La Snia, ovvero la rivoluzione industriale all'italiana

Il bilancio parla di una micro-popolazione di 50 persone trovata all’interno: 2 probabili pusher, con precedenti specifici, 8 senzatetto e  40 tossici che nel corso della mattinata hanno attraversato l’area ex Snia di Varedo a caccia di rifornimenti. Ovvero la malattia terminale della Rivoluzione Industriale Italiana.

Snia varedo oggi

È la sintesi del rapporto finale fatto dai carabinieri di Desio dopo un importante servizio straordinario di controllo del territorio (nel maggio 2019), mirato a individuare occupanti abusivi e spacciatori all’interno dei capannoni dismessi, per “bonificare” l’area dismessa della ex Snia di Varedo.

Si è poi tenuto nel pomeriggio del 25 Novembre sucessivo, a Varedo, il sopralluogo congiunto con la Commissione Antimafia e la VI Commissione Ambiente nel sito di interesse regionale Area industriale ex Snia, ubicato nei territori dei comuni di Paderno Dugnano, Varedo e Limbiate.

L’ex Snia è una delle più grandi aree dismesse della Lombardia ed è abbandonata da oltre 20 anni. Tutte le soluzioni ipotizzate a livello locale sono fallite, come era prevedibile.

 “Ci sono problemi di sicurezza pubblica, di igiene e sanità, di infiltrazione della criminalità che probabilmente è già iniziata. È necessaria un’opera importante di bonifica delle ampie superfici ricoperte di amianto e scarti industriali. E l’elenco potrebbe continuare”

 È lo stato attuale di una storia lunga che abbraccia oltre un secolo di storia d'Italia, di cultura, d'ingegno, di persone e di economia, di regimi e oggi per finire di delinquenza povera e violenta. Oggi in tutta Italia restano i segni di questa storia, quella del polo industriale chimico.

Grandi cubature dove si produceva la seta artificiale, le palazzine degli uffici e tanto altro ancora. Il tutto è in attesa di tornare a vivere, non di certo per essere di nuovo una fabbrica, ma qualcos’altro tutt’ora alla ricerca del “cosa” e "del come".

 

cover Riccardo Gualino
Riccardo Gualino
 
Riccardo Gualino aveva 38 anni, era diventato uno dei personaggi più influenti e facoltosi dell'imprenditoria e della finanza europea, capace di muoversi abilmente attraverso le oscillazioni del mercato, operando con grande intuizione ed equilibrismo e manovrando ingenti capitali che gli permisero creare e di acquisire il controllo di svariate società nei più differenti settori: acquisì quote della Renault e della Ford France, acquistò partecipazioni dell’industria dolciaria Tobler e, dopo aver acquistato alcune piccole banche con cui era indebitato come il Credito Piemontese, la Banca Cravario & C., la Banca Biellese e la Banca Agricola di Casale, fondò a Torino la Banca Agricola Italiana, di cui divenne il principale azionista di riferimento.

Iniziò come commerciante di legname, e la sua ambizione lo conduce a un crescendo di imprese sempre più grandiose.  In società con Giovanni Agnelli fonda la SNIA, diventa azionista di riferimento e vicepresidente della Fiat, lancia i filati artificiali, ha interessi nel settore chimico e in quello alimentare.

Il nome Gualino diventa noto in tutto il mondo: nel 1928 è inserito nella rosa dei cinque uomini più ricchi d’Europa.

La collaborazione tra Gualino e Agnelli è particolarmente vantaggiosa per entrambi: nel 1920, i due industriali partecipano alla ricapitalizzazione della banca privata Jean de Fernex e C. e acquistano un terzo del pacchetto azionario della A. Frassati e C., editrice del quotidiano "La Stampa".
Gualino ricopre la carica di vicepresidente della Fiat dal 1920 al 1927, Agnelli è vicepresidente della SNIA dalla costituzione della società fino al 1926.

La prima metà degli anni Venti rappresenta per le numerose attività che fanno capo all'imprenditore un periodo di successi e di generali attestati di stima, poi il governo fascista, introduce la "quota novanta" e il cambiamento della congiuntura economica, la situazione muta radicalmente.

