Immaginare l’inimmaginabile e sperimentarlo
Vax War, con l'anti Covid19 si ridefiniscono i giochi simbolici dell’economia, della geopolitica e della guerra.
Siamo così entrati nella seconda fase dell’Epoca Virale, ed è mutata la disposizione degli umani verso gli umani: non più uniti nel subire l’offensiva della natura, ma schierati in competizione per il potere sulla tecnica vaccinale.
Il regime della scarsità delle difese salvavita restaura la condizione della guerra, sospesa finché eravamo accomunati dall’essere indifesi. Ecco allora che il vaccino riprogrammatore diviene il terreno su cui si ridefiniscono i giochi simbolici dell’economia, della geopolitica e della guerra.
Schiavo è colui a cui è stata concessa la sopravvivenza. Schiava è l’umanità che va emergendo tra disciplina del distanziamento e guerra dell’immunità. L’automa cognitivo, che si sta costituendo connessione dopo connessione, aveva bisogno della nostra illimitata sottomissione, e l’esperienza che tutti gli esseri umani stanno vivendo a partire dall’anno 2020 è proprio quella dell’illimitata sottomissione dei vinti che si inginocchiano di fronte all’automa con la siringa, e chiedono che l’automa risparmi loro la vita, nient’altro che la vita, non importa quale vita.
La creatività scientifica che produce il vaccino e tutte le altre belle cose della tecnologia non ha niente a che vedere con gli azionisti delle corporation. Quelli sono una manica di ignoranti che non sanno niente di biologia né di virologia né di ingegneria: la sola cosa che hanno studiato è l’economia, che non ha nulla a che fare con la scienza.
La fase genocidaria del capitalismo
Il 13 marzo 2021 l’Organizzazione Mondiale del Commercio (il famoso WTO contro cui si battevano gli insorti di Seattle nel novembre 1999) ha parlato: rispondendo alla richiesta di liberare la produzione dello pseudo-vaccino dalla signoria del brevetto, che proveniva da Sud Africa, India e dal direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), i custodi dell’ordine dei mercati hanno sentenziato che per nessuna ragione si può sospendere l’applicazione del trattato sui cosiddetti diritti sulla proprietà intellettuale, anche se c’è il rischio che milioni di persone muoiano perché non ci sono abbastanza vaccini disponibili.
Su L’Express del 12 febbraio 2021, in un articolo dal titolo «Pour ou contre: faut-il libérer les licences des vaccins?», Najat Vallaud-Belkacem afferma che «tra il 1998 e il 2004, 9,3 milioni di persone sono morte di AIDS nell’Africa subsahariana a causa del costo esorbitante del trattamento». D’ora in avanti sappiamolo: il capitalismo è entrato nell’Era Genocidaria, e il Covid-19 non è che l’inizio.
Tornano gli anni Venti
La rivista Bloomberg Businessweek ci promette che stanno per arrivare finalmente gli anni ruggenti. In un articolo pubblicato il 26 gennaio 2021, Peter Coy preconizza allegria e prosperità a partire dal 2024. Dopo aver osservato che storicamente dopo le epidemie c’è un risveglio euforico, si sofferma in particolare sugli anni Venti del secolo passato, un periodo di boom economico e diffusione popolare delle tecnologie dopo la guerra mondiale e la pandemia di «spagnola», quando tutti ballavano il charleston e il foxtrot.
Non ho ragione di guastare le feste future, figuriamoci, ma vorrei ricordare a Peter Coy che seppure gli anni Venti furono prosperi per alcuni (non per i lavoratori tedeschi costretti a pagare i risarcimenti di guerra, né per i lavoratori della Industrial Workers of the World massacrati dagli agenti della Pinkerton), la conclusione non fu proprio brillante: il crollo del ’29, la Grande Depressione americana, e per finire il nazismo e la guerra.
A parte ciò, due o tre particolari non irrilevanti rendono lo scenario del nostro tempo un po’ diverso da quello del Grande Gatsby.
La prima differenza sono le dimensioni della popolazione mondiale, che da un miliardo e mezzo è balzata a quasi otto miliardi. La seconda è l’invecchiamento medio della popolazione dell’emisfero Nord. La terza, fondamentale, è che l’espansione dell’economia incontra oggi un limite invalicabile nell’esaurimento delle risorse, nell’irreversibilità della degradazione ambientale, e nell’esaurimento delle energie nervose, mentre negli anni Venti del secolo passato l’espansione industriale era in pieno svolgimento.
