Perché su quel 'Teatrino' si discute in tanti
Quando prima di Natale studiai un titolo per il mio libro pensai che anche nelle età degli esseri umani gli estremi si toccano, e che un nonno novantenne capisce al volo un nipotino più di qualsiasi altro.
Quello che non potevo immaginare era che il mio titolo (“Cosa farò da piccolo”) uscisse dal significato allegorico per indicare una mia condizione reale: mi sono rotto un femore e ho bisogno di tutti, dal famoso chirurgo al garzone che mi raccoglie a terra gli occhiali.
Sommergo di rose le infermiere, hanno spazzato via il mio imbarazzo e il mio pudore con l’innata tenerezza verso un vecchio bambino che potrebbe esser loro nonno. Mi lascio sfottere educatamente dagli infermieri anziani, signor Goldoni inviato di guerra non diventi tutto rosso se deve affidare il suo pisello a una fanciullina in camice (si è guadagnata il dott sul campo con un triennio universitario). Un letto d’ospedale può diventare una buona occasione per rileggere delle bozze, per scoprire che 90 anni piombano a tradimento.
Ci si scopre all’improvviso ‘zavorra’ per i bilanci dello Stato, ‘soggetto a rischio’ per gli agenti delle assicurazioni che ti valutano brutalmente come un’auto usata: quanti chilometri? che aspettativa di vita?
E allora il nostro si sorprende ad amare svisceratamente il suo scampolo di esistenza. In pubblico proclama che non ha paura di morire, ma quando si sveglia di notte avverte sensazioni inquietanti. I battiti del cuore rimbombano nel silenzio, quel ritmo così familiare, quand’è percepito nel polso, diventa angoscioso nelle immagini di un’ecografia che ora rivede nel buio: una forma che pulsa febbrile, quasi con affanno, e il microfono amplifica come una risacca il ritmato fluire del sangue: sessanta convulse contrazioni al minuto. Un impressionante spiraglio nel mistero della biologia.
Chi ha progettato questo straordinario meccanismo che regola la vita? Nelle tenebre si accendono pallidi barlumi del Grande Enigma: le comunissime micro onde del nostro forno o gli ultravioletti della lampada abbronzante sono le stesse misteriose forze che governano l’universo. Mi affascina il rapporto con Dio nell’allegoria immaginata da Albert Einstein.
Un ragazzo si trova in un’immensa biblioteca tappezzata da libri scritti in molte lingue. Ha il sospetto che questa moltitudine di volumi siano disposti in un ordine logico, ma lui non sa quale. Con queste immagini – conclude Einstein – avverto la presenza di un potere superiore che si nasconde però nell’incomprensibile universo.
Noi cattolici abbiamo imparato da bambini a fare il presepio con i pastori, i re magi, la farina per il sentiero, lo specchio per il laghetto, la stella cometa con i lustrini applicata alla capanna. Tanti di noi hanno conservato questo scenario anche nella mente adulta: vanno in chiesa, rispondono al prete in coro, hanno imparato a memoria i passi dei vangeli, fanno la comunione prendendo l’ostia nella mano, si fanno il segno di croce col bacino finale.
Altri lo considerano un teatrino e se ne affrancano. Una volta si proclamavano atei, poi si sono accorti che anche la negazione di Dio è una fede assoluta, uguale e contraria a quella dei credenti. E allora hanno ripiegato su un'altra formula: liberi pensatori. Sono fieri della loro scelta, si sentono stoici, accettano la morte senza speranza, rifiutano il patto offerto dalle religioni: prega e sarai premiato.
Anche loro meritano rispetto. Sennonché si moltiplicano i casi di personaggi riveriti per il loro pensiero libero e forte, che vivendo le loro ultime ore hanno chiesto, o accettato, un francescano al capezzale. Ciò dimostra che la morte ha due facce: una teorica, di cui si disquisisce con eleganza, quand’è lontana. E una dura, incombente, nella cui ombra ci si smarrisce.
Mi piacerebbe scoprire come la pensano su questo tema il mio giornalaio, il benzinaio, la postina.
Ma come si fa ad aggredirli, hai paura di morire, esiste l’aldilà, hai un’idea di infinito? Una volta aggirai l’ostacolo improvvisando un minisondaggio sulla profezia dei Maya. Tutti ammettevano che non sarebbe poi così assurdo: un’umanità miserabile come la nostra merita solo di sparire. E finire con tutto il mondo è meno triste che morire per conto proprio, non si vedono i parenti attorno al letto, non si ascolta oltre la finestra la vita che continua. Finii per lasciarmi prendere da questo gioco dolce e terribile e così immaginai la mia privata fine del mondo.
………. Sembra un giorno come gli altri e invece il cielo si illumina come il Cinemascope dopo i titoli di coda. Lo schermo si apre, rivelando cosa c’è “dietro” : e affiorano le immagini che ci facevano sorridere increduli: il Signore con la barba, gli angeli con le trombe, il giudizio universale e tu stai volando come i violinisti di Chagall. Allora pensi: è un sogno, devo svegliarmi. E invece non ti svegli più.
Quanti fantasmi e figure e allucinazioni nelle stremate solitudini del mio femore offeso.