Immigrazione. Una specifica riluttanza all'italiana
Paolo Molina il .
Lo ius soli è un'espressione giuridica di origine latina che indica invece l'acquisizione della cittadinanza per il fatto di nascere nel territorio statale, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori.
Con il rafforzarsi dell'immigrazione le modalità di acquisizione della cittadinanza sono rimaste fra le tematiche che più animano i dibattiti dei moderni Stati democratici. Fra le cause scatenanti, da un lato, i popoli e il loro vivere oramai globalizzato, dall’altro parte le ondate migratorie che sempre più raggiungono le coste europee.
In Italia il concetto di cittadinanza è disciplinato dalla Legge n. 91 del 5 febbraio 1992, la quale, modificata ed integrata nel tempo, disciplina tanto i modi di acquisto (in capo agli individui) che di richiesta (da parte degli stranieri) della cittadinanza.
La possibilità di acquisto Iure soli, quindi, rappresenta solo una eventualità residuale, salvo e solo in alcuni casi particolari, disciplinati dalla medesima Legge, si può essere cittadini italiani per nascita, quindi solo eccezionalmente è possibile che un individuo, nato sul territorio italiano e per tal motivo, sia riconosciuto quale cittadino dello Stato. Nel dettaglio:
- se nasce sul territorio italiano da genitori apolidi;
- se nasce sul territorio italiano da genitori ignoti;
- se nasce sul territorio italiano da genitori che non possono trasmettere - secondo la legge dello Stato di provenienza - la propria cittadinanza.
L. 5 febbraio 1992, n. 91 - Nuove norme sulla cittadinanza
Nuove norme sulla cittadinanza (1/a) (1/circ).
1.1 È cittadino per nascita:
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.
2. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.
2. 1. Il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale della filiazione durante la minore età del figlio ne determina la cittadinanza secondo le norme della presente legge.
2. Se il figlio riconosciuto o dichiarato è maggiorenne conserva il proprio stato di cittadinanza, ma può dichiarare, entro un anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione giudiziale, ovvero dalla dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero, di eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai figli per i quali la paternità o maternità non può essere dichiarata, purché sia stato riconosciuto giudizialmente il loro diritto al mantenimento o agli alimenti.
3. 1. Il minore straniero adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza.
2. La disposizione del comma 1 si applica anche nei confronti degli adottati prima della data di entrata in vigore della presente legge.
3. Qualora l'adozione sia revocata per fatto dell'adottato, questi perde la cittadinanza italiana, sempre che sia in possesso di altra cittadinanza o la riacquisti.
4. Negli altri casi di revoca l'adottato conserva la cittadinanza italiana.
Tuttavia, qualora la revoca intervenga durante la maggiore età dell'adottato, lo stesso, se in possesso di altra cittadinanza o se la riacquisti, potrà comunque rinunciare alla cittadinanza italiana entro un anno dalla revoca stessa.
4. 1. Lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, diviene cittadino:
a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di voler acquistare la cittadinanza italiana;
b) se assume pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana;
c) se, al raggiungimento della maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquistare la cittadinanza italiana.
2. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.
5. 1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale.
6. 1. Precludono l'acquisto della cittadinanza ai sensi dell'articolo 5:
a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;
b) la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
c) la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.
2. Il riconoscimento della sentenza straniera è richiesto dal procuratore
generale del distretto dove ha sede l'ufficio dello stato civile in cui è iscritto o trascritto il matrimonio, anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1, lettera b).
3. La riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi della condanna.
4. L'acquisto della cittadinanza è sospeso fino a comunicazione della sentenza
definitiva, se sia stata promossa azione penale per uno dei delitti di cui al comma 1, lettera a) e
lettera b), primo periodo, nonché per il tempo in cui è pendente il procedimento di riconoscimento della sentenza straniera, di cui al medesimo comma 1, lettera b), secondo periodo. (giurisprudenza)
7. 1. Ai sensi dell'articolo 5, la cittadinanza si acquista con decreto del Ministro
dell'interno, a istanza dell'interessato, presentata al sindaco del comune di residenza o alla competente autorità consolare (1/b).
2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 12 gennaio 1991, n. 13 (2). (giurisprudenza)
8. 1. Con decreto motivato, il Ministro dell'interno respinge l'istanza di cui all'articolo 7 ove sussistano le cause ostative previste nell'articolo 6. Ove si tratti di ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica, il decreto è emanato su conforme parere del Consiglio di Stato. L’istanza respinta può essere riproposta dopo cinque anni dall'emanazione del provvedimento.
2. L'emanazione del decreto di rigetto dell'istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell'istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni. (giurisprudenza)
9. 1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente
della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno:
a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c);
b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede
legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;
c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;
d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;
e) all'apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;
f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato.