Conclusosi nel frattempo il sodalizio con Agnelli, Gualino cerca di far fronte alla crisi intensificando alcuni affari sul mercato francese, in unione con lo spregiudicato banchiere Albert Oustric, e investendo nel comparto del cuoio artificiale, ma tali strategie non si rivelano vincenti.

La sua ascesa è vertiginosa e le sue cadute fragorose.

Le sue sono idee degne di un visionario: nel 1914 acquista un enorme terreno sulle rive della Neva, determinato a costruire una nuova San Pietroburgo ricalcata sul profilo di Manhattan.
La Rivoluzione d’Ottobre manderà a monte il progetto, ma non fermerà la sua fame di affari. Non ci riuscirà neppure il tracollo economico del ’29, né l’accanimento di Mussolini che lo confina a Lipari.
Gualino è uno di quei rari talenti in grado di capire il flusso del tempo, di prevedere la modernità: lo troviamo, dopo la caduta, a capo della pionieristica Lux, che nel dopoguerra produce i film di Visconti e Lattuada avvalendosi anche dei giovani Carlo Ponti e Dino De Laurentiis.

Al suo fianco c’è sempre Cesarina che condivide con lui una lunghissima vita piena di viaggi, incontri e amicizie memorabili: tra gli altri, ci imbattiamo in D’Annunzio e Gobetti, Nijinskij, Solomon Guggenheim, Curzio Malaparte, Winston Churchill, i Kennedy, Liz Taylor, Luchino Visconti.

Lui e Cesarina, appassionati di tutte le arti, dall’architettura alla danza, alla musica, alla pittura, costruiranno castelli e teatri, daranno vita a splendide stagioni di eventi e acquisteranno una strabiliante raccolta di capolavori, da Botticelli a Modigliani: una parte di essi costituiranno la “Collezione Gualino”, patrimonio della Galleria Sabauda di Torino.

  

La SNIA

La Snia fu fondata nel 1917 da Riccardo Gualino e Giovanni Agnelli come Società di Navigazione Italo Americana per il trasporto di materiali bellici dall’America all’Italia durante la seconda guerra mondiale.

images 2Lo stesso Riccardo Gualino, insieme con Franco Marinotti, la riconvertì in azienda per la produzione di fibre sintetiche, ribattezzandola Snia Viscosa. La Snia Viscosa fu quotata alla borsa di Milano nel 1922. Nel 1925 era la prima società italiana con un capitale sociale pari ad un miliardo di lire, oltre che la prima a essere quotata in una borsa estera (Londra e New York). 

Dopo varie vicende, nel 1974 entrò a far parte di Montedison e con il nome di Snia BPD nel 1980 venne acquistata da FIAT, che a sua volta la cedette nel 1998 per 2.100 miliardi di lire.
Nuova crisi societataria fino a quando, il 16 aprile 2010, il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza di SNIA S.p.A., dando luogo all’avvio della procedura di amministrazione straordinaria.

Gualino iniziò, investendo i capitali esuberanti dell'attività, la storia di un industria, quella che allora era chiamata "la seta artificiale".

 Furono assorbite la Società Viscosa di Pavia, della Italiana Fabbriche Viscosa di Venaria, nel 1920 e della Italiana Seta Artificiale di Cesano Maderno nel 1921.

Il programma si allargò, fin dal 1925, quando veniva iniziata la costruzione del nuovo stabilimento di Torino Stura e nel 1927 la SNIA Viscosa assumeva il controllo del Gruppo Seta Artificiale con gli stabilimenti di Varedo e di Magenta. La produzione annua di rayon che nel 1920 era di soli 500.000 kg, al momento della crisi del 1929 aveva superato i 9 milioni di kg.

