Coronavirus, affidarsi alla divina Provvidenza ha ancora un senso?
Geschrieben von Paolo Molina am .
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Morti a centinaia, contagi a migliaia in Cina, e pure nel mondo, con il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che dice:«Il primo vaccino contro il coronavirus potrebbe essere pronto in 18 mesi». Ma lancia l'allerta. "Un virus può creare più sconvolgimenti politici economici e sociali di qualsiasi attacco terroristico: il mondo si deve svegliare e considerare questo virus come il nemico numero uno". Che fare? La storia insegna che...
di Paolo Molina
Il concetto di Living will (volontà del vivente), fu introdotto nel 1906 negli U.S.A da una legge dello stato dell’Ohio. Solo negli anni Sessanta del XX secolo cominciò a diffondersi a tal punto nella pratica medica americana da essere disciplinato da una legge federale del 1991 (Patient self determination act), cui si sono adeguati i singoli stati. In Europa il riconoscimento legislativo è arrivato intorno agli anni Novanta
Ma solo in alcuni paesi, come l’Olanda e la Danimarca. Si deve aspettare il 2002 perché il Belgio contempli la Declaration anticipée all’interno del Titolo III della legge del 28 maggio sull’eutanasia e la Spagna la preveda con le Instrucciones previas, all’art. 11 della legge n. 41 sull’autonomia del malato e sui diritti e sulle obbligazioni in tema d’informazione e di documentazione clinica.
È un argomento complesso. Ci piace citare il concetto di Living will perché esso sta a ricordarci come, alla base di tutta la professione del medico debba esistere una comunicazione efficace tra questi, il paziente e la sua famiglia. La comunicazione deve essere considerata una funzione fondamentale, da non trascurare mai.
La maggiore costante della vita umana è l'incertezza.
È l'incertezza a generare una paura e una forma di timore profondi fin dal nascere della coscienza del sé mentre tutto il contesto sociale e ogni tipo di cultura appaiono predisposti e ordinati per cancellarla, oppure nasconderla. Una definizione abbastanza soddisfacente è intendere per incertezza la presenza visibile, nei suoi effetti e nelle circostanze, del Caso nella vita delle persone. Il caso è una grande forza generatrice di angoscia e l’umanità è ricorsa nel tempo a diverse modalità di controllo e mascheramento per limitarne gli effetti. Dall’inizio dei tempi storici, di cui possediamo una memoria condivisa rintracciabile e segnata dalle testimonianze della cultura materiale oppure di quella scritta, il Caso o Kaos, come lo intendevano gli antichi Greci e le sue conseguenze sono stati legate al concetto di Colpa. Così l Caso è diventato il «fattore di disturbo» del vivere ordinato e prevedibile a cui si può sopperire in un contesto etico generale unicamente attraverso delle prescrizioni morali precise e osservabili.
Ma nel termine Incertezza si nasconde qualcosa di molto più inquietante per la vita delle persone e per le loro aspettative a riguardo del mondo. Si tratta della partita intorno a quello che possiamo definire il fare i conti con la colpa di essere uomini e di conseguenza il dovere espiare la presenza di un Male che condiziona il nostro essere e il modo di relazionarci con chi ci circonda.
Ne abbiamo una prova quando usiamo il termine 'assurdo' per definire la morte oppure le gravi malattie che colpiscono giovani, o persone che si sono dimostrate meritevoli della benevolenza altrui per la bontà e l’onestà delle loro opere.
Il chiudersi improvviso e senza apparenti giustificazioni di una vita, oppure una patologia invalidante che alteri per sempre le capacità affettive ed espressive di un individuo rivestono delle caratteristiche di assurdità che devono essere esorcizzate ricorrendo a categorie metafisiche.
Tutti argomenti che il sapere scientifico moderno non è per sua stessa natura in grado di maneggiare e di affrontare.
Per ridurre l’angoscia generata da questa circostanza sono stati invocati dei fattori di compensazione basati sulla fede religiosa.
Consideriamo dunque due diverse credenze capaci di alleviare il sentimento negativo e in grado di sostenere il tentativo di resistere alla disperazione legata al male: 1) la fiducia in una Provvidenza divina; 2) le aspettative legate alle capacità della Scienza.
