«Wir schaffen das», ce la faremo. E per Angela cominciarono i guai

Migliaia di profughi stanno per giungere alla frontiera, che fare? Frau Angela Merkel rivive il dramma del 4 settembre 2015, quando decise di accogliere tutti i profughi.

fuggiaschi berlinMa alla tv, lo Zdf, il secondo canale pubblico, ha mandato in onda Stunden der Entscheidung- Merkel und die Flüchtlinge, le ore della decisione-Merkel e i fuggiaschi, come più esattamente e con meno ipocrisia i tedeschi chiamano i nostri migranti. Un Dokudrama, un misto di spezzoni originali, interviste con i protagonisti di allora, e scene ricostruite dal regista Christian Twente, 24 ore fatali rivissute in 90 minuti.

I tedeschi sono bravissimi in questi compromessi fra realtà e finzione, aiutati dai politici che non mettono censure o che protestano perché l'attore o l'attrice non gli assomiglia per niente. Heike Reichenwaller è brava e credibile come cancelliera: si vede la vera Angela nei filmati di allora salire in auto, e un secondo dopo vediamo Heike seduta nella limousine che affamata addenta un enorme hamburger. È vero che Frau Merkel in quell'ora decisiva si ristora con una polpetta? Non possiamo dimostrarlo ma ne siamo quasi certi, rispondono gli autori Sandra Stöckmann e Marc Brost, giornalista della Zeit. L'appartamento privato, le abitudini di Frau Angela (beve caffè), e i dialoghi sono stati ricostruiti parlando con i suoi collaboratori, anche se nessuno di loro ha voluto essere ripreso.

Quel 4 settembre del 2015, il giorno in cui tutto cambiò in Germania, in Europa, e in particolare per l'Italia, fu una normale giornata faticosa per la cancelliera, da dieci anni ormai al potere. Un incontro con manager a Essen, nella Ruhr, un appuntamento a Colonia, un salto in Baviera dove l'attendono bambini festanti, in aereo per Berlino a tarda sera. Intanto giungono notizie allarmanti da Budapest. Alla stazione da giorni bivaccano i fuggiaschi dalla guerra in Siria (colpa di Obama, Nobel per la pace, ma si sorvola). Orban non li vuole accogliere e non li lascia partire. Stanco, il giovane siriano Mohammad Zatareih, decide di andarsene, e altri duemila lo seguono. È l'inizio della March of Hope, la marcia della speranza, 190 chilometri a piedi lungo l'autostrada verso l'Austria, e poi la Baviera.

Dall'auto, dall'aereo, Frau Angela telefona a Orbàn, parla con il governo austriaco, con i suoi collaboratori, e con i ministri socialdemocratici, il vice della cancelliera Sigmar Gabriel. Vienna attende la decisione dei tedeschi: lascerà entrare i profughi se poi potranno proseguire per la Germania. Orbàn non ne vuol sapere. Il premier della Baviera, il falco Horst Seehofer, è l'unico che non si fa trovare. La fine è nota.

Nell'ora del destino, Angela decide in nome dell'umanità: entrano tutti. Duemila il 5 settembre, e dopo 10 mila al giorno, in quattro mesi saranno un milione e 100 mila. E oggi i populisti dell'AfD trionfano, sono il terzo partito a livello nazionale, il secondo all'Est. Per colpa di Angela, accusata di aver tradito gli interessi nazionali. E Horst, il falco, oggi ministro degli interni, minacciò di denunciarla alla Corte Costituzionale.

Doveva essere una decisione unica, in una situazione di emergenza, ricorda Angela nel film, «che non si dovrà ripetere». E si aspettava la solidarietà dei partner nella Ue, «questo è un problema europeo». La stiamo sempre attendendo. Lei si preoccupò di chiudere la rotta dei Balcani, pagò Erdogan con cinque miliardi di euro, anche nostri, perché trattenesse i fuggiaschi in Turchia, ma si «dimenticò» del Mediterraneo e Lampedusa.

Il 4 settembre fece bene. Cosa sarebbe avvenuto se avesse mandato l'esercito a fermare i disperati? Ecco, i tedeschi sempre nazisti. Quel milione di disperati, respinto anche dall'Austria, sarebbe finito a Trieste. E che Frau Angela si sia scelta i siriani perché sono i più istruiti, e la sua Germania ha bisogno di lavoratori, è ovviamente una balla storica, una fake news. In quei giorni caotici come sarebbe stato possibile? E entrarono tutti nelle settimane seguenti, dal Pakistan, dall'Afghanistan, dal Maghreb.

«Wir schaffen das», ce la faremo, dichiarò Angela. E i tedeschi cercarono di farcela, ma era un'impresa fuggiaschiimmane, erano giunti troppi in troppo breve tempo. Mohammad oggi è diventato un fotoreporter a Berlino, parla bene il tedesco, ma pochi di quei fuggiaschi oggi hanno un'occupazione, o svolgono lavori semplici e vivono grazie all'assistenza sociale (circa 43 mila operai specializzati o professionisti).

Il film si conclude con le urla e gli insulti rivolti dai populisti alla cancelliera. Ma si sorvola su un'altra notte decisiva, quella di San Silvestro, di quell'anno a Colonia, quando 2 mila arabi, quasi tutti maghrebini, aggredirono un migliaio di donne.

Fu il Wendepunkt, il punto di svolta. Invano i mass media cercarono di tenere nascosta la notizia, e dopo di sostenere che a Colonia i colpevoli non erano i fuggiaschi di settembre. Nulla fu come prima.

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Roberto Giardina

Roberto Giardina, dal 1986 in Germania, è corrispondente per il QN (Giorno-Resto del Carlino- La Nazione) e Italia Oggi. È presente su Berlin89 con la rubrica Pizza con crauti.  
Autore di diversi romanzi e saggi, tradotti in francese, spagnolo, tedesco. 

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