A questo punto il proprietario del gruppo Riccardo Gualino si era avventurato in eccessi speculativi e si era trovato in urto con il governo in carica, che non lo aiutò a superare la crisi.
Dopo un "interregno" di Senatore Borletti, si fece largo un imprenditore che aveva fatto esperienza nel settore tessile con il commercio in Polonia e in Unione Sovietica: Franco Marinotti. Il nome commerciale della produzione era "seta Gloria".
L'era Fascista
images 7Nel corso del 1929 viene alla luce la disastrosa situazione finanziaria della Banca agricola italiana e, l'anno dopo, Gualino è costretto a cedere il pacchetto azionario di controllo della SNIA e molte altre partecipazioni mobiliari per ridurre almeno in parte il suo ingente indebitamento.
Il collasso del trust Gualino, consente a Mussolini di assumere gravi provvedimenti nei confronti dell'imprenditore, e non soltanto per aver provocato "grave nocumento all'economia nazionale", ma anche per aver espresso talvolta il suo dissenso nei confronti di alcune scelte di politica economica e per aver frequentato intellettuali antifascisti.
Nel luglio del 1930 i tecnici della SNIA Viscosa produssero al consiglio di amministrazione i dati di una relazione effettuata sugli effetti dell'esposizione al solfuro di carbonio utilizzato per la produzione massiva del rayon  che rivelavano il danno per la salute dei lavoratori con disturbi che variavano dai più lievi come la cefalea ai più gravi o fatali come la sterilità e l’avvelenamento.

Riccardo Gualino viene arrestato a Torino nel gennaio 1931 e condannato a cinque anni di confino. Trascorre il periodo di isolamento prima sull'isola di Lipari, in seguito a Cava dei Tirreni, e viene definitivamente liberato, per iniziativa diretta di Mussolini, nel settembre 1932.

Trasferitosi a Roma alla fine del 1933, l'imprenditore riesce a rientrare in possesso delle azioni di una sua antica creazione, l'industria chimica Rumianca. In seguito, coadiuvato dal musicologo Guido Maggiorino Gatti, promuove la costituzione di una casa di produzione cinematografica, la Lux film che, dopo la guerra, finanzia numerose opere in stile neorealista, pellicole di successo dirette da registi come Pietro Germi, Alberto Lattuada e Mario Soldati.

La Rumianca gli consente di tornare ai suoi progetti ottiene il brevetto per l’Italia del PVC, la nuova formula per la produzione di plastica a base di cloruro di polivinile e diventa il primo industriale italiano ad avviare la produzione di un materiale plastico, facendo realizzare ad Assemini, in provincia di Cagliari, il più grande stabilimento italiano per la lavorazione del PVC, uno dei materiali più utilizzati al mondo.

Torviscosa
Prima della definitiva bonifica realizzata dall'amministrazione fascista a partire dal 1927, la zona presentava le caratteristiche di una palude: la morfologia del terreno non permetteva infatti uno scolo adeguato delle acque dei corsi fluviali e non esistevano né canali di scolo né argini. Solo risaie che impiegavano manovalanza del circondario sino all'opera di risanamento conclusiva avvenuta in epoca fascista, nell'ambito di un grande progetto di espansione industriale che le trasformò completamente.
Sono di quest'epoca il razionale assetto viario, arredi, edifici pubblici e abitativi, impianti sportivi e strutture produttive che ne fanno uno degli esempi più interessanti di pianificazione urbanistica del Ventennio.

L'attuale centro nacque tra il 1937 ed il 1938 con la definitiva bonifica delle paludi, effettuata a partire dal 1927, la realizzazione di un canale navigabile e la fondazione di una fabbrica per la produzione di cellulosa, ricavata dalla lavorazione della canna gentile (Arundo donax) di cui il territorio è ricco, che viene poi utilizzata nella fabbricazione di fibre artificiali; il tutto nel quadro della politica di autarchia inaugurata dal Fascismo negli anni trenta.

La fabbrica che produceva la cellulosa per uso tessile, ovvero il rayon o la viscosa come l'intera città era di proprietà della SNIA.

Il processo produttivo venne meticolosamente descritto nel famoso cortometraggio del 1949 "Sette canne, un vestito" diretto da Michelangelo Antonioni, girato in buona parte proprio a Torviscosa. 

La società deve morirE

 È scritto nella "double face" della giustizia italiana. Già perchè la nuova finanza non tratta cianfrusaglie collaterali, tratta la filiera delle carcasse e di soldi privati e pubblici.

