Maxi-crociere? Una miniera d'oro in gioco

Le vere ragioni del perchè si offre ai passeggeri delle Grandi Navi una vista del centro storico che dura pochi minuti.

pino usicco99/ ©Pino Usicco - Courtesy-Venezia piazza San Marco. La luce e il tempo

Sulle opportunità economiche rivendicate dai gruppi che difendono la presenza delle grandi navi non sembra utile, qui almeno, riportare serie di dati ed argomentazioni che allungherebbero le liste di cifre ormai largamente note e diffuse.

Basta ammettere, senza animosità, il fatto oggettivo – e come potrebbe non essere così? - per cui economia e occupazione, sia diretti che indotti, legati al traffico delle maxi-crociere, apportino indubbie risultanze sia al bilancio pubblico della città che a un numero discreto di lavoratori, soprattutto residenti in terraferma e provincia.

Sono numeri di una certa importanza che dovrebbero, ovviamente, ressere ricalcolati considerando qualsiasi modifica alla situazione attuale. Le possibili conseguenze di cambiamenti sono oggetto continuo del richiamo incrociato degli ormai numerosi studi in materia, viziati, come ormai sono, dalle reciproche appartenenze e resi quindi sostanzialmente inutili alla reale comprensione del problema.
Le cifre vengono gonfiate e sgonfiate a piacere, inserendo o meno settori periferici dell’indotto – come ad esempio quelli della cantieristica o dei taxi acquei o del trasporto pubblico veneziani – che non hanno un nesso diretto con la crocieristica.
 
Le Università, dal canto loro, incrociano ricerche di segno diverso.
Secondo uno studio commissionato dall’Autorità Portuale a un gruppo di docenti  dell’Università di Padova il settore sarebbe una miniera d’oro per Venezia con cifre annue sopra i 200 milioni di euro di valore aggiunto, pari al 3,2 % del Pil cittadino, 4.000 posti di lavoro, il 4% degli occupati a Venezia. Secondo questa ricerca, se scomparissero le grandi navi l’occupazione diminuirebbe di 600 unità e il PIL cittadino perderebbe c.a 180 milioni di euro, abbassandosi attorno all’1%. Va notato come Venice Terminal Passeggeri e Autorità Portuale abbiano, però, prodotto le ricerche da cui desumono questi dati, solo per il 2005-2006, utilizzando una base fortemente limitata come campionatura statistica e durante il periodo pre-crisi.
Basti considerare che i passeggeri americani - che esprimevano i picchi di massima spesa - sono oggi scesi del 40%.
 
Uno studio sugli stessi temi condotto dal prof. Tattara (7) della Facoltà di Economia di Cà Foscari porta a conclusioni diverse. Invita a riconsiderare il calcolo del PIL e le forniture di beni e servizi che utilizzano le navi e non sono acquistati in loco: stempera gli entusiasmi e abbassa gli apporti attuali al Pil cittadino all’1,9%, con un valore aggiunto di poco superiore ai 100 milioni di euro riducendo a meno di uno su quattro (meno di mezzo milione sui due movimentati) il numero dei crocieristi che si attarderebbero a Venezia.
Gli occupati nell’attività portuale legata alle crociere viene ricalcolata riducendola a 2.100 unità complessive. Lo stesso studio invita a considerare anche la ripartizione di costi e ricavi: i primi tutti sostenuti dalla comunità e dal finanziamento pubblico, i secondi percepiti dagli operatori senza partecipazione ai costi, se non a quelli vivi, derivati dai servizi utilizzati.
Ci sembra che si possa, comunque, uscire dal guado delle contrapposizioni, semplicemente notando che, una volta fatto un mix ragionevole delle opposte previsioni, si arriverebbe, comunque, a modificare introiti ed occupazione – ma che per quest’ultima si tratterebbe solo di alcune centinaia di addetti - con conseguenze non drammatiche ma prevedibilmente assorbibili con interventi di riconversione e creazione di nuovi servizi nello stesso settore.
 
Lo stesso Sindaco precedente, Orsoni, sembrava di questo parere quando davanti alla Commissione Trasporti, nel luglio 2012, dichiarava : "Ogni anno ci sono 22 milioni di presenze turistiche a Venezia, di questi 1,8 milioni arriva dalle navi da crociera. Il crocerismo dunque è una parte del problema turismo a Venezia. Di certo porta lavoro e sviluppo economico, dunque è ben visto. Comunque è un turismo che si esaurisce nella nave, che non dà un indotto importante alla città”. Ovviamente una revisione richiederebbe interventi a ripensamento e risistemazione di parte dell’assetto portuale, di una riorganizzazione dei trasporti interni veneziani con interventi radicali di delocalizzazione dei terminal delle navi passeggeri.

