Quando la politica sponsorizza la fabbrica del falso
Geschrieben von Paolo Molina am .
{fa-info-circle } Artikel nur in Muttersprache - Article only in mother language.
La guerra in Ucraina ha accantonato i dibattiti sull' invasione dei migranti, sull'abuso del reddito di cittadinanza e dei diritti violati dei no-vax e si parla di politica in senso più appropriato. Gli europei hanno paura e la paura è tra gli ingredienti principali della "sapienza" politica.
Se volessimo intendere la “politica” in senso autentico non dovremmo certo parlare degli intrighi quotidiani che riempiono la stampa italiana o certi talk show da tifoseria e neppure di geopolitica dove sono ormai consolidati concetti e tradizioni interpretative che consentono di leggere i rapporti di forza nel medio periodo ed elaborare strategie più o meno valide.
Certo è giusto e valido, nel sapore della democrazia avanzata, preferire il soccorso umanitario all’invio delle armi a uno dei contendenti per una causa ingiusta, o di cercare di bloccare l’allargamento a Est di Nato e Ue, o di scendere in piazza in difesa della pace senza se e senza ma, o inginocchiarsi e pregare con il Papa (il solo e unico) che cita l’art. 11 della nostra Costituzione, o invocare soluzioni diplomatiche e la mediazione di terze parti che vogliono dilazionare lo scontro per trarne maggior vantaggio alla fine.
Non è certo il caso di fare gli schizzinosi, visto il vento che soffia.
Tutto è meglio della corsa all’abisso salutata, come nel 1914, o dal plauso prezzolato dei media, dall’orgia delle fake news e dai cori incoscienti sui balconi.
Eppure riflettendo, questo non basta ora, oggi anche, perchè entrambe le parti in causa hanno armi atomiche e il conflitto, già prima di dilagare, ha spinto in secondo piano le talmente poche strategie politiche di contenimento della catastrofe ecologica che erano state, con enorme ritardo, proclamate indifferibili. È forse una scelta politicaassenata la rapidità del ritorno al carbone o la facilità con cui sono stati trovati i soldi per il riarmo e scavallare le procedure europee più vischiose allo scopo di uccidere e non di salvare vite.
Nel 1914, in una situazione di cui l'attuale sembra essere fotocopia, di imperialismo multipolare, di governanti folli e opposizioni deboli un certo Lenin, comprendendo e così rimangiandosi la convinzione che un movimento operaio internazionale potesse bloccare sul nascere la guerra per la spartizione del mondo, lanciò realisticamente la parola d’ordine di trasformare la strage fra i popoli in guerra civile contro la borghesia imperialistica.
{fa-info-circle } Artikel nur in Muttersprache - Article only in mother language.
La dissoluzione dell'Impero russo e della monarchia degli zar produsse una serie di conflitti: i bolscevichi rivoluzionari nella nuova Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa affrontarono una feroce guerra civile contro le forze controrivoluzionarie dell'Armata Bianca, sostenute da truppe inviate dalle monarchie occidentali per evitare che la rivoluzione contagiasse il resto d’Europa. Dopotutto all'epoca la vita dei regnanti era quanto mai precaria.
L'imperativa preoccupazione dei nobili e della ricca borghesia era che i regnanti non dimenticassero mai i propri titoli, eredità, lignaggio, doveri. È "Destino di re e di popolo", Siamo all'inizio della Grande Guerra, nel 1914.
La regina Vittoria venne definita "la nonna d'Europa" e non è un caso. Fu veramente infaticabile nell'obbiettivo di unificare anteliterram l'Europa, peccò di una certa ingenuità "relazionale". Grazie a una serie di matrimoni combinati, ai tempi della Prima Guerra Mondiale i suoi nipoti occupavano praticamente tutti i troni d'Europa. Quando scoppiò la Grande Guerra una delle fazioni comprendeva il Kaiser Guglielmo II di Germania; quella opposta vedeva Giorgio V della Gran Bretagna e lo zar Nicola II di Russia, suoi cugini primi.
I nove sovrani presenti al funerale di Edoardo VII (lo Zio d'europa) in primo piano zar Nicola II di Russia, kaiser Guglielmo II di Germania re Alfonso XIII di Spagna
Lo scoppio della guerra
Il conflitto ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Impero austro-ungarico al Regno di Serbia in seguito all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo
Confini politici in europa prima della guerra
Da una parte gli Imperi centrali (Germania, Impero austro-ungarico e Impero ottomano), dall'altra gli Alleati rappresentati principalmente da Francia, Regno Unito, Impero russo e, dal 1915, Italia.