Per esempio: L'inchiesta ad opera dei PM Luigi Orsi e Mauro Clerici della Procura della Repubblica di Milano circa la scissione SNIA-Sorin del 2003, "ipotizzando il reato di falso in bilancio ed associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta per distrazione, che si sarebbe dispiegata sottraendo beni della società per 572 milioni di patrimonio netto conferendoli nella Sorin". In un linguaggio più piano i manager avrebbero fatto affluire alla società sana (Sorin, che, da sola, generava il 76% dei ricavi) gli attivi di Snia, depauperandola (Snia decretata poi insolvente dal Tribunale di Milano nell'aprile 2010).

Poco prima la  Snia aveva acquisito il controllo della Caffaro. Sette consiglieri del cda sono andati a processo con le accuse di concorso in bancarotta per distrazione e attraverso operazioni dolose nel creare la Sorin, good company che ha poi lasciato Caffaro in amministrazione straordinaria e di fatto senza denaro per bonificare il sito di Brescia Caffaro . Nel cda di Umberto Rosa, c’è Emilio Gnutti, bresciano e protagonista di una intensa stagione della finanza italiana.

Sette anni prima la Hopa di Emilio Gnutti aveva acquisito la maggioranza della società per poi separare le attività nel settore chimico da quelle nel biomedicale, conferite appunto a Sorin. Su quella scissione è stata aperta, nei confronti degli ex amministratori un’inchiesta per bancarotta, sfociata a febbraio nel rinvio a giudizio di Gnutti, Umberto Rosa, Carlo Callieri, Leonardo Bossini, Giorgio Cirla, Maurizio Dallocchio e Mauro Gambaro per concorso in bancarotta per distrazione e attraverso operazioni dolose. Nel 2014 il gup del tribunale di Milano, Vincenzo Tutinelli, ha però respinto tutte le richieste di costituzione di parte civile nel procedimento sul crac Snia. Tra cui quelle del ministero dell’Ambiente.

 Da qui l’ordinanza del ministero dell’Ambiente sulla bonifica del Sito di Interesse Nazionale Caffaro a carico della società Sorin: quest’ultima, recita la circolare del 2015 «obbliga le società per azioni interessate a svolgere tutte le attività necessarie per proseguire il progetto di bonifica dei siti d’interesse nazionale di Brescia Caffaro, Grado e Marano (Torviscosa) e Bacino del Fiume Sacco (Colleferro), colpiti da un grave danno ambientale per l’inquinamento prodotto dal gruppo Snia-Caffaro».

Prima il tribunale di Milano stabilisce che nella creazione di Sorin non fu nessuna irregolarità e che dunque la società non è tenuta a risarcimenti, poi il tar mette in pratica la parola fine: il ricorso delle società contro il ministero dell’Ambiente è stato accolto. La responsabilità dell’inquinamento, per i giudici amministrativi, non è delle società in questione, perché all’acquisto delle azioni Snia tra il 1999 e il 2002 la produzione di veleni, in particolare pcb, nelle aree era già cessata da tempo, almeno dal 1984.

Solo a Brescia sarebbero dovuti arrivare circa 1,5 miliardi di euro dei 3,5 totali. Denari che ormai, a meno di un ulteriore ricorso del ministero vittorioso al consiglio di Stato (un’opzione ormai remota vista anche la durezza con cui il tar ha di fatto demolito l’ordinanza del ministero), non arriveranno certo dal privato. Per i giudici amministrativi l'ordinanza poi impugnata dai soci della Sorin è caratterizzata da «Irrazionalità, illogicità ed ineseguibilità».

La bonifica del sito bresciano è praticamente al palo: poco meno di 13 milioni stanziati, «un’inezia», la definita il commissario alla bonifica Roberto Moreni e una ricognizione depositata dallo stesso Galletti in commissione rifiuti su cui si legge senza mezzi termini che “il Commissario ha comunicato l’impossibilità di procedere alla bonifica del sito per mancanza di risorse finanziare”, senza contare che l’avanzamento dei lavori di bonifica conclusi marcano appena l’1% dell’intera area del Sin di Brescia”. Nei mesi scorsi il ministro aveva paventato l’arrivo di 40 milioni di euro, che però non si sono ancora visti.

