Instagram oscura la Guida Suprema dell'Iran
L' Ayatollah Khamenei non potrà più condividere le fotogafie. La guerra globale dell'informazione scatenata da Facebook in ossequio a Trump ha falciato i più importanti funzionari del governo iraniano che sono stati oscurati da Instagram poche ore dopo che Trump aveva soprannominato l'IRGC. i Pasdaran un'organizzazione "terrorista".
Una curiosa decisione di Instagram, che è di proprietà del gigante dei media sociali Facebook, ha messo in discussione la sua indipendenza dal governo statunitense. La società ha messo al bando numerosi alti dirigenti iraniani, tra cui il Leader Supremo Ayatollah Khamenei (a lato nella foto), dalla sua piattaforma di condivisione di fotografie.
La cancellazione di dirigenti governativi stranieri ad opera di società tecnologiche statunitensi è il più recente episodio di una guerra globale dell’informazione.
Il 15 aprile l’amministrazione del presidente Donald Trump ha classificato l’ala militare dell’Iran, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), quale organizzazione “terroristica”. Meno di un giorno dopo Instagram ha sospeso i profili di numerosi dirigenti iraniani, da comandanti militare a politici privi di legami con l’IRGC.
Il generale iraniano Qasem Soleimani è stato tra i messi al bando. (Soleimani ha attirato l’attenzione del pubblico a novembre per aver usato il suo profilo Instagram per reagire umoristicamente alla minaccia di sanzioni da parte di Trump con un meme in stile Trono di Spade). Anche il comandante in capo dell’IRGC si è visto sospendere il suo profilo Instagram, così come il brigadier generale Mohammad Pakpour.
Instagram ha inoltre messo al bando dirigenti iraniani senza alcun collegamento con l’IRGC, tra cui Mohammad Bagher Ghalibaf, l’ex sindaco della capitale Teheran, che non lavora per l’IRGC da quasi due decenni. Ha persino rimosso la pagina di Ezzatollah Zarghami, un ex ministro del governo ed ex direttore dell’emittente mediatica statale dell’Iran; e il capo della polizia iraniana, Kamal Hadianfar.
Il sito giornalistico Al-Monitor ha scritto: “Accuse che Instagram stia usando un doppio metro e promuova un’agenda politica hanno ricevuto maggiore impulso quando il bando ha preso di mira figure non dell’IRGC, tra loro il presidente della Corte Suprema Ebrahim Raisi, un religioso conservatore che ha perso nel 2017 la corsa alla presidenza contro Hassan Rouhani”.
I profili Instagram dell’IRGC erano popolari tra gli iraniani, particolarmente durante le recenti inondazioni che hanno visto numerose città gettate in crisi. Al-Monitor ha segnalato: “Molti utenti di Instagram hanno elogiato il continuo coinvolgimento dell’IRGC nei soccorsi per l’inondazione in tutto l’Iran”.
Un giornale filogovernativo, Javan, ha reagito alle sospensioni definendo sarcasticamente la società di media sociali “Insta-Trump”, ha scritto Al-Monitor.
Instagram: “Collaboriamo con le appropriate autorità governative”
L’ondata di censura rafforza la tesi del giornalista Yasha Levine che le società tecnologiche statunitensi agiscono da “strumenti privatizzati del potere geopolitico statunitense”.
Il ministro iraniano dell’informazione e della tecnologia delle comunicazioni, Mohammad-Javad Jahroumi, ha condannato la censura di Instagram twittando: “Quando si strappa la lingua a un uomo, non si sta dimostrando che è un bugiardo; si sta solo dicendo al mondo che si TEME quello che potrebbe dire”.
Un portavoce di Instagram ha dichiarato alla Voice of America (VOA), finanziata dal governo USA, che i bandi sono stati attuati a causa “delle restrizioni delle leggi statunitensi sulle sanzioni”. Il portavoce ha aggiunto: “Collaboriamo con le appropriate autorità governative per assicurarci di rispettare i nostri obblighi legali, tra qui quelli relativi alla recente classificazione dell’IRGC”.