Il 10 marzo 2021, però lo stesso Peter Coy sembra averci ripensato: sulla stessa rivista avverte che l’effetto sociale della pandemia è un’accentuazione devastante della diseguaglianza. Nell’articolo «The Legacy of the Lost Year Will Be Devastating Inequality» scrive:
Il futuro danno cumulativo sarà probabilmente ancor più grande di quello provocato dal Covid nel suo primo anno. La società sembra essere un lungo degente, come certi pazienti che hanno problemi sanitari persistenti. E i più svantaggiati saranno quelli che soffriranno di più… Ma le disuguaglianze interne sono poca cosa rispetto alla distanza che si accentua tra i diversi paesi. L’anno scorso gli esperti sanitari hanno diffuso un piano di distribuzione equa dei vaccini per dare priorità alla prevenzione della morte, soprattutto della morte prematura. Ma il piano è stato ignorato perché le nazioni più ricche si sono affrettate ad accaparrarsi le forniture. Grandi manovre sono in corso nelle segrete del ciberspazio.
Silenzio
Alla disintegrazione del legame sociale corrisponde l’integrazione dell’automa cognitivo globale. La pandemia ha enormemente ampliato lo spazio del digitale nella vita sociale: paralisi dei corpi distanziati, sottomissione della mente interconnessa. Una parte sempre più decisiva della sopravvivenza dipende dalla connessione.
Nel frattempo si delinea all’orizzonte una guerra di nuovo genere. Dal marzo del 2020 un agente incognito (probabilmente russo, ma chi lo sa) ha condotto un’operazione di hacking sofisticatissima che ha penetrato il software Orion dell’azienda texana SolarWinds.
18.000 siti americani sono stati infiltrati per almeno sei mesi: in gran parte agenzie amministrative, industriali e militari. Secondo Steven J. Vaughan-Nichols SolarWinds: “It’s Pearl Harbor”. Un altro articolo lo riassume così:
ll cyber-attacco a SolarWinds appare come l’attacco più pesante che gli Stati Uniti abbiano subìto, e ha colpito sistemi critici di agenzie governative e di imprese private. Non è ancora chiara l’estensione di questa interferenza, che potrebbe riguardare anche centrali nucleari, impianti idroelettrici, sistemi di controllo del traffico e del ciclo industriale. […] La possibilità di controllare questi sistemi permette a chi compie l’attacco di provocare il caos in qualunque momento. Per di più questi cyber-attacchi ai sistemi governativi possono eliminare la capacità di comando, controllo e comunicazione…
Adesso il nuovo presidente americano minaccia ritorsioni contro questo attacco, e grandi manovre sono in corso nelle segrete del ciberspazio: possiamo prevedere senz’altro che nei prossimi anni l’infrastruttura digitale sarà sempre più teatro di incursioni invasive o distruttive. Conseguenza della guerra che si prepara è il black out dei servizi informatici cui ci siamo assoggettati al punto che la vita è diventata impossibile senza. Vittima della guerra sarà la vita quotidiana, sempre più dipendente da un sistema interconnettivo che è diventato il principale campo di battaglia. La sola cosa che potremo fare a quel punto sarà sederci in poltrona e leggere Il silenzio l’esile ultimo romanzo di Don de Lillo uscito per Einaudi, che ci racconta proprio come va a finire quando una silenziosa bomba informatica colpisce il funzionamento dell’automa connettivo globale, paralizzandolo e paralizzando la vita quotidiana.
Una rivolta prevedibile
Il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato un report redatto da Philip Barrett e Sophia Chen dal titolo Social Repercussions of Pandemics, nel quale si prevede che nella primavera del 2022 il mondo sarà attraversato da conflitti di ogni genere: proteste, rivolte, insurrezioni. Ma l’FMI non sembra preoccupato per questa eventualità. Da tempo le rivolte appaiono sempre più incapaci di trovare direzione concreta, unità di intenti, progetto, strategia. Prevedibili come le piogge d’autunno, come le convulsioni di un corpo lungamente compresso, di un cervello che non riesce più a ricevere l’ossigeno necessario per essere cosciente e quindi imprevedibile.
Le rivolte arabe del 2011, le rivolte dell’autunno 2019 sono state enormi convulsioni che hanno avuto come effetto principale quello di aggiungere frustrazione alla frustrazione. La pandemia ha distanziato i corpi e raggelato l’anima. Ora la rivolta è il solo linguaggio che possediamo per riattivare il corpo intorpidito. Ma se non siamo capaci di inventare un dopo la rivolta, allora dopo la rivolta c’è solo l’autismo, l’immunizzazione psichica. Il processo di immunizzazione, infatti, non investe soltanto l’organismo fisico, ma tende a investire anche la sfera psichica: immunizzazione psichica è la riduzione o l’azzeramento della percezione empatica della vita circostante: autismo tendenziale di chi ha vissuto la rivolta come sconfitta, di chi teme l’innamoramento per il timore della delusione, di chi rinuncia al desiderio perché il piacere sembra inattingibile.
La rivolta verrà, lo sa perfino il Fondo Monetario, ma noi dobbiamo deluderlo. Dovremo andare molto più a fondo di quanto il Fondo possa immaginare. Dobbiamo immaginare l’inimmaginabile, e sperimentarlo.