una protesta della quale fin dagli inizi era difficile valutarne la consistenza e la durata, anche perché i dimostranti sembravano usciti dal nulla, senza alcuna eredità ideologica, partitica, alle spalle. Una situazione inedita, nella quale anche la sinistra si è smarrita, poichè né i sindacati, né la Gauche avevano il sentore che potesse nascere una rivolta nella quale i protagonisti, non sono mai stati legati alla politica. Anzi, fin da principio i dimostranti hanno sostenuto di non essere né di sinistra né di destra e si sono opposti ad ogni cooptazione che giungeva loro dall'esterno.

In breve, quello che i sindacati e la sinistra non erano mai riusciti a raggiungere in fatto di tempo e di richieste, i Gilets Jaunes l'hanno ottenuto dopo soltanto tre settimane di manifestazioni. L'aumento della tassa sul diesel, detonatore della contestazione, è stato ritirato e sono state approvvati miglioramenti di welfare per dieci miliardi di euro. Naturalmente, nessuno può prevedere se il movimento dei . Potrebbe sciogliersi, o estremizzarsi al massimo, aderendo al patto Varsavia-Roma per esempio.

Le premese ci sono tutte, e tutte a vantaggio dell' “Asse”. La Brexit, Trump, il rallentamento dell'attività economica, i problemi irrisolti dell'Ue, ed altro ancora influiscono sulla scelta di schierarsi dalla parte dell' “Asse”. Dopotutto, lo scenario dell'Europa alla vigilia delle elezioni presenta Frau Merkel seduta su una poltrona traballante, Londra nel Brexit-caos, il governo socialdemocratico di minoranza a Madrid in agonia, l'Italia in caduta libera, e la grande speranza della politica europea di Parigi che oramai è tramontata. Nulla di speranzoso. Si aggiungano poi i pesanti dazi sui prodotti europei, imposti dal protezionismo folle del presidente americano Trump, e il quadro si completa con l'economia europea che ne esce strozzata.

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Risultato, il malessere incalzante legato alla crescita delle difficoltà economiche crea nuove tensioni per non dire veri scontri in quasi tutti i paesi dell'Ue. Nella Germania in cruccio poiché le esportazioni delle sue merci sembrano essersi fermate, s'è risvegliata la tipica mentalità da professorone tedesco zelante e minaccioso, che rimprovera ad alta voce i paesi della Ue che non hanno fatto bene i "compiti a casa". E' accaduto e continua ad accadere senza che a nessuno in Germania venga in mente, a cominciare dal mainstream tedesco, che fra nazioni civili è abbastanza insolito che ci sia un paese che assegna agli altri paesi i “compiti” da fare, e poi li bacchetta se non raggiungono la sufficienza.

Sono episodi che aiutano capire perché il fascismo stia dilagando in tutta Europa, e perché crederlo sepolto per sempre, sia un pensiero sbagliato. Naturalmente, nessuno si aspetta un ritorno della Santa Inquisizione. Il fascismo del XXI secolo si presenta come un fenomeno completamente nuovo, è il coagulo dell'estremismo di sinistra e di destra che assomma forze prima contrapposte, una combinata delle sue genti peggiori, che inabissano il centro, e s'insediano con altrettanta violenza sulla spianata che si sono creati.

Le premesse - ripeto - ci sono. Le difficoltà economiche pur differenziandosi da paese a paese, creano un senso di ingiustizia che s'incancrenisce in tempi brevissimi, dopo che la torta della prosperità si è assottigliata di molto. Le società si invidiano a vicenda, ma soprattutto litigano per accaparrarsi le “fette” sempre più piccole della torta. Anche i tedeschi soffrono di questo tormento, il che da la misura del dramma che l' Europa sta vivendo.

Provate - un esempio tra i tanti – a vedere una trasmissione televisiva imperniata su un confronto-scontro tra i vari partiti sul come alleviare o risolvere i problemi legati alla stagnazione e vi accorgerete che i toni che caratterizzano il centro quando interveniva, s'è affievolito, gli si è abbassata la voce, appena un bisbiglio. I protagonisti veri del confronto-scontro sono oramai le forze più estreme della destra e della sinistra. Interventi tonanti - da destra soprattutto - e quindi capaci di raccogliere masse di sfiduciati, appare così chiaro perché il centro si frantuma.

In nazioni come la Polonia di papa Wojtyla, il confronto tra chi ha più decibel non esiste, poiché la Destra è sinonimo di centro nella tradizione culturale del paese, che è sopravvissuta anche nei momenti bui della sua storia. Molto vi ha influito il cattolicesimo che ha sugellato nella mente dei polacchi l'orgoglio di vivere in un'isola di civiltà, circondata da paesi di credo diverso e perciò indicati come barbari. Il filo diretto con la Chiesa di Roma lo considerano un privilegio, si stimano i depositari della verità, definiscono la propria nazione “benedetta”, usano i colori della bandiera per evidenziare urbi et orbi la loro diversità.

Insomma, Chiesa e Nazione unite in un legame strettissimo, da sempre ostentato anche quando l'Europa era divisa in due blocchi. Il mio ricordo delle chiese polacche a quei tempi, sono gli altari ingentiliti con i garofani bianchi e rossi, i colori della bandiera polacca appunto.

In Italia la storia è meno complicata. benché la sostanza sia la stessa. Oggi è in funzione il demagogo che coglie ogni pretesto per piangere e gridare: “La torta appartiene alla gente, soltanto alla gente!”, supportandolo con scariche di tweet micidiali che raccolgono consensi e condivisioni prima inimmaginabili, anche perché i social erano ancora da inventerare.   «Lo Stato deve tornare a fare lo Stato» e il continuo «dalle parole ai fatti» con i quali Matteo Salvini di solito chiude i suoi post è il condensato di tutto questo. Definirlo populismo o fascismo non fa differenza, aumenta soltanto la confusione ideologica. Il personaggio sembra destinato a durare.

Infatti, se l'economia peggiorerà - è nelle previsioni – aumenteranno i poveri e crescerà la rabbia, lo scoramento, l'amarezza, la delusione. il risentimento e con essì la voglia di annientare quella classe di ricchi che, con la crisi economica sono diventati ancora più ricchi. E' così che la democrazia implode e il fascismo trionfa. Sono più di uno i paesi in Europa che si sono incamminati su questa strada. L'Italia è tra questi.

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Vincenzo Maddaloni
Vincenzo Maddaloni ha fondato e presiede il Centro Studi Berlin89, l'associazione nata nel 2018, che si propone di ripercorrere analizzandoli i grandi fatti del mondo prima e dopo la caduta del Muro di Berlino. Professionista dal 1961 (per un decennio e passa il più giovane giornalista italiano), come inviato speciale è stato testimone in molti luoghi che hanno fatto la storia del XX secolo. E’ stato corrispondente a Varsavia negli anni di Lech Wałęsa (leader di Solidarność) ed a Mosca durante l'èra di Michail Gorbačëv. Ha diretto il settimanale Il Borghese allontanandolo radicalmente dalle storiche posizioni di destra. Infatti, poco dopo è stato rimosso dalla direzione dello storico settimanale fondato da Leo Longanesi. È stato con Giulietto Chiesa tra i membri fondatori del World Political Forum presieduto da Michail Gorbačëv. È il direttore responsabile di Berlin89, rivista del Centro Studi Berlin89.
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