Dal sito Caffaro arrivano ancora circa 480 chili l’anno di veleni che finiscono nei canali irrigui intaccando anche le colture che vengono utilizzate per l’alimentazione animale. In cinquanta anni di attività nel settore della chimica, la Caffaro, che dal 2002 è entrato nella lista dei Siti inquinati di Interesse Nazionale (SIN), ha prodotto, secondo una relazione dell’Arpa 500 chilogrammi di diossine, con una tossicità che ha eguagliato quella del disastro ambientale di Seveso dopo l’incidente alla Icmesa nel 1976. Lo stabilimento è fermo dal 1983 e di fatto la bonifica non è mai partita, e difficilmente partirà a breve. Non a caso pubblicamente si parla e si parlerà di “messa in sicurezza” dell’area. da Linkiesta 

Di chi sono oggi le aree

Nel momento di massimo splendore, intorno agli Anni Sessanta, a Varedo lavoravano più di seimila persone. Ora l’area è divisa in tre macroproprietà e ha un valore che si aggira intorno ai 70-80 milioni di euro.

Nonostante ci siano vari proprietari riottosi che al di là dei lavori di bonifica, imposti per altro da Regione Lombardia, sembrano essersi dimenticati delle proprie aree ex-Snia.

Non è difficile comprendere chi siano  attualmente i proprietari delle grandi aree italiane abbandonate dal sogno industriale. Banche, azionariato immobiliare, e lo stato.

Ci aveva colpito una notizia

Apparentemente marginale perchè locale. Avviene a Legnano nel giugno 2011.

«A te i tuoi soldi, a noi il lavoro». Ieri mattina una trentina di cassintegrati ha protestato a Milano, davanti alla sede di UniCredit di piazza Cordusio. Una manifestazione promossa dalla Confederazione unitaria di base (Cub) e dal Comitato magentino Dignità e Lavoro per sollecitare l’istituto bancario ad agevolare la cessione delle aree Novaceta alla società italo-americana che ha presentato un piano industriale di rilancio.

«I lavoratori chiedono a UniCredit di accelerare la chiusura della trattativa e l’occupazione di 169 persone. Il 22 luglio scade la cassa integrazione: se non si arriverà a un’intesa scatteranno i licenziamenti». La protesta è proseguita fino al primo pomeriggio. I lavoratori della Novaceta hanno organizzato un presidio con striscioni e fischietti. «L’azienda tessile leader mondiale non deve chiudere», recitavano uno stendardo. «Il nodo della trattativa tra la banca e gli acquirenti riguarda la bonifica dei terreni -spiega Giovanni Cippo, segretario nazionale dell’Allca Cub (Associazione Lavoratrici Lavoratori Chimici e Affini -.  Gli imprenditori hanno una perizia, UniCredit ne ha un’altra. Le parti danno una valutazione diversa dell’intervento di bonifica. E questo incide sulla valutazione economica dei terreni».

«Unicredit ribadisce che, nei limiti del proprio ruolo di creditore della fallita società e di proprietaria dell’area, è stata sempre impegnata a favorire una soluzione che consentisse la ripresa dell’attività industriale ex Novaceta - spiega la banca in una nota -. Purtroppo tale impegno non è mai stato riscontrato da alcuna proposta concreta da parte di soggetti evidentemente solo in astratto interessati.

Nell’auspicio di ricevere quanto prima una proposta reale su cui sia possibile avviare una trattativa, UniCredit continua a lavorare con la massima trasparenza e disponibilità, anche nei confronti delle parti sociali e delle istituzioni, per una positiva conclusione della vicenda». Lunedì la società italo-americana formata dalla bresciana Avalon e da imprenditori della Repubblica di Panama e UniCredit si ritroveranno davanti al prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi.

A giorni è attesa l’offerta che i "soci panamensi" sono disposti a mettere sul tavolo per acquistare i terreni di viale Piemonte!

Davvero una fine ingloriosa per SNIA nata con politiche all'avanguardia, protagonista del ’900 industriale con società mista di capitali pubblici e privati, anche perchè a quei tempi per chi vi lavorava la proprietà aveva costruito case, luoghi di cultura, campi da tennis e da calcio e persino organizzava esibizioni di mandolino, esattamente tutto quello che l'individualismo attuale a portato alla rovina.