10. 1. Il decreto di concessione della cittadinanza non ha effetto se la persona a cui si riferisce non presta, entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato. (giurisprudenza)
11. 1. Il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può ad essa rinunciare qualora risieda o stabilisca la residenza all'estero.
12. 1. Il cittadino italiano perde la cittadinanza se, avendo accettato un impiego pubblico od una carica pubblica da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l’Italia, ovvero prestando servizio militare per uno Stato estero, non ottempera, nel termine fissato, all'intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di abbandonare l’impiego, la carica o il servizio militare.
2. Il cittadino italiano che, durante lo stato di guerra con uno Stato estero, abbia accettato o non abbia abbandonato un impiego pubblico od una carica pubblica, od abbia prestato servizio militare per tale Stato senza esservi obbligato, ovvero ne abbia acquistato volontariamente la cittadinanza, perde la cittadinanza italiana al momento della cessazione dello stato di guerra.
13. 1. Chi ha perduto la cittadinanza la riacquista:
a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara previamente di volerla riacquistare;
b) se, assumendo o avendo assunto un pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, dichiara di volerla riacquistare;
c) se dichiara di volerla riacquistare ed ha stabilito o stabilisce, entro un anno dalla dichiarazione, la residenza nel territorio della Repubblica;
d) dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la residenza nel territorio della Repubblica, salvo espressa rinuncia entro lo stesso termine;
e) se, avendola perduta per non aver ottemperato all'intimazione di abbandonare l'impiego o la carica accettati da uno Stato, da un ente pubblico estero o da un ente internazionale, ovvero il servizio militare per uno Stato estero, dichiara di volerla riacquistare, sempre che abbia
stabilito la residenza da almeno due anni nel territorio della Repubblica e provi di aver abbandonato l'impiego o la carica o il servizio militare, assunti o prestati nonostante l'intimazione di cui all’articolo 12, comma 1.
2. Non è ammesso il riacquisto della cittadinanza a favore di chi l'abbia perduta in applicazione dell'articolo 3, comma 3, nonché dell'articolo 12, comma 2.
3. Nei casi indicati al comma 1, lettera c), d) ed e), il riacquisto della cittadinanza non ha effetto se viene inibito con decreto del Ministro dell'interno, per gravi e comprovati motivi e su conforme parere del Consiglio di Stato. Tale inibizione può intervenire entro il termine di un anno dal verificarsi delle condizioni stabilite.
14. 1. I figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza.
15. 1. L'acquisto o il riacquisto della cittadinanza ha effetto, salvo quanto stabilito dall'articolo 13, comma 3, dal giorno successivo a quello in cui sono adempiute le condizioni e le formalità richieste.
16. 1. L'apolide che risiede legalmente nel territorio della Repubblica è
soggetto alla legge italiana per quanto si riferisce all'esercizio dei diritti civili ed agli obblighi del servizio militare (2/cost).
2. Lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge o dalle convenzioni internazionali è equiparato all'apolide ai fini dell’applicazione della presente legge, con esclusione degli obblighi inerenti al servizio militare.
17. 1. Chi ha perduto la cittadinanza in applicazione degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n. 555 (3), o per non aver reso l'opzione prevista dall'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123 (4), la riacquista se effettua una dichiarazione in tal senso entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge (4/a).
2. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 219 della legge 19 maggio 1975, n. 151.
18. 1. Le persone già residenti nei territori che sono appartenuti alla monarchia austroungarica ed emigrate all'estero prima del 16 luglio 1920 ed i loro discendenti in linea retta sono equiparati, ai fini e per gli effetti dell'articolo 9, comma 1, lettera a), agli stranieri di origine italiana o nati nel territorio della Repubblica.
19. 1. Restano salve le disposizioni della legge 9 gennaio 1956, n. 27 (5), sulla trascrizione nei registri dello stato civile dei provvedimenti di riconoscimento delle opzioni per la cittadinanza italiana, effettuate ai sensi dell'articolo 19 del Trattato di pace tra le potenze alleate ed associate e l’Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.
20. 1. Salvo che sia espressamente previsto, lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla presente legge non si modifica se non per fatti posteriori alla data di entrata in vigore della stessa.
21. 1. Ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 9, la cittadinanza italiana può essere concessa allo straniero che sia stato affiliato da un cittadino italiano prima della data di entrata in vigore della legge 4 maggio 1983, n. 184 (6), e che risieda legalmente nel territorio della Repubblica da almeno sette anni dopo l'affiliazione.
22. 1. Per coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già perduto la cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 8 della legge 13 giugno 1912, n. 555 (3), cessa ogni obbligo militare.
23. 1. Le dichiarazioni per l'acquisto, la conservazione, il riacquisto e la rinunzia alla cittadinanza e la prestazione del giuramento previste dalla presente legge sono rese all’ufficiale dello stato civile del comune dove il dichiarante risiede o intende stabilire la propria residenza, ovvero, in caso di residenza all'estero, davanti all'autorità diplomatica o consolare del luogo di residenza.