Più difficile il primo caso, «l’azione della Provvidenza rimane su di un piano di giustificazione e di analisi insondabile, legato alle sue radici e articolazioni metafisiche», mentre la fiducia nella Scienza riveste delle coordinate meglio indagabili. Soprattutto nel mondo occidentale.
E’ indubbio che il progresso medico abbia ottenuto a partire dalla seconda metà del XIX secolo, importanti e non contestabili successi.
A queste vittorie è seguita l’implementazione di un indicatore di manifesta efficacia, un segnale evidente.
Avere avuto e per la prima volta nella storia del genere umano più tempo per vivere e gioire dei fattori positivi dell’esistenza, utilizzando senza eccessivi rimorsi le risorse fornite dal Principio di piacere, ha generato delle conseguenze misurabili solo attraverso una visione di tipo prospettico. Un’aspettativa di vita media che si è allungata di alcuni decenni in un lasso di tempo non superiore al secolo ha creato una situazione di incertezza radicale nell’agire dell’uomo le cui coordinate esperienziali sono rimaste quelle della sua storia precedente, una vicenda di qualche migliaio di anni che non è possibile emarginare e relegare in un angolo dimenticato.
La contemporanea distruzione di ogni aspettativa di eternità, come ha scritto il sociologo e filosofo Zygmunt Baumann, ha relegato le persone a vivere un eterno presente in cui ogni modesta necessità oppure la costruzione del benessere quotidiano riveste e viene investita di alcuni valori di assoluto del tutto ingiustificati.
L’esperienza della vita è stata pertanto compressa nella necessità, anzi nel diritto di dovere godere dei benefici della stessa esistenza come di un diritto ineludibile e pretendibile,scalabile, si potrebbe affermare, dalla maggior parte delle persone.
Quale è dunque il ruolo della medicina in questo terreno di esigenze e di richieste?
Quale compito potrà mai assolvere il medico contemporaneo, indeciso e smarrito anche lui davanti a tante micro certezze quotidiane?
Si è aperta la strada a uno scenario di completa dissoluzione della medicina come Scienza umana. Se si tratta di applicare linee guida e dettami basati sull’evidenza non vi sarà e, forse, non vi è più il bisogno di esseri umani.
I nuovi computer destinati alla medicina come Watson Health dell’IBM questo lavoro lo sanno fare benissimo, senza errori e in una frazione di secondo. In fondo gli uomini di questo inizio di XXI secolo non sembrano aspettarsi altro.
Desiderano una vita lunga oltre un secolo garantita, in cui l’Eternità sia disponibile per tutti e senza fatica.Un destino che attende forse l’umanità che ha avuto la fortuna di vivere nel ricco Mondo Occidentale e credere nelle sue magnifiche sorti e progressive garantite da una Scienza moderna che appare invece smarrita sul senso del suo agire.
Il ruolo del medico e la sua consistenza sociale sono diventati pertanto sempre più aleatori.
Rimane quello di un certificatore di certezze, di un somministratore di riparazioni dovute che permettano al cittadino consumatore di rientrare a pieno titolo nel proprio circuito lavorativo.
Deve curare l’uomo contemporaneo in cui l’ansia consumistica ha cancellato l’aspettativa e qualsiasi tensione verso una possibile eternità metafisica.
La vita umana diventerà una gabbia di eterno presente in cui solo la droga consumistica potrà operare un parziale sollievo all’angoscia dell’esistere.
Ma non esistono rimedi scientifici davanti ad alcuni elementi di estrema ingiustizia, malattie mortali che colpiscono magari bambini e giovani individui.
La possibilità di riscatto del medico è nascosta nella condivisione della compassione con i suoi pazienti e prima ancora con sé stesso. Nella riscoperta della sua umanità in un tempo di barbarie e di egoismi venati di razzismo, come quelli che stiamo vivendo.
Mai riuscito a rispondere compiutamente alle uniche importanti domande della vita: “quanto costa?”, “quanto ci guadagno?”. Quindi “so e non so perché lo faccio …” ma lo devo fare perché sono curioso. Assecondami.