I milanesi s'attaccano al tram e mezz' Europa ride

A proposito dell'aumento del biglietto dei mezzi pubblici, il vicepremier critica il sindaco. Il primo cittadino replica che preferisce lavorare che passare il tempo a rispondergli. Eppure basterebbe vedere cosa accade fuori dei confini e copiare.

tram milano 2A Milano  il comune propone da tempo l'aumento del costo del biglietto dei servizi pubblici  che dovrebbe entrare in vigore ad aprile o a maggio. La modifica più visibile prevede l’aumento del costo del biglietto urbano da 1,50 a 2 euro, un aumento del 33 per cento, ma con varie eccezioni e riduzioni di prezzo per molti cittadini, e nell’ambito di un programma che coinvolgerà moltissime città dell’hinterland in cui abitano molti pendolari, che infatti sono favorevoli alla decisione. Da settimane però comune e regione non riescono a mettersi d’accordo, e la questione è finita anche nelle pagine nazionali dei quotidiani.

Il comune di Milano, che dal 2011 è governato dal centrosinistra, sostiene che l’aumento del prezzo del biglietto sia necessario per far tornare i conti di ATM, l’azienda che gestisce il trasporto pubblico con risultati considerati unanimemente soddisfacenti, e per far fronte alle molte espansioni del servizio già avvenute e a quelle in programma (su tutte la prossima apertura della Metro 4, la quinta linea cittadina). Le nuove tariffe, inoltre, verranno applicate nell’ambito di un nuovo piano tariffario integrato che avrà valore almeno in una prima fase in tutti i comuni della provincia di Milano e di Monza e Brianza (in cui abitano più o meno 4 milioni di persone).

L’opposizione di centrodestra e la regione – guidata dalla Lega – si oppongono da tempo a questa misura, sostenendo che il sistema introdurrà delle «storture». E il ministro dell'Interno Matteo Salvini rincara: «In un momento di difficoltà economica, aumentare il biglietto non è una scelta intelligente»,

In rapporto alle altre metropoli europee, Milano è una città molto economica per quanto riguarda il trasporto pubblico: un biglietto valido un’ora e mezza e che può essere usato per tutti i mezzi pubblici dell’area urbana – metro, treno, autobus o filobus – costa 1,50 euro.

A Bruxelles un biglietto equivalente costa 2,10, a Berlino 2,80 (con un biglietto da 1,70 per tratte brevissime), a Lisbona 2 o 3 euro a seconda che si prenda l’autobus o il tram (la metro costa 1,50, ma il biglietto dura soltanto un’ora). Per non parlare di città come Londra o Copenhagen dove è ancora più caro. Il tutto in cambio di un servizio molto variegato – quattro (presto cinque) linee di metropolitana, autobus, tram – di buona affidabilità, modernità e qualità, e percepito come tale dalla stragrande maggioranza dei passeggeri.

I prezzi sono stati mantenuti bassi artificiosamente anche grazie a generosi finanziamenti della regione, guidata praticamente da sempre dal centrodestra. Negli ultimi dieci anni, però, le cose sono cambiate: c’entrano soprattutto i progressivi tagli dei governi nazionali agli enti locali, e in minor parte le scelte politiche dell’amministrazione regionale. Dal 2009 al 2016 la regione ha diminuito di circa 60 milioni di euro i soldi che trasferiva ogni anno al comune di Milano per il trasporto locale – soldi che poi venivano girati ad ATM – passando da 330,2 a 267 milioni di euro. Già nel 2011, appena entrata in carica, la giunta di centrosinistra guidata da Giuliano Pisapia decise di aumentare il costo del biglietto urbano da 1 euro a 1,50, fra molte proteste.

In questi anni, anche dopo l’insediamento del nuovo sindaco Beppe Sala, il comune aveva avvertito più volte che sarebbe stato costretto a forzare ATM ad aumentare alcune tariffe, per far fronte al mantenimento della qualità dei servizi e all’espansione dell’offerta. Tenendo conto della Metro 5, inaugurata nel 2013, e di altre estensioni, fra il 2011 e il 2018 il comune ha aumentato del 9,2 per cento i chilometri di linea disponibili.

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