Armi in casa. L'Italia sulla strada degli Usa
Negli Stati Uniti è facile per chiunque acquistare un’arma da fuoco. In Italia la lobby delle armi ai privati agisce da pochi anni, ma ora può contare sul sostegno di Salvini.
Un’altra, l’ennesima, strage in America: undici morti in una sinagoga uccisi da uno squilibrato con un fucile semi-automatico. Il messaggio del presidente Trump è stato immediato: ci vogliono più guardie armate e la pena di morte deve essere applicata di più. Nessun commento, invece, sulla regolamentazione delle armi da fuoco. Il silenzio di Donald Trump sul tema è assordante, perché negli Stati Uniti la regolamentazione si limita a un controllo dei precedenti (background check) per impedire ai negozi di vendere armi ai criminali e agli psicolabili. Ma siccome il 40 per cento delle vendite avviene tra privati, è facile (e legale) ottenere un’arma anche per criminali e psicolabili. In Italia, stiamo andando nella stessa direzione?
Il decreto legge 104/2018 riduce gli ostacoli alla detenzione di armi in casa: d’ora in avanti, si dovrà soltanto presentare un certificato Asl che attesti l’assenza di malattie mentali. Il decreto è la risposta politica a una promessa elettorale di Matteo Salvini: tutelare l’esercizio della legittima difesa. Il punto ancora più interessante è che durante la campagna elettorale Salvini si è impegnato a consultarsi con la lobby italiana delle armi, rappresentata dal Comitato Direttiva 477 (Associazione per la difesa dei diritti dei detentori legali di armi). Il che ci porta al tema dell’attività di lobbying.
Come agiscono le lobby al tempo dei social
L’associazione Comitato Direttiva 477 promuove gli interessi dei detentori legali di armi. Il sito web non è molto trasparente riguardo alle fonti di finanziamento, però rivela una “collaborazione” con varie associazioni di armaioli e di commercianti del settore. Ed è membro di Firearms United, l’associazione a livello europeo. La missione di Firearms United è esplicita: bloccare regolamentazioni europee tese a ridurre l’accesso alle armi da fuoco.
Negli Stati Uniti, i detentori di armi da fuoco sono invece rappresentati dalla National Rifle Association. L’associazione, fondata nel 1871, si definisce “la più antica organizzazione dei diritti civili degli Usa”. È una delle lobby americane più influenti a livello elettorale, più di altre industrie che pure hanno giri d’affari molto più consistenti.
Il potere politico della Nra non deriva dal denaro, ma dalla capacità di mobilitare e coordinare attivisti a livello locale contro qualsiasi candidato che si schieri a favore di una maggiore regolamentazione delle armi. Il suo potere è quindi limitato a circoscrizioni rurali, dove ci sono tanti attivisti (cacciatori) e l’arma da fuoco è vista come una protezione e anche come uno stile di vita (andare a caccia con i figli). Ma siccome negli Usa le circoscrizioni rurali sono tante, la lobby è una potenza a livello nazionale. Dunque, c’è un filo diretto fra la potenza politica della Nra e la regolamentazione (debole) delle armi da fuoco.
In Italia, la lobby dei detentori di armi non è ancora potente come la Nra. Però, se si considera che è stata fondata solo tre anni fa, si può dire che sta avendo un notevole successo. Come negli Usa, anche nel nostro paese la lobby è politicamente influente perché è capace di coordinare consenso e portare voti. Si tratta di un fenomeno nuovo e diverso dalle lobby “tradizionali” dei settori industriali. Un tempo, poche lobby erano in grado di organizzare direttamente il consenso a causa della difficoltà di raggiungere il votante. Il consenso veniva coordinato dai mass media e attraverso i partiti politici. Oggi invece social media, email, messaging facilitano un contatto diretto con i cittadini e quindi i gruppi di pressione che vengono “dal basso”, cioè dai consumatori invece che dai produttori, hanno una influenza sempre crescente. Non a caso, Comitato Direttiva 477 rappresenta i detentori e non i produttori di armi.
Se i nuovi media favoriscono il nuovo tipo di lobbying “dei consumatori” rispetto a quello “dei produttori”, cosa possiamo aspettarci riguardo alla regolamentazione delle armi da fuoco? Se una lobby raccoglie istanze molto sentite da alcuni consumatori, sarà più capace di mobilitarli e quindi più potente rispetto a un gruppo di consumatori magari molto più grande, ma meno motivato. Nel caso delle armi, è probabile che chi le detiene o le vuole detenere (cacciatori, appassionati) sia molto più motivato della persona media che alle armi pensa poco e magari è contrario al loro uso. E dunque sarà più facile per un lobbista operare a favore del gruppo di votanti che vuole le armi e convincere i politici che questo gruppo di cittadini voterà a seconda delle scelte sulla regolamentazione delle armi.
Se l’analisi è corretta, allora possiamo aspettarci che la giovane lobby dei possessori di armi in futuro acquisterà maggiore potere politico anche nel nostro paese. E quindi si può prevedere che sulla regolamentazione delle armi da fuoco, l’Italia si muoverà nella direzione degli Stati Uniti.
L' autore di questo articolo Nicola Persico ha ottenuto il PhD. in Economics alla Northwestern University. Ha insegnato alla University of California Los Angeles (UCLA), alla University of Pennsylvania, e alla New York University, prima di ritornare alla Northwestern University nella Kellogg School of Business. E' Research Associate per il National Bureau of Economic Research (NBER) e Honorary Fellow del Collegio Carlo Alberto. Ha pubblicato numerosi articoli presso le maggiori riviste scientifiche internazionali. I suoi interessi scientifici riguardano la Political Economy (l'economia della politica), Legge ed Economia, Criminologia, e la teoria economica. E' stato redattore de lavoce.info dal 2009 al 2015.
Fonte: La Voce