2. Le dichiarazioni di cui al comma 1, nonché gli atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla conservazione e al riacquisto della cittadinanza italiana vengono trascritti nei registri di cittadinanza e di essi viene effettuata annotazione a margine dell'atto di nascita.
24. 1. Il cittadino italiano, in caso di acquisto o riacquisto di cittadinanza straniera o di opzione per essa, deve darne, entro tre mesi dall'acquisto, riacquisto o opzione, o dal raggiungimento della maggiore età, se successivo, comunicazione mediante dichiarazione all’ufficiale dello stato civile del luogo di residenza, ovvero, se residente all'estero, all'autorità consolare competente.
2. Le dichiarazioni di cui al comma 1 sono soggette alla medesima disciplina delle dichiarazioni di cui all'articolo 23.
3. Chiunque non adempia agli obblighi indicati nel comma 1 è assoggettato alla sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a lire duemilioni. Competente all'applicazione della sanzione amministrativa è il prefetto.
25. 1. Le disposizioni necessarie per l'esecuzione della presente legge sono
emanate, entro un anno dalla sua entrata in vigore, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli affari esteri e dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia.
26. 1. Sono abrogati la legge 13 giugno 1912, n. 555 (3), la legge 31 gennaio 1926, n. 108 (7), il regio decreto-legge 1° dicembre 1934, n. 1997 (8), convertito dalla legge 4 aprile 1935, n. 517, l'articolo 143ter del codice civile, la legge 21 aprile 1983, n. 123 (4), l'articolo 39 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (6), la legge 15 maggio 1986, n. 180 (9), e ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.
2. È soppresso l'obbligo dell'opzione di cui all'articolo 5, comma secondo, della legge 21 aprile 1983, n. 123 (4), e all'articolo 1, comma 1, della legge 15 maggio 1986, n. 180 (9).
3. Restano salve le diverse disposizioni previste da accordi internazionali.
27. 1. La presente legge entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Legge Turco-Napolitano
L'impostazione della legge del 6 marzo 1998, n. 40 rivela l'intento di regolamentare l'immigrazione, favorendo da un lato l'immigrazione regolare e scoraggiando l'immigrazione clandestina. L'immigrato regolare può così affrontare il percorso di acquisizione della cittadinanza configurato dalla legge. Il percorso è caratterizzato da una serie di tappe verso l'acquisto dei diritti propri del cittadino pleno iure, inclusivo del diritto al ricongiungimento familiare, del diritto al trattamento sanitario e alla salute, e del diritto all'istruzione.
Mentre, il clandestino diventa destinatario di un provvedimento di espulsione dallo Stato.
La legge istituisce la figura del Centro di permanenza temporanea (all'articolo 12 della legge), per tutti gli stranieri "sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera non immediatamente eseguibile".
Legge Bossi-Fini
La legge 30 luglio 2002, n. 189, nota come legge Bossi-Fini, è una normativa della Repubblica Italiana che disciplina l'immigrazione.
Entrata in vigore il 10 settembre, oltre ad avviare le procedure restrittive segna anche l'inizio delle procedure per la regolarizzazione delle colf, delle badanti e dei lavoratori non in regola.
Le novità della legge furono le seguenti:
- Espulsioni con accompagnamento alla frontiera;
- Permesso di soggiorno legato ad un lavoro effettivo;
- Inasprimento delle pene per i trafficanti di esseri umani;
- Sanatoria per colf, assistenti ad anziani, malati e diversamente abili, lavoratori con contratto di lavoro di almeno 1 anno;
- Uso delle navi della Marina Militare per contrastare il traffico di clandestini.
Diritto di asilo
Per Amnesty International nel rapporto annuale 2006, nonostante l'Italia aderisca alla Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati, la legge Bossi-Fini, che ha emendato la precedente normativa sull'immigrazione, non è considerabile una legge specifica e completa sul diritto di asilo, perchè si limita a modificare alcuni aspetti della Legge Martelli, ancora oggi il testo base nel merito.
L'istituzione dei centri di identificazione per la detenzione dei richiedenti asilo e di una procedura veloce per la determinazione del diritto di asilo per i richiedenti detenuti, «genera preoccupazione» per:
- l'accesso alle procedure di asilo, per la detenzione dei richiedenti asilo in violazione degli standard previsti dalla normativa internazionale e per la violazione del principio del non-refoulement (non respingimento) che vieta di rimpatriare o espellere forzatamente i richiedenti asilo verso Paesi in cui potrebbero essere a rischio di gravi abusi dei diritti umani;
- la possibilità che molte delle migliaia di migranti e richiedenti asilo giunti in Italia via mare, principalmente dalla Libia, siano stati respinti verso Paesi in cui erano a rischio di violazioni dei diritti umani (tra gennaio e ottobre 2005 almeno 1425 persone sono state trasferite in Libia.