Instagram non ha comunque spiegato perché ha sospeso anche i profili di dirigenti iraniani che non collaborano con l’IRGC.
Questa non è la prima volta in cui società statunitensi dei media sociali hanno messo al bando iraniani. Ad agosto The Grayzone ha riferito sulla sospensione, da parte di Twitter, di uno studente iraniano di giornalismo, Sayed Mousavi, che non lavorava per il governo e che è stato censurato come parte di un più vasto giro di vite coordinato da Twitter, Gooble (proprietaria di YouTube) e Facebook (che possiede Instagram).
Quello che mi preoccupa è che ero solo uno studente che faceva la propria piccola parte di quanto poteva fare nel giornalismo per contrastare giusto un po’ dell’enorme quantità di disinformazione che è fatta circolare sul mio paese”, ha dichiarato all’epoca Mousavi a The Grayzone.
Ha aggiunto: “E’ realmente un peso per noi, antisionisti diversi, gruppi antimperialisti diversi, far sentire la nostra voce. Dobbiamo diversificare le nostre piattaforme”. Israele, media Sauditi, MEK, neoconservatori statunitensi gongolano dopo le sospensioni da parte di InstagramIl governo israeliano ha esultato dopo il bando di Instagram contro i massimi dirigenti iraniani. Sul suo profilo ufficiale in lingua persiana Israele ha citato un proverbio che grosso modo si traduce in: “Si raccoglie quel che si semina”, aggiungendo #TerroristGuardCorps.
Numerosi canali mediatici anti-iraniani, tra cui siti di propaganda statale saudita e filoisraeliani, hanno anch’essi scritto festosamente della sospensione temporanea del profilo Instagram in lingua inglese dell’Ayatollah Khamenei iraniano il 16 aprile. (Il profilo di Khamenei è stato ripristinato dopo il breve bando. I profili dei comandanti dell’IRGC e di altri politici restano sospesi).
Il giornale israeliano di destra Jerusalem Post ha ricavato un esplicito collegamento tra la censura la classificazione “terroristica” da parte di Trump.
VOA, il canale governativo statunitense, ha vantato in un servizio: “Con 800.000 follower, la pagina Instagram del comandante della Forza Quds iraniana d’élite era tra le pagine più popolari dei dirigenti iraniani sul sito di condivisione di fotografie”.
Il gruppo di facciata statunitense dei Mujaheddin del Popolo dell’Iran, una setta violenta appoggiata dagli Stati Uniti che ha trascorso decenni a cercare di rovesciare il governo iraniano, ha anch’esso elogiato la censura di Instagram.
Per anni il MEK è stato elencato tra le organizzazioni individuate dagli USA come terroristiche, fino a quando il Segretario del Dipartimento di Stato, Hillary Clinton, ha formalmente cancellato la qualifica nel 2012.
Oggi il MEK opera liberamente sui media sociali, gestendo numerosi profili per diversi gruppi di facciata. Al Jazeer ha rivelato che la setta controlla persino un grande allevamento di troll in Albania.
Il canale dell’opposizione Iran International TV, finanziato da fonti strettamente collegate al principe saudita della corona Mohammed bin Salman, è stato tra i siti che hanno festeggiato la messa al bando del consigliere capo di Khamenei, Ali Akbar Velayati.
Anche il gruppo lobbistico neoconservatore anti-iraniano United Against Nuclear Iran (UANI) è rimasto deliziato nell’assistere alle sospensioni.
La censura di Instagram ha ispirato una campagna di gruppi anti-iraniani per premere su Facebook, Twitter e altre piattaforme affinché mettano al bando altri dirigenti iraniani. Figure d’opposizione hanno promosso l’hastag #TwitterBan4IRGC e hanno preso particolarmente di mira l’eminente ministero degli esteri iraniano Javad Zarif.
Alizera Nader, un attivista dell’opposizione collegato al governo USA e capo del gruppo d’opposizione con sede a Washington New Iran, ha sollecitato Twitter ad oscurare Zarif.
Fonte: Grayzone