70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo (60 milioni in Europa) oltre 9 milioni caddero sui campi di battaglia.
7 milioni furono le vittime civili in Europa, a causa delle operazioni di guerra ma soprattutto per le conseguenti carestie ed epidemie.
L'inizio della guerra nel 1914 fu salutato da uno scoppio di entusiasmo popolare e dal compatto sostegno di tutte le forze politiche: l'appoggio dei partiti nazionalisti era scontato, ma anche i principali movimenti socialisti europei, non rispettando i principi antibellicisti proclamati dalla Seconda Internazionale, si allinearono all'ondata di patriottismo montante e sostennero i rispettivi governi nella scelta della guerra;
il Partito Socialdemocratico di Germania, il più forte partito socialista d'Europa e oppositore della monarchia guglielmina, votò quasi compatto il 4 agosto 1914 per l'attribuzione al governo dei crediti di guerra.
L'adesione popolare fu ovunque massiccia: nel 1914 in Francia, al contrario di previsioni d'anteguerra che parlavano di un 10% di renitenti tra i richiamati alle armi, gli assenti risultarono appena l'1% dei coscritti.
I più entusiasti appartenevano a classi sociali medio-alte ma anche le masse cittadine e rurali dimostrarono di accettare la guerra senza drammatizzazioni, consentendo ai governi di proclamare la mobilitazione generale senza timore di opposizioni popolari.
Il numero dei mobilitati durante i quattro anni del conflitto raggiunse cifre imponenti, surclassando ogni precedente conflitto europeo.
La Germania mise in campo più di 13 milioni di soldati, la Russia 12 milioni, Francia e Impero britannico più di 8 milioni e mezzo, l'Austria-Ungheria quasi 8 milioni e l'Italia quasi 6 milioni.
A quel tempo gli stati europei basavano i loro sistemi militari sulla coscrizione militare obbligatoria della popolazione maschile. Erano classi di ventenni ma con la guerra l'aumentare delle perdite, anche a classi più giovani. I "ragazzi del '99" fù la mobilitazione dei diciottenni in italia, nel 1917 .
L'Impero britannico, si affidava a un esercito di volontari, così con l'aumentate le perdite, i britannici ricorsero alla coscrizione obbligatoria. Nel Regno Unito la leva fu avviata nel gennaio del 1916 per gli scapoli, nel giugno seguente per il resto della popolazione maschile, nel Canada fu introdotta nel 1917. La coscrizione in Australia fù respinta per due volte da referendum popolari, comunque i tassi di reclutamento volontario rimasero alti.
Dopo l'iniziale appoggio alla guerra, i movimenti socialisti europei tornarono su posizioni pacifiste e contrarie al conflitto, tentando anche di costituire un fronte comune e internazionalista a partire dalla conferenza di Zimmerwald del settembre 1915.
Anche, Papa Benedetto XV si fece promotore di diverse proposte di pace tra le nazioni belligeranti, nella sua prima enciclica Ad Beatissimi Apostolorum del novembre 1914 e nella Nota del 1º agosto 1917 (famosa per la definizione del conflitto come «inutile strage»), ma la sua voce rimase completamente inascoltata per l'ostilità dei governi a un accordo che portasse a una semplice restaurazione della situazione anteguerra.
Il 1º maggio 1916 il deputato socialista Karl Liebknecht organizzò una piccola manifestazione contro la guerra nel centro di Berlino, fu arrestato e condannato a due anni e mezzo di prigione, il giorno del processo 50.000 operai delle fabbriche berlinesi fermarono il lavoro per protestare, fu uno dei primi scioperi politici della guerra.
Nel corso del 1917 scoppiarono varie proteste popolari contro la guerra, principalmente scatenate dalla penuria di generi alimentari e dai bassi salari: in aprile 300.000 operai berlinesi scesero in sciopero, mentre un raddoppio dei prezzi dei generi alimentari di base portò a scioperi e manifestazioni di piazza a Parigi e in altre città della Francia nel maggio seguente.
In agosto scioperi e cortei contro la carenza di pane sfociarono in scontri con i soldati a Torino e Milano, con decine di morti e centinaia di arresti.
