Ecco i nuovi Boiardi dell'Est che s'ingrassano con i contributi UE

Un' approfondita inchiesta giornalistica a largo raggio di Daniela Gschweng  che per la prima volta riesce a fare il punto sullo stretto rapporto tra i contributi europei per l'agricoltura e i governi  dell'Europa dell'Est. I pagamenti diretti e le sovvenzioni, tuttavia, nell'Europa dell'est hanno creato qualche problema di potere. Un tempo le condizioni generali in quei paesi erano completamente diverse: i lavoratori gestivano la terra per conto dello stato, il quale la possedeva. Con il crollo del blocco orientale e la successiva privatizzazione, i governanti hanno avuto un'opportunità unica per garantirsi il loro futuro politico ed economico.

di  Daniela Gschweng

Agricoltura rais

Quando nell'UE si parla di agricoltura, si tratta principalmente di soldi. Un sacco di soldi: l'Unione distribuisce 60 miliardi di euro all'anno agli agricoltori europei, tre volte più degli Stati Uniti. All'inizio si trattava di fondi pensati per promuoverne la coesione e sostenere la trasformazione dell'UE in una unione economicamente equilibrata. Le regioni agricole non dovevano restare desolate ma mantenere la loro competitività. Per le piccole imprese i contributi europei sono una garanzia, se non un vero e proprio prerequisito per l'esistenza. Poiché una parte di tali contributi viene calcolato in base alla superficie, ad avvantaggiarsene, tuttavia, sono soprattutto le aziende piu' grandi. L'80 % del denaro finisce al 20% delle aziende piu' grandi.

Il New York Times (NYT) recentemente ha documentato come i sussidi destinati all'Europa orientale abbiano creato un sistema quasi feudale. Sui terreni agricoli dell'UE, infatti, i fondi comunitari spesso vengono utilizzati per coltivare interessi politici. Il giornale con una inchiesta ha mostrato il modo in cui i sussidi comunitari nell'Europa orientale hanno promosso la corruzione e reso le aristocrazie locali ancora più ricche.   

La maggior parte dei sussidi agricoli arriva a Francia, Italia, Spagna e Germania, vale a dire i paesi che danno il maggior contributo alla produzione agricola dell'UE. Una parte minore della somma stanziata è destinata all'Europa centrale e orientale. 

I pagamenti diretti e le sovvenzioni, tuttavia, nell'Europa dell'est hanno creato qualche problema di potere. Un tempo le condizioni generali in quei paesi erano completamente diverse: i lavoratori gestivano la terra per conto dello stato, il quale la possedeva. Con il crollo del blocco orientale e la successiva privatizzazione, i governanti hanno avuto un'opportunità unica per garantirsi il loro futuro politico (ed economico) grazie ai grandi appezzamenti di terra sovvenzionati attraverso le pratiche di distribuzione dell'UE. Chiunque abbia la terra incassa i soldi - e quindi ottiene potere.

Chi incassa per conto di chi, è difficile da determinare, scrive il "New York Times". Alcuni paesi pubblicano dati (qui un esempio per la Germania, con i dieci maggiori destinatari tedeschi del 2018). L'UE pubblica alcune informazioni e mantiene una banca dati non pubblica. In parte c'è una mancanza di trasparenza su chi sia il proprietario di quale terreno, perché risalire alla proprietà è complesso, oppure viene deliberatamente nascosto. A volte anche i legislatori di Bruxelles non hanno idea di dove stiano finendo i fondi dell'UE. 

Il giornale ha creato un proprio database con i registri societari, i dati sulle vendite e  le locazioni di terreni, nonché i documenti trapelati e i registri non pubblici di informatori e ricercatori, cercando di risalire alla proprietà. I redattori hanno lavorato con dei giornalisti locali che hanno indagato sugli abusi in materia di terreni agricoli, nonostante le restrizioni alla libertà di stampa. Ad esempio in Repubblica ceca : il più noto beneficiario di sussidi europei è il primo ministro Andrej Babis.

Il politico più potente della Repubblica ceca, infatti, secondo il senatore ceco Lukas Wagenknecht, sarebbe "completamete finanziato dall'UE". Le sue società l'anno scorso, secondo una ricerca della NYT, hanno ricevuto contributi europei per almeno 42 milioni di dollari. Le analisi condotte dall'UE mostrano che ha un chiaro conflitto di interessi e che potrebbe aver commesso delle truffe. La legislazione della Repubblica Ceca negli ultimi anni è stata adattata in modo da rendere più facile alle grandi aziende ottenere più sussidi.  

Bulgaria: secondo la "Accademia bulgara delle scienze", nel 2015 tre quarti dei fondi per l'agricoltura pagati sono andati a 3.700 destinatari, che però rappresentano solo 100 aziende. Meno del 2% delle imprese agricole coltiva l'82% della superficie del paese. Questa concentrazione porta a monocolture in cui si coltiva principalmente il grano.

Le coltivazioni di frutta e verdura, tipiche della regione, come il bestiame, nella regione vengono trascurate, osserva il rapporto. Nella primavera del 2019, i controlli hanno rivelato legami tra i funzionari governativi e gli imprenditori agricoli. in Bulgaria, il più grande produttore di farina attualmente è in attesa di processo.  

Slovacchia: i piccoli agricoltori riferiscono di essere stati aggrediti e ricattati perché possiedono terre preziose per i sussidi. Nel 2018 il giornalista Ján Kuciak è stato ucciso a colpi di arma da fuoco per aver indagato sul rapporto fra la mafia italiana e il settore agricolo del paese. Il procuratore capo della Slovacchia ha riconosciuto l'esistenza di un "mafia agraria".  