 

LE VERE RAGIONI IN GIOCO

I sostenitori ad oltranza dell’attuale situazione hanno sbandierato a lungo l’assenza totali di rischi e l’optional panoramico del passaggio davanti a S.Marco l’’appeal’ innegabile dell’attraversamento del centro storico di Venezia - del bacino di S. Marco e del Canale della Giudecca, sostanzialmente una vista di Venezia che dura pochi minuti. Si è a lungo ventilato l’abbandono delle grandi compagnie armatrici se questo elemento fosse venuto meno mettendo il porto di Venezia fuori mercato per le grandi Compagnie. Sandro Trevisanato, ex-parlamentare di FI e oggi presidente VTP, dichiarò che “Se gli armatori si stufassero […] potrebbero escludere Venezia dagli itinerari e scegliere altri porti, come Atene o Cipro.”.
Punto di vista strumentale, clamorosamente smentito dalle dichiarazioni degli Amministratori delegati di due dei maggiori utilizzatori, le compagnie Costa e MSC, che relegano in secondo piano quest’opzione dichiarando che «…passare davanti al palazzo Ducale e nel canale della Giudecca non è un elemento essenziale per mantenere l’attività crocieristica a Venezia».
In realtà i gruppi imprenditoriali legati all’Autorità portuale veneziana vogliono continuare ad assicurarsi gli indubbi privilegi, collegati ad uno scalo esistente – quello della Marittima-Tronchetto – dove sono riusciti ad innescare altissimi profitti usando un sistema di ormeggi preesistente, trasformando la Marittima da scalo merci a scalo passeggeri. ricorrendo ad investimenti molto meno impegnativi di quelli realizzati in altre realtà portuali. Quelle banchine erano già state create, più di cent’anni fa, per accogliere navi e volumi di traffico di tutt’altra portata.

Oggi sono utilizzate, di fatto, beneficiando di una rendita di posizione ereditata, incapace di cambiare la visione strategica sul porto e sul suo futuro dentro soluzioni compatibili per Venezia.

Il timore di perdere la condizione di ‘Maritime Hub’, di ‘homeport’ viene sistematicamente sbandierata per tentare di lasciare tutto com’è oggi o caldeggiare interventi ‘comunque’ capaci di rinviare soluzioni impegnative, mentre si vorrebbero scaricare costi economico-ambientali su città e istituzioni pubbliche, scavare nuovi canali, modificare normative marittime consolidate, ecc. In realtà le ragioni della scelta di eleggere Venezia a proprio porto base, fatta negli ultimi anni dalle grandi Compagnie che governano le crociere, non sta tanto nell’offrire quei pochi minuti di passaggio davanti S.Marco, quanto nelle caratteristiche, ben più importanti e strategiche, che rendono appetibili alle maxi-navi la posizione e soprattutto il sistema d’infrastrutture di cui Venezia è al centro. Condizioni che facilitano fortemente arrivo e imbarco dei passeggeri, cambio degli equipaggi, movimentazione di bagagli e merci, presenza di servizi tecnici d’appoggio e di rifornimento.

Nessun altro porto dell’Adriatico o delle sue coste, non Trieste, né Fiume, né Ancona sono altrettanto centrali e serviti. Venezia è punto d’arrivo delle principali direttrici su rotaia da tutta Europa, centro di confluenza di una rete nazionale ed internazionale di autostrade. Dispone del terzo aeroporto italiano per i traffici nazionali, internazionali ed intercontinentali verso le Americhe e l’Oriente, cui aggiunge un aeroporto gemellato, nelle vicinanze, per i voli charter e ‘lowcost’. Possiede una rete di trasporti interni di collegamento intermodale rapido con ognuna di queste teste di ponte attraverso cui si movimentano merci, rifornimenti e persone. Ma, specularmente, sono caratteristiche che la rendono difficilmente sostituibile, anche a fronte di future modifiche del sistema attuale di approdi. Sono caratteristiche uniche e consolidate che indicano, invece, come ipotizzabili riconversioni del sistema portuale veneziano sarebbero portatrici di nuove e aggiuntive risorse.

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  1. Per saperne di più clicca su: IL DIVORZIO DELLE BEFFE TRA VENEZIA E GRANDI NAVI - Dossier
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Ettore Camuffo
Ettore Camuffo, laureato in Sociologia del lavoro e della comunicazione, ha insegnato Economia aziendale. 

Curatore di mostre museali e di artisti contemporanei internazionali, associato a una ricerca nazionale del CNR sulla valorizzazione dei beni artistici italiani, ha collaborato a lungo con Christo e Jeanne-Claude – di cui ha curato la biografia italiana – fino a far parte dello staff del progetto The Floating Piers realizzato nel 2016 sul Lago d’Iseo. 

È autore di " Venezia città delle assimetrìe",  una serie di inedite chiavi di lettura su Venezia, aspetti noti e meno noti da cui emerge la schiacciante sproporzione fra passato e presente, come ha scritto Adriano Sofri nell'articolo qui pubblicato.

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