Nel gennaio 1918 la carenza di generi alimentari provocò proteste e sommosse in tutte le principali città dell'Austria-Ungheria.
In Russia gli scioperi e le sommosse di piazza portarono alla caduta del governo e all'uscita del paese dalla guerra: nei paesi occidentali, accordi sindacali e piccole concessioni salariali bastarono generalmente a far rientrare le proteste, sebbene la situazione fosse molto tesa al termine della guerra.
La repressione del dissenso fu severa in tutti i paesi belligeranti.
La fine della Guerra
La guerra si concluse definitivamente l'11 novembre 1918 quando la Germania, ultimo degli Imperi centrali a deporre le armi, firmò l'armistizio imposto dagli Alleati.
Confini politici in europa dopo la guerra (1924) Gli imperi tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo si estinsero, si formarono diversi stati nazionali che ridisegnarono completamente la geografia politica dell'Europa.
… I cambiamenti politici
Alla Germania fu imposta la restituzione alla Francia dell'Alsazia-Lorena, territori annessi durante la guerra franco-prussiana. Dovette cedere porzioni di territorio alla Polonia, come il "corridoio di Danzica", e altre zone di confine.
La monarchia era crollata ed momentaneamente rimpiazzata dalla "repubblica di Weimar", alle prese con fortissimi conflitti interni e sociali ed una situazione economica disastrosa. Ribellioni ispirate alla rivoluzione bolscevica, sanguinose repressioni e vari tentativi di colpo di Stato organizzate dai movimenti reazionari e conservatori con i soldati smobilitati dal fronte, i Freikorps.
Soprattutto per l'intransigenza dei francesi, che con il trattato di Versailles impose durissime condizioni alla Germania, come pagare un ingentissimo risarcimento per i danni di guerra e ad subire la "clausola di colpevolezza per la guerra" che la riconosceva come unica responsabile; misure che fornirono argomenti di propaganda ai partiti nazionalisti ed estremisti.
Nel 1924, con il governo di coalizione del cancelliere Gustav Stresemann e la firma di un piano di aiuti economici e riorganizzazione del risarcimento dovuto (piano Dawes), la Germania riuscì a trovare una certa stabilità.
La dissoluzione dell'Impero russo e della monarchia degli zar produsse una serie di guerre:
i bolscevichi rivoluzionari nella nuova Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa affrontavano una feroce guerra civile contro le forze controrivoluzionarie dell'Armata Bianca, sostenute da truppe inviate dagli Alleati occidentali;
varie comunità del multietnico ex impero insorsero in armi per costituire proprie patrie nazionali ed in molti casi scontrandosi le une con le altre per definire i nuovi confini;
la nuova repubblica di Polonia, indipendente dopo un secolo di occupazione straniera, affrontò i bolscevichi in una sanguinosa guerra per definire i propri confini orientali.
La sconfitta dei "bianchi" e la proclamazione dell'Unione Sovietica il 30 dicembre 1922 conferirono stabilità alla caotica situazione orientale: i russi ristabilirono il loro dominio su Ucraina, Bielorussia e regioni caucasiche, ma dovettero accettare l'indipendenza di Finlandia, Polonia e stati baltici.
L'Austria-Ungheria, ceduti territori a Italia, Polonia e Romania, si frazionò in una serie di nuovi Stati nazionali:
la piccola prima repubblica austriaca era etnicamente coesa ma economicamente indebolita e lacerata dai dissidi sociali;
Il neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni che dovette affrontare i contrasti tra i vari gruppi etnici;
la Cecoslovacchia, più stabile, soprattutto sotto il punto di vista economico, si rivelò gravata però dalla presenza di una forte minoranza tedesca nella regione di confine dei Sudeti.
l'Ungheria fu decisamente ridimensionata e perse un gran numero di abitanti, fatti che generarono il risentimento dei magiari e una serie di guerre di confine con cechi e romeni, oltre a un tentativo d'instaurare un governo bolscevico a Budapest, soffocato nel sangue.
L'Impero ottomano fu spartito tra gli Alleati vittoriosi:
alla Francia Siria e Libano
al Regno Unito la Palestina, la Transgiordania e la Mesopotamia, dove fu costituito il nuovo Stato dell'Iraq; questo scontentò i nazionalisti arabi, che erano insorti contro i turchi in forza delle promesse d'indipendenza fatte dagli Alleati, gettando semi di nuove rivolte.
la Turchia ridotta alla sola Anatolia,visse un periodo di tumulti e conflitti: sotto la guida di Mustafa Kemal le forze turche intrapresero una serie di guerre contro greci e armeni, riuscendo a dare al paese i confini odierni; nell'ottobre 1923 il sultanato fu abolito e la Turchia divenne una repubblica guidata dallo stesso Kemal.
