Una silenziosa preoccupazione da pandemia all'italiana
La pandemia in giro per il mondo/Il Coronavirus, visto da Berlino
Salvatore Trapani che conosce la capitale tedesca fin nelle pieghe come pochi altri rivela che, "tutto quello che i berlinesi potevano fare nel loro tempo libero in città, ancora prima del Coronavirus, può ancora essere fatto in piena pandemia. Altro che quarantena all’italiana, con video di sindaci sbraitanti e le delazioni ai furbetti che glissano leggi e comandamenti o ramanzine da facebook.".
Nella città di tutte le guerre, c’è pace invece al tempo del coronavirus. Lungi dal sentirsi troppo angosciata, Berlino affronta il tempo dell’emergenza quasi fosse una lunga e inattesa vacanza. Come buona tempra locale impone, si tenta di cogliere il meglio, in un frangente che di positivo ha ben poco, umanamente e economicamente.
Per capire di che si tratta questa tempra, citiamo la più famosa concittadina dei berlinesi nel mondo, Marlene Dietrich. Appena atterrata qui (1960), dopo il lauto inflitto esilio antinazista negli States, a domanda – “che effetto le fa ritornare, accusata di tradimento dal suo popolo?” – rispose: “Ich bin, Gott sei Dank, Berlinerin” (“Sono, Dio sia lodato, berlinese”).
In lode al fatto, che un berlinese doc è ”ignorante”. S’intenda “ignoranza” nel suo letterale “ignorare”, elidere dal proprio orizzonte ciò che non è pertinente, irrisolvibile o che rischia di fare male in senso emotivo. Per la pandemia in corso dunque, ciò che può limitare libertà e quieto vivere.
Una silenziosa preoccupazione da Coronavirus, che tuttavia non scalfisce la Capitale della Germania. Neanche gli elicotteri della polizia, che sorvolano i quartieri o le pattuglie in strada, per far rispettare i divieti, pongono limite a un felpato gioire, connivente anche l’ondata di sole e belle giornate che da un mese – manco a farlo a posta – stanno investendo Berlino di primavera. Sulla città così carente di sole e luce, tanto che i maggiori quotidiani locali il primo del mese danno l’indice di durata del sole nel mese precedente. Quanto cioè ha brillato su Berlino. In inverno, non si tratta mai di ore quanto manciate di minuti o addirittura secondi.
All’indole però non può sempre confarsi la legge e i divieti prevedono multe pure salate.
Il Senato di Berlino ha approvato un catalogo per violazione delle restrizioni d’uscita. È possibile camminare appaiati tenendo reciproca distanza, ciò è escluso da due persone in su e in caso di violazione le multe sono tra 25 e 10 mila euro. Così gli esercenti che possono stare aperti e i supermercati devono garantire il rispetto dei divieti. A quei gestori distratti può pendere un'ammenda da 100 a 2500 euro.
L’esercizio dialettico anche piccato dei berlinesi non si è fatto attendere, nella claustrofobia da restrizioni alle libertà, che qui non si può più nemmeno ipotizzare, visti i precedenti storici, figuriamoci imporre. Ein Moment, Bitte! E se per esempio si tratta di nuclei familiari nutriti? Vivendo insieme non è più in questione la reciproca distanza come profilassi. Dunque la legge non si applica.
Sì ma anche le convivenze allora. Dunque la legge non si applica, anche per le famose WG (le Wohngemeinschaften ovvero i nuclei abitativi con più estranei), che qui non sono solo un modello di vita ma spesso – grazie a appartamenti molto grandi – superano i cinque componenti. Tutti assestamenti grazie alla stampa berlinese, dietro alle singole casistiche, ben oltre multe e ricorsi civili.
Ein Moment, Bitte! E lo sport? Va bene chiudere le palestre, ma la sanità essendo privata, impone al buon governo laute verifiche su un’avallata sedentarietà di Stato. Più pericolosa del coronavirus. Così si è corso ai ripari con le dovute rettifiche: a Berlino si possono fare sport all’aria aperta, se le persone sono due (ad esempio frisbee e tamburelli), si può fare Jogging, si può andare in bicicletta, si possono fare esercizi al parco, e già che ci siamo anche lo yoga con il materassino ortopedico arrotolabile. E se tutte queste cose qui venissero vietate, i berlinesi le farebbero comunque.
Per evitare assembramenti nelle varie aree di gioco per bambini e campetti di basket urbani disseminati nei quartieri, ricavati dai buchi lasciati dai bombardamenti nella continuità degli isolati, sono stati messi nastri a divieto dalla polizia. Puntualmente tagliati quei nastri, adesso non c’è area di gioco del tutto deserta. I parchi pullulavano all’inizio dell’epidemia e continuano a pullulare.
In sintesi tutto quello che i berlinesi potevano fare nel loro tempo libero in città, ancora prima del Coronavirus, può ancora essere fatto in piena pandemia. Altro che quarantena all’italiana, con video di sindaci sbraitanti e le delazioni ai furbetti che glissano leggi e comandamenti o ramanzine da facebook.
Eppur ci si ammala e si muore anche a Berlino di Coronavirus. Qui però si va ancora a un ritmo lento, con 125 contagi ogni centomila abitanti (4 mila e 700 in tutto è il totale fino al giorno di Pasquetta) e una sessantina di vittime, stando ai dati resi noti dal Robert Koch Institut.
A coordinare tanto dinamismo ci ha provato il sindaco Michael Müller, che poco prima di Pasqua ha fatto recapitare una lettera a tutti i cittadini, chiedendo di mantenersi altrettanto attivi nella solidarietà, aiutando i vicini più deboli o a rischio e inserendo i numeri di telefono più utili in caso di contagio. C’è anche un “centralino” che raccoglie recapiti di privati che si offrono di chiacchierare al cellulare con anziani soli o lasciati soli nel distanziamento sociale d’obbligo.
Ad aggiungere nei berlinesi deterrenza a certe sottomissioni alla prevenzione d’urto non è la pura sottovalutazione del virus, ci si crede invece, anche alla consapevolezza: non si abbatterà facilmente. Si sa che tornerà in diverse ondate e dunque prevenzione e segregazione sono limitati esercizi di rallentamento, non debellamento. Il qui e ora, sembrano contare di più in questa desolante certezza.
Stando così le cose, nella villeggiatura da Decameron dei berlinesi, la fase più temuta pare invece la così detta fase due del lento ritorno alla normalità. Ma che incubo!