Sistema Sanitario Nazionale
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Art. 32 Costituzione Italiana
Fu 30 anni dopo che i legislatori con la legge 833 "legge di Riforma sanitaria" cambiarono il volto della sanità italiana imponendo l’uguaglianza delle cure per ogni cittadino italiano indipendentemente dal lavoro svolto e senza distinzione di censo e di reddito.
La legge è stata promulgata il 23 dicembre del 1978 ed è stata, sul piano politico, il frutto di un’intesa bipartisan, fondamentalmente fra la Democrazia Cristiana (che all’epoca aveva espresso Tina Anselmi come Ministro della Sanità) e il Partito Comunista, nel clima culturale del «compromesso storico».
Prima della riforma la sanità era "disordinata" con tante Mutue gestite con criteri assicurativi: lavoratori e aziende versavano il loro contributo per usufruire dell’assistenza.
Medici della mutua, e medici (e ostetriche) condotti (che dipendevano dai comuni e si occupavano anche di igiene pubblica) e di tanti altri enti che funzionavano per conto loro. C’erano ad esempio gli ospedali materno-infantili e ancora prima l’Omni, l’Opera nazionale per l’assistenza alla maternità e infanzia, istituita durante il fascismo (e soppressa nel 1975). E c’erano l’Inail, l’Istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e l’Inps (Istituto Nazionale della previdenza sociale) che forniva all’epoca, anche assistenza.
Soprattutto la riforma interviene sulla "Tutela della salute pubblica e l'assistenza" integrando i percorsi consolidati della sanità in Italia a partire dalla fine del 1800: quello della tutela della salute pubblica (legge Crispi -Pagliani del 1888) e quello dell’assistenza ai singoli che aveva visto l’introduzione del sistema delle casse mutue a partire dal 1898 fino alla loro unificazione nell’Inam (Istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie, l’ente mutualistico più importante) nel 1943».
Vengono istituite le Usl, Unità sanitarie locali che riassumevano tutte le competenze, dalla prevenzione alla cura, dall’assistenza ambulatoriale e specialistica a quella ospedaliera, secondo una concezione di salute intesa come benessere complessivo.
Fa eccezione la Lombardia che, con il suo «Rito ambrosiano» anche in Sanità, istituisce le Ussl: Unità socio-sanitarie assistenziali, che inglobano anche il concetto di assistenza sociale (dal 2016 trasformate in Asst, Azienda socio-sanitaria territoriale).
Il prima e il dopo
Ad esempio. Prima se ha una mutua, una donna che deve partorire, può rivolgersi a un ginecologo e prevedere un ricovero in ospedale per il parto: le spese saranno coperte nei limiti previsti dalla sua mutua. Se per caso il parto è complicato e richiede interventi extra, magari dovrà integrare di tasca propria. Altrimenti c’è l’ostetrica «condotta» , per chi l’ospedale non se lo può permettere, e farà nascere il bambino in casa. Se tutto va bene, ma il parto può anche comportare complicanze, se come allora, si usava ancora il forcipe: per esempio danni cerebrali. In questo caso l’assistenza e le cure per il bambino sono tutte a carico della famiglia.
Oggi una mamma può essere assistita prima, durante (in ospedale, di solito) e dopo il parto con il nostro Sistema Sanitario Nazionale gratis, salvo pagamenti di ticket. E se il bambino ha problemi, per esempio nasce con una malattia congenita, nella stragrande maggioranza dei casi può contare su un’assistenza sanitaria, più o meno gratuita a seconda dei casi.
La seconda (e la terza) Riforma
Nel tempo la 833 ha subito alcune modifiche, tanto che si parla di seconda Riforma (la legge De Lorenzo numero 502 del 1992 e completata dal decreto Garavaglia del 1993) e di riforma Ter, la legge Bindi del 1999 numero 229.
Con la riforma De Lorenzo le Usl sono diventate Asl, cioè aziende sanitarie e così pure i grandi ospedali (che, per la verità erano già stati oggetto di riforma prima del 1978, ed erano stati trasformati in enti pubblici e classificati in diversi livelli, per esempio, provinciale, regionale).
La riforma bis è dettata dalla necessità di contenere i costi “esplosivi” della sanità legati soprattutto al processo di invecchiamento della popolazione e alle nuove tecnologie. La legge introduce il concetto di aziendalizzazione e, quindi, di gestione manageriale della sanità: in pratica si sostituiscono gli organi politici, che la gestivano, con organi tecnici».
Ultimo atto di riforma, la legge Bindi «per la razionalizzazione del sistema sanitario»: fra le altre cose, ristabilisce i rapporti fra gli enti locali, dando più autonomia alle Regioni, introduce il concetto di accreditamento per le strutture sanitarie così da garantire un buon livello di prestazioni ai cittadini che, a loro volta, sono chiamati a partecipare alla valutazione di queste ultime. E cerca di migliorare la comunicazione fra pazienti e Sistema sanitario attraverso la Carta dei servizi.
Se ci può essere di conforto la Sanità italiana è ai primi posti nel mondo
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