La spartizione dell'impero coloniale tedesco, fu una torta divisa tra Francia, Regno Unito e Giappone. Generò malcontento in Italia, che si vide anche negate molte delle promesse sottoscritte nel patto di Londra del 1915. Scontento che alimentò i nazionalisti italiani che parlarono di una "vittoria mutilata".
… Effetti Sociali
La vita sociale era stata lacerata i superstiti, i vincitori e vinti in Europa si trovarono condizioni disastrose: crisi economica, penuria di viveri forti conflitti sociali spesso con scontri sanguinosi.
Quel cameratismo nato tra i soldati su fronti di una guerra di posizione fu certamente utilizzato a fini politici interni: ricordiamo i Freikorps tedeschi, ma non dimentichiamo i Black and Tans britannici (corpo armato ricostituito dai reduci impiegato in azioni brutali durante la guerra d'indipendenza irlandese) e gli Arditi in italia (uomini scelti e addestrati per azioni rischiose, che in gran parte confluirono nelle formazioni dello squadrismo fascista).
Con un "certo ottimismo" si può affermare che la guerra non produce solo effetti negativi:
le trasformazioni in corso, che non riuscivano ad affermarsi, furono accelerate, modificando il sistema di classe.
importanti gli sviluppi in materia di emancipazione femminile le donne videro il proprio ruolo sociale ampliarsi rispetto a quello tradizionale di "madri di famiglia";
il richiamo al fronte di milioni di uomini rese indispensabile l'apporto della manodopera femminile in agricoltura ma anche e soprattutto nell'industria:
- in Austria-Ungheria, se nel 1913 solo il 17,5% degli operai dell'industria era donna, nel 1916 questa percentuale era salita al 42,5%, mentre nella Germania del 1918 la quota della manodopera femminile nelle industrie di tutti i tipi raggiunse il 55%, con orari e condizioni di lavoro pari a quelli degli uomini.
- la creazione di un gran numero di enti e uffici per gestire le nuove funzioni burocratiche ed economiche affidate allo Stato in tempo di guerra (solo in Francia la burocrazia statale crebbe del 25%) ebbe come conseguenza un elevato afflusso di manodopera femminile nella pubblica amministrazione e nei servizi statali.
- le donne furono impiegate anche più direttamente nel conflitto: oltre che per i tradizionali ruoli di infermiere e assistenti sanitarie, furono reclutate in vari corpi incaricati di svolgere i servizi logistici nelle retrovie del fronte (come il Signal Corps Female Telephone Operators Unit, che gestiva le comunicazioni telefoniche del corpo di spedizione statunitense). A parte casi isolati anche in altri eserciti solo la Russia reclutò, nell'ultima fase del conflitto, unità da combattimento interamente femminili, che tuttavia ebbero un ridotto impiego al fronte.
… Effetti Economici
Gli assetti economici mondiali subirono un cambio radicale, l'Europa iniziò a cedere molte posizioni ai paesi extraeuropei ma questo era iniziato prima del 1914, ma la guerra ne fu catalizzatore.
I costi economici del conflitto obbligarono le nazioni europee a liquidare i loro investimenti all'estero e chiedere prestiti ad altre nazioni, da questo gli Stati Uniti trassero enormi vantaggi.
Washington fornì prestiti al Regno Unito a partire dal 1914 per un totale di 4 miliardi di dollari. Complessivamente gli investimenti all'estero degli Stati Uniti passarono dai 3,5 miliardi di dollari nel 1914 a 7 miliardi nel 1919; dalla fine della guerra il centro finanziario mondiale si era spostato da Londra a New York.
Il Giappone, godette a sua volta di benefici, assunse il controllo di diverse rotte commerciali nella zona del Pacifico e vide una espansione e diversificazione della propria base industriale, condizioni che gli permisero di diventare per la prima volta nella sua storia un paese creditore invece che debitore.