 

L'industria del Rayon

 archivio storico luce reparto attualitàIl Rayon è una fibra trasparente che si ottiene dalla cellulosa. La cellulosa viene trattata con una base e solfuro di carbonio per produrre viscosa. Le fibre di cellulosa del legno o del cotone (piante naturali) vengono sciolte con soda caustica reagente con il solfuro di carbonio dando in uscita un composto solubile in acqua (soluzione colloidale), chiamata viscosa.  Questa fatta passare attraverso piccoli ugelli in un bagno di acido si riconverte a cellulosa. Lo stesso processo, utilizzando sottili fessure al posto degli ugelli, fornisce il cellophane. Il rayon fu inizialmente chiamato "seta artificiale" o "seta del legno" e il nome rayon fu usato per la prima volta nel 1924. Il rayon viscosa in fiocco, denominato generalmente fiocco, viene esclusivamente impiegato in misto con cotone o lana per la produzione di filati con costi più contenuti (maglieria intima, calzetteria, tessuti per abbigliamento estivo, tessuti per arredamento, tendaggi, tovagliati, tappeti). da Wikipedia

Nel 1937 la SNIA commercializza la Lanital, una fibra autarchica tratta dalla caseina, la proteina del latte.

Ciclo della lana artificialeGiornale Luce B1205 del 24/11/1937

Descrizione sequenze:l'ingresso della mostra del Tessile Nazionale ; visione panoramica di alcuni padiglioni della mostra ; il padiglione della SNIA VISCOSA ; le varie fasi della lavorazione con cui il latte si trasforma in lana ; la separazione della panna dal latte magro ; operazioni di lavaggio, esicazione, macinazione del latte magro per produrre la caseina tessile ; i vari passaggi della lavorazione che trasforma la caseina tessile in una fibra che viene lavata, essicata pronta per essere lavorata come la lana ; operazioni di cardatura, pettinatura, filatura della fibra prodotta ; la lavorazione della lana attraverso i telai ; la produzione di pregiate stoffe ; Archivio Storico Luce http://www.archivioluce.com .

Non solo SNIA

Negli stessi anni in Italia l'industria della seta arificiale si sviluppò a Châtillon, in Valle d'Aosta, localizzazione scelta per usufruire della vicinanza alle centrali elettriche, con la costruzione di impianti anche a Ivrea e a Vercelli (Società Soie de Châtillon); a Forlì, con la SAOM dell'imprenditore Paolo Orsi Mangelli, il quale poi produrrà il tessuto detto, dal nome della città, Forlion e fonderà la OMSA. Nel 1929, gli stabilimenti Mangelli sono la prima ditta italiana a produrre cellophane; a Pallanza, con uno stabilimento di acetato della Rhodiaseta, poi divenuta Rhodiatoce (con brevetti Rhône-Poulenc); a Gozzano (Novara) con uno stabilimento con il processo al cuproammonio che utilizza cellulosa finissima (linter di cotone) della società Bemberg; a Pizzighettone (CR) stabilimento Pirelli-Sicrem per la produzione di cordene (fibra ad alto modulo per le tele utilizzate nella fabbricazione degli pneumatici); a Piacenza la SAFTA Società Anonima Fibre Tessili Artificiali produceva rayon dal 1923. Nel dopoguerra modificò gli impianti per produrre il cellophane; a Rieti con la Supertessile, fondata nel 1928 dalla Società Generale Italiana della Viscosa e rimasta operativa fino al terzo millennio con il nome di Nuova Rayon Italia; a Magenta nasce nel 1951 Novaceta come joint venture tra SNIA e Courtaulds (Il 27 luglio 2010 Novaceta S.p.A. è stata ammessa alla procedura fallimentare ed è in liquidazione.)

 

 Esploratori

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Mai riuscito a rispondere compiutamente alle uniche importanti domande della vita: “quanto costa?”, “quanto ci guadagno?”. Quindi “so e non so perché lo faccio …” ma lo devo fare perché sono curioso. Assecondami.

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