Ius sanguinis un programma politico
Due leggi volute dall’ex ministro dell’interno e leader della Lega Matteo Salvini tra il 2018 decreto sicurezza (legge 132/2018) e 2019, ed un nuovo decreto con le modifiche che si chiama decreto immigrazione.
Sono così modificate profondamente le norme sull’accoglienza dei richiedenti asilo, quelle sul soccorso in mare, sulla cittadinanza e sull’asilo in Italia.
Le leggi due leggi sono successivamente modificate. Per esempio sono state modificate in maniera radicale le parti sull’accoglienza, con il ripristino di una forma di protezione umanitaria e del sistema di accoglienza diffuso, mentre su altri punti come il soccorso in mare è rimasto in piedi l’impianto del decreto Salvini, anche se il principio della criminalizzazione del soccorso in mare è stato di fatto reso inefficace. Nei suoi rilievi al decreto, il capo dello stato Sergio Mattarella aveva chiesto di diminuire le ammende, rendendole proporzionali alla violazione, ma le modifiche sono andate oltre i rilievi del presidente, perché hanno reso il procedimento penale e non solo amministrativo.
Si ripristina di fatto un permesso di soggiorno per motivi umanitari che era previsto dal Testo unico sull’immigrazione del 1998, ma si chiamerà “protezione speciale”. Questo tipo di permesso verrà concesso agli stranieri che presentano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o “risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”. La protezione avrà la durata di due anni e non sarà una mera estensione dei permessi per casi speciali introdotti dal primo decreto sicurezza. Diventano convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, “ove ne ricorrano i requisiti”, i permessi di soggiorno per protezione speciale, per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi, per assistenza minori.
LA GUERRA DELLO YOM KIPPUR
Ma nell'ottobre del 1973, Israele non rimase immobile. Fu, l'attore principale di uno degli eventi storici più importanti del conflitto mediorientale: la guerra, appunto, dello Yom Kippur o guerra di ottobre, secondo la storiografia araba.
La volontà araba di rivalsa fu incarnata dall’egiziano Sadat (tiepidamente appoggiata dai sovietici) che, pressato da un’opinione pubblica interna insofferente all’umiliazione militare subita nel conflitto precedente e da una situazione economica molto precaria, decise di attaccare Israele sulla sponda orientale del Sinai, proprio durante la festa dello Yom Kippur, mentre l’alleato siriano lanciava l’offensiva verso le Alture del Golan.
La guerra aveva raggiunto il suo apice: se da un lato, gli egiziani potevano ritenersi soddisfatti per aver infranto il mito dell’imbattibilità dello storico avversario, dall’altro lato rischiavano di subire un’avanzata nemica poco congeniale ai propri progetti di riscossa.
La caratteristica fondamentale della strategia militare israeliana era e lo è ancora, basata sul principio dell’attacco preventivo, potendo contare sull’estrema affidabilità dei propri servizi di intelligence, i quali potevano stabilire la certezza di un attacco nemico non più tardi di 48 ore prima dell’offensiva stessa.
In un tale contesto, il segretario di Stato ebbe gioco facile a condurre Sadat nella sfera d’interesse americana. Ben presto, infatti, il leader egiziano allontanò i consiglieri militari sovietici dal paese e la definitiva uscita di scena della superpotenza russa gettò definitivamente Sadat tra le braccia degli Stati Uniti, determinando un cambio di rotta persino con Israele, verso il quale fu aperto un canale di comunicazione foriero di ulteriori sviluppi.
Era il principio di una definitiva, quanto clamorosa svolta tra gli ex belligeranti. Ma erano, soprattutto, le ultime parole di sostegno di quello che da sempre era considerato dai palestinesi il paese guida nella propria lotta di liberazione.
La tensione tra i paesi arabi e l’Egitto provocata dagli accordi tra questo e lo storico nemico israeliano degenerò ben presto in una dolorosa rottura. La pace del 1979 sanciva contemporaneamente la fine delle ostilità e l’inizio dello sfaldamento del mondo arabo che fino ad allora aveva mostrato un certo spirito unitario sia nella battaglia contro Israele, sia nel sostegno alla causa palestinese.
Partito come conflitto finalizzato a ridare dignità al valore militare dei paesi arabi ed in particolare dell’Egitto, la guerra dello Yom Kippur si trasformò in un boomerang che favorì Israele ed i suoi progetti di espansione e rafforzamento dei propri confini.
Mai riuscito a rispondere compiutamente alle uniche importanti domande della vita: “quanto costa?”, “quanto ci guadagno?”. Quindi “so e non so perché lo faccio …” ma lo devo fare perché sono curioso. Assecondami.