Brasile e Argentina sfruttarono il periodo bellico per rompere il vecchio schema che li vedeva come esportatori di materie prime in cambio dei prodotti finiti europei, iniziando a sviluppare proprie basi industriali che andarono a soppiantare parte dello spazio occupato dalle esportazioni delle nazioni europee.
La ripresa economica dei nuovi e vecchi Stati europei fu lenta, per vari fattori nazionali come la mancanza di spirito collaborativo tra le nazioni, la scelta di reggersi unicamente sulle proprie forze e possibilità. In Germania per l'alto debito di guerra e l'iperinflazione galoppante, in Francia dalla perdita dei capitali investiti nella Russia zarista. Ma anche internazionali, a causa delle restrizioni al libero commercio e all'imposizione di alte barriere doganali negli Stati Uniti e altrove. Una certa ripresa economica iniziò dal 1924.
Ma la caduta della borsa di Wall Street, nel 1929, ormai il centro di gravità dell'economia mondiale che si era spostato e consolidato negli Stati Uniti, trascinò con sé il resto del mondo.
Essere re nel secolo della crisi
Per chiudere la saga della famiglia reale inglese, di nonna d'Europa (la regina Vittoria), zio d'europa (Edoardo VII), nonno inghilterra (Giorgio V) dobbiano consegnare a questa memoria anche "nonno Galles".
Sembra che Carlo d'Inghilterra (nonno Galles) il principe ereditario più vecchio del mondo, 74 anni il 14 novembe, potrebbe essere nominato Principe Reggente, re a tutti gli effetti, ma senza il titolo formale. La regina Elisabetta continuerà a regnare, non rinunciando al trono fino alla morte o a una malattia invalidante. Diventerà quindi re col nome Giorgio VII.
Lunga vita alla Regina!
Le ultime famiglie reali d'europa, o i regnanti.
Quanto costano e dove ci è dato di sapere quanto sono ricche, ed altre amene curiosità.
Re Harald V, Norvegia - 28,5 milioni di euro
Nel 2017, il governo norvegese ha stanziato 23,8 milioni di sterline per la casa reale e altri 1,1 milioni di sterline per coprire le spese personali la di Re e Regina. Le residenze reali sono di proprietà dello Stato e sono aperte al pubblico, ma sono a disposizione della famiglia reale.
Re Filippo, Belgio - 11,6 milioni di euro
Il Belgio copre tutte le spese sostenute dal re, fissate a 11,6 milioni di euro l'anno nel 2013. Le proprietà reali belghe sono dello Stato, in parte a disposizione della famiglia reale.
Re Filippo VI e Regina Letizia, Spagna - 7,8 milioni di euro
La corona spagnola riceve una somma forfettaria di denaro dallo Stato, che nel 2014 e nel 2015 è stata di 7,8 milioni di euro. Di questo ammontare, il Re ha ricevuto un'indennità di 236.544 euro, la regina di 130.092.
Regina Elisabetta II, Regno Unito - 46,4 milioni di euro
Nel 2018/19 la regina Elisabetta incasserà oltre 6 milioni di sterline in più (oltre 6,8 milioni di euro) dal suo appannaggio, passando da 76 milioni di sterline nel 2017/18 a 82,2 milioni di sterline. Questo è stato possibile grazie all'aumento dei profitti annuali della Crown Estate, le proprietà dette della Corona benchè appartenenti allo Stato, rispetto alle quali la famiglia reale per il suo mantenimento riceve una percentuale in base al cosiddetto "sovereign grant". Già l'anno scorso le spese nette della sovrana sono aumentate di 2 milioni di sterline, arrivando a 42 milioni di pound, e si tratta di circa 65 centesimi per ogni suddito.
Guglielmo Alessandro, Paesi Bassi- 40,1 milioni di euro
Nel 2015 il bilancio del Re dei Paesi Bassi ammontava a 40,1 milioni di euro: l'ammontare includeva una cifra per la moglie e l'ex sovrana, che abdicò dopo aver regnato per 33 anni. Nel 2007 Forbes ha stimato che la ricchezza della regina fosse di circa 300 milioni di dollari.
Carlo XVI Gustavo, Svezia - 13 milioni di euro
La corona svedese riceve circa 6 milioni di sterline da parte dello Stato per coprire i costi dei doveri ufficiali del re e le spese della famiglia reale. All'amministrazione del palazzo vanno inoltre 5,8 milioni di sterline
Granduca Henri, Lussemburgo - 10,1 milioni di euro
Anche se non riceve un vero e proprio stipendio, la Famiglia del Granducato del Lussemburgo riceve un'indennità annuale di 300.000 franchi d'oro (240.000 sterline) per svolgere le sue funzioni. Il bilancio del 2017 ha previsto inoltre 10,1 milioni di euro destinati ai costi dei membri della Famiglia.