La ricerca sposta poi il suo focus sull'Ungheria, il cui capo di governo Victor Orban spesso critica l'UE, ma che sin da subito ha saputo riconoscere il valore dei sussidi europei. Grazie alla locazione e alla vendita di terreni, infatti, è riuscito ad assicurare il potere a se stesso, alla sua famiglia e al partito Fidesz. "Un sistema che non ha inventato, ma che utilizza in maniera efficiente", afferma l'ex ministro dell'agricoltura ungherese Gyorgy Rasko.  

Già alla fine del suo primo mandato nel 2002, due anni prima dell'ingresso ufficiale dell'Ungheria nell'UE, Orban ha venduto a investitori privati ​​con i quali aveva legami politici, dodici società agricole di proprietà statale. La "sporca dozzina", come furono chiamate allora. Assicurandosi dei diritti esclusivi sulla terra per 50 anni sono riusciti a garantire il futuro politico di Orban.  

Ad aiutarlo nella sua rielezione erano state prorio le prosteste dei contadini. E qualcuno che per loro si era battuto. Il professore e ingegnere agricolo József Ángyán immaginava un futuro sostenibile per i piccoli proprietari ungheresi, per questo aveva fondato vari programmi universitari e gestiva una fattoria biologica di 450 ettari. Orban in caso di elezione avrebbe dovuto fornire supporto ai suoi programmi, vittoria elettorale che ha ottenuto proprio grazie al sostegno degli agricoltori. "Io gli ho anche creduto", ha detto Ángyán al New York Times. Un grave errore.  

Nel 2010 Orban è diventato nuovamente Primo Ministro e ha nominato Ángyán sottosegretario di Stato presso il Ministero dell'agricoltura ungherese. I vincitori delle elezioni tuttavia non hanno mantenuto le loro promesse. Nel giro di un anno Orban ha venduto e affittato grandi proprietà ai suoi alleati. Centinaia di migliaia di ettari, che ufficialmente erano destinati a piccoli offerenti locali, durante le aste sono finiti ai politici amici. Il contratto di locazione era economico, a volte a fare l'offerta si presentava un solo offerente.  

I terreni sono stati seguiti dai sussidi. Ángyán è stato ingannato e ha messo in conto che l'operato di Orban avrebbe ampliato il divario tra ricchi e poveri trasformando il suo Fidesz nel "signore" dell'Ungheria rurale. "È un sistema assolutamente corrotto", ci dice oggi. Nel 2012, si è dimesso dal governo, ma è rimasto membro del parlamento. Oggi Ángyán è scomparso dalla vita pubblica. Il contratto di locazione della sua fattoria biologica è stato disdetto dal governo, il suo dipartimento presso l'Università di Szent István è stato chiuso. Verso la fine dell'inchiesta, ha anche perso i contatti con il New York Times. 

La svendita è andata avanti. Molte piccole fattorie ungheresi ora sono circondate da grandi fattorie. I piccoli agricoltori, che vogliono affittare o acquistare terreni, spesso non sono nemmeno a conoscenza delle aste, anche se in realtà come aziende locali avrebbero dei diritti preferenziali. Oppure si consiglia di non fare offerte, perché il futuro inquilino o proprietario è già stato individuato.  

Il pensionato Ferenc Horvath, intervistato dal New York Times, ad esempio ha scoperto per la prima volta che i terreni pubblici che circondano il suo piccolo terreno erano stati privatizzati quando il nuovo proprietario ha messo delle recinzioni. Non aveva mai sentito parlare della vendita imminente. Horvath ora è circondato da un allevamento di suini di proprietà di Lorinc Mészáros, un amico d'infanzia di Orbán.  

Mészáros, che nel 1990 era proprietario solo di una piccola società di fornitura di gas, ora è miliardario e per il gran divertimento dei media ungheresi, ama paragonarsi a Mark Zuckerberg. La sua carriera eccezionalmente rapida si è basata sui fondi UE e sui contratti governativi. Solo nel distretto di Fejer, dal quale proviene anche Victor Orban, la sua famiglia ha acquistato 3.800 ettari di terra. Il genero di Orban e un altro "amico" possiedono altre grandi proprietà nelle vicinanze.  

I piccoli proprietari terrieri non possono fare molto contro tali truffe. Da un lato, essi stessi beneficiano dei fondi UE. Dall'altro se diventano fastidiosi rischiano di finire su delle cosiddette "liste nere". Ciò significa controlli frequenti e senza preavviso sugli standard ambientali o sulla qualità dell'acqua utilizzata nel loro lavoro, e altre angherie varie. Inoltre non vengono piu' presi in considerazione per ulteriori acquisti di terreni o domande di locazione.  

Anche l'UE è in gran parte impotente. Negli ex paesi del blocco orientale, l'Unione è spesso vittima dei suoi stessi principi che prevedono una certa sovranità nazionale. L'assegnazione dei terreni e i controlli alimentari sono di competenza del governo ungherese, come anche la distribuzione dei fondi UE. L'Ungheria sostiene di operare in tutti gli ambiti correttamente e secondo la legge.  

Quello che succede con i fondi dei paesi membri dell'UE è di competenza dei singoli paesi. La trasparenza e la sorveglianza sui sussidi agricoli sono sicuramente migliorati sin dall'allargamento ad Est, le nuove regole hanno sicuramente maggiori probabilità di rendere piu' difficili le frodi individuali, ma non la manipolazione degli Stati. "L'Unione europea ha strumenti molto limitati per trattare con gli stati che si comportano da gangster", afferma Tomás García Azcárate, un funzionario agricolo europeo di lunga data, "vale per la politica, e l'agricoltura. È un vero problema».

Daniela GschwengDaniela Gschweng

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