Regina Margherita II, Danimarca - 10.6 milioni di euro
A partire dal 1 ° aprile 2017, la Danish Civil List concede alla famiglia reale un finanziamento di 9.6 milioni sterline all'anno. Il principe Henrik, il marito della regina Margherita, ottiene il 10% di questo ammontare. Il denaro copre il costo delle attività della Regina e le operazioni della famiglia reale, nonché alcune spese private.
Principe Alberto II, Monaco - 43,5 milioni di euro
Nel 2015 l'importo che Monaco ha speso per i reali è stato di 43,5 milioni di euro, contro i 35,7 milioni di euro stanziati nel 2013. Forbes ha stimato che la Casa dei Grimaldi avrebbe un patrimonio di circa 1 miliardo di dollari. Il principe Alberto II, il sovrano regnante, è uno dei più ricchi del mondo.
Principe Giovanni Adamo II, Liechtenstein - piccola indennità
Il principe non riceve uno stipendio, ma accetta un'indennità di 250.000 franchi svizzeri e non paga tasse. Nel 2008, Forbes ha stimato che la famiglia avesse un patrimonio di circa 5 miliardi di dollari.
Joan Enric Vives Sicilia & Emmanuel Macron, Andorra - compenso sconosciuto
Il Presidente della Francia ed il Vescovo di Urgell sono coprincipi e Capi di Stato di Andorra. Il bilancio generale del Principato assegna a ciascun principe una somma uguale di denaro per l'espletamento delle proprie funzioni, che può essere rifiutato. L'importo non è noto: nel 2016 è stato pagato circa 71.000 euro.
Alberto II, principe di Thurn und Taxis - nessuna retribuzione né Paese
Alberto II, principe di Thurn und Taxis, non ha un Paese da governare, ma è tecnicamente un principe tedesco. Dopo la morte di suo padre nel 1990 è diventato uno dei miliardari più giovani del mondo. Nel 2014, Forbes ha stimato la sua ricchezza di circa 1,6 miliardi di dollari.
Il Papa, Città del Vaticano - nessuna retribuzione
Il papa, capo della Chiesa cattolica, non viene retribuito. Tuttavia, è responsabile del bilancio del Vaticano, che ha un fatturato di circa 300 milioni di dollari (230 milioni di euro) all'anno. La ricchezza del Vaticano è stata stimata in 10-15 miliardi di dollari.
Giacomo dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, Gran Maestro di Malta - nessuna retribuzione
La regina britannica Elisabetta II era la regina ufficiale di Malta fino al 1974, quando il Paese divenne una repubblica. Eppure, esiste un Gran Maestro dei Cavalieri di Malta, capo di una fraternità cattolica fondata nel 1048. L'Ordine non ha territori, ma è considerato un'entità sovrana e stampa i francobolli e monete. Il Gran Maestro governa come Superiore sovrano e religioso dell'Ordine. Non gli viene dato uno stipendio. L'Ordine ha benefattori, sia cittadini privati che organizzazioni pubbliche, che fanno donazioni per sostenere il suo lavoro.
Ci vollero anni, ma alcuni banditi responsabili del massacro furono cacciati dal potere, e l'ultimo zar Nicola II, la moglie Alexandra e i loro cinque figli che avevano tra i 10 e i 20 anni vennero giustiziati in uno scantinato di Ekaterinenburg e, anche se non si aprì proprio un’èra di pace e benessere in Europa, il vecchio mondo si dileguò.
Nel frattempo, Lenin fece uscire la Russia dal conflitto, liquidò il ceto dominante zarista e liberal-interventista, che ne era stato responsabile, e restituì l’indipendenza nazionale (e Putin ancor oggi ci rosica) a Polonia, Finlandia, Lituania, Estonia, Lettonia, Ucraina, repubbliche centro-asiatiche e caucasiche, ma poi venne la seconda guerra mondiale, l'accordo a Yalta e Stalin.
Oggi, al confronto della I guerra mondiale e della II che sbrigò i conti rimasti in sospeso, abbiamo, in apparenza, una piccola guerra, che ha suscitato grande emozione in un’opinione pubblica implicitamente razzista perché coinvolge solo bianchi europei cristiani.
Ma non solo la guerra è orrenda, con vittime innocenti e rancori duraturi, per ora virtualmente ma da ora sicuramente micidiale perché i contendenti veri sono Biden e Putin e già si sta minacciando da entrambe le parti l’uso di armi nucleari su scala non locale. Questo vuol dire ad esempio come minimo Aviano e Sigonella, giusto? Quindi potrebbe non trattarsi più solo di una riedizione della guerra fredda.
Senza dimenticare che nei primi mesi del 2021 Biden e Putin hanno siglato il rinnovo del trattato New Start. Quello che stabilisce dei limiti concordati per le testate nucleari ed i vettori strategici di Stati Uniti e Russia.
Ora con questa decisione i due presidenti sono riusciti ad evitare che si riaprisse una corsa agli armamenti strategici e che venissero meno le ultime misure di verifica reciproche ancora in vigore tra i due Paesi dopo la denuncia di importanti accordi sull’arms control da parte dell’amministrazione Trump. La proroga di cinque anni, che è quella massima prevista dal trattato, darà il tempo per negoziare ulteriori riduzioni che potrebbero questa volta anche includere altri Paesi detentori di armi nucleari.
Ma rimangono aperti i rischi di possibili spirali armamentistiche in settori quali quello delle armi nucleari a raggio intermedio non più sottoposte ad una disciplina internazionale a seguito del rigetto da parte della precedente amministrazione Usa del Trattato Inf che prevedeva la totale eliminazione di tale tipo di armamenti. Sarà difficile ripristinare tale accordo che era essenziale per la stabilità in Europa, dove tali missili erano stati dispiegati e poi rimossi e la cui denuncia è stata subita dall’Europa con eccessiva condiscendenza. Continuano a rimanere senza alcun controllo internazionale anche le armi nucleari tattiche di Usa e Russia, che erano state ridotte unilateralmente a fine del secolo scorso ma senza alcun accordo specifico e senza alcun controllo. Appartengono a tale categoria di armi fuori controllo anche le armi nucleari tattiche che americani e russi detengono ancora in Europa. Resta inoltre aperta la questione dell’ammodernamento degli arsenali, non proibito da alcuna norma internazionale, cui stanno procedendo praticamente tutte le potenze nucleari per dotarsi di testate sempre più sofisticate e di vettori sempre più rapidi e precisi.
C'è poi che da noi le destre, ma anche in tutta Europa, sono tornate all’attacco contro le “utopie” ecologiche e il ritorno al carbone e l’incremento delle spese militari sono diventate ovvietà nel quadro di tutti i piani di ripresa e resilienza.
L'equivoco stato di belligeranza della Russia contro Ucraina, due paesi ad alta incidenza di Covid e basso tasso di vaccinazioni, con esodo di massa degli sconfitti, non lascia certo prevedere un miglioramento della situazione sanitaria europea, che stava avviandosi verso l’endemizzazione stagionale. E non sono neppure all'orizzonte pensieri politici su come risolvere le conseguenze dello stato attuale, di questa guerra, ovvero la ricostruzione dell'Ucraina, solo si accenna di una nuova Norimberga.
Comunque vadano o meglio andranno le trattative in corso, sebbene a singhiozzo, il problema della guerra continuerà a incombere all’orizzonte e con esso lo spostamento degli investimenti dal green e perfino dal greenwashing e dalla sanità alle armi, convenzionali e nucleari.
Stiamo esportando mitragliatrici e missili, non vaccini.
Quindi è per questo che potremmo dire che nel medio periodo l’unica alternativa resta quella proposta addirittura, in una situazione meno pericolosa, da Lenin: l’estirpazione dei vari gruppi di briganti, oggi al comando in Russia e Usa, che stanno precipitando il mondo verso l’olocausto nucleare rapido o verso l’appena più lento collasso ecologico. Ma è evidente che è un pensiero estremo soprattutto perchè non sarebbe possibile convincerli con le buone maniere. Né loro e neppure Xi che al momento sembra più freddo e razionale, più sicuro di sé.
Mai riuscito a rispondere compiutamente alle uniche importanti domande della vita: “quanto costa?”, “quanto ci guadagno?”. Quindi “so e non so perché lo faccio …” ma lo devo fare perché sono curioso. Assecondami.