Su di un tema triste come le migliaia di persone morte e in terapia intensiva il più diffuso settimanale economico al mondo, l' Economist trasforma gli umani in moneta sonante proponendo di calcolare da un lato il costo della chiusura delle città e delle attività, dall’altro lato quello delle vite salvate, un confronto necessario per poter valutare, «fino a quando potremo permetterci di dire che una vita umana non ha prezzo».
Gli fa eco il commento pubblicato sul quotidiano economico Sole 24Ore, che testualmente afferma,«non è la mortalità eccessiva a livello nazionale che giustifica il blocco prolungato dei diritti e della vita degli italiani». Siamo fritti?
Il 17 aprile Il Sole 24Ore, l’autorevole quotidiano economico-finanziario con sede a Milano, ha ospitato un commento dal titolo inquietante: “L’economia ferma e il dubbio sui decessi in Italia”, nel quale i due autori - Paolo Becchi, filosofo e Giovanni Zibordi, trader invitano a calcolare tra due grandezze: il costo del fermo dell’economia e quello dei morti da Coronavirus.
Premettono: “Una buona parte di questo disastro economico è autoinflitto perché l'Italia è il paese che ha adottato il “modello Wuhan” di chiusura totale (“total lockdown”), prima e più di qualunque altro, tanto è vero che oggi si parla di “lockdown” all'italiana.”.
Quindi per evitare che il disastro economico si aggravi – spiegano - si devono da un lato misurare il costo della chiusura delle città, delle fabbriche, delle attività e dall’altro lato contare il numero dei morti, perché ribattono, “in base ai dati pubblicati finora, non è morta più gente quest'anno rispetto agli anni precedenti in Italia nel suo complesso”.
In parole povere si tratta dunque di trovare il giusto scambio tra l'economia e la vita, il “trade off, dal momento che un'economia di mercato non può stare lì a meditare sugli effetti del Covid-19 perchè, “dal punto di vista dell'economia italiana c'è una distruzione di reddito enorme”. Pertanto, “ci limitiamo ad osservare che non è la mortalità eccessiva a livello nazionale che giustifica il blocco prolungato dei diritti e della vita degli italiani.”, concludono sereni il Becchi e lo Zibordi.
C’è poco da essere sgomenti, come si sono dichiarati i giornalisti del Sole 24Ore prendendo le distanze dalla pubblicazione nel codicillo in coda al commento. Il capitalismo viaggia con regole semplici e spietate nelle quali rientra il "quanto costa e chi salvare", che riemerge ad ogni crisi, economica o pandemica che sia.
Infatti per restare sul tema, nella sua edizione di Pasqua l’Economist, il settimanale economico più venduto al mondo ha titolato il suo editoriale e la copertina, “A grim calculus“. “Un calcolo truce”. La domanda che si pone l’articolo è sostanzialmente la seguente: “Per quanto tempo saremo in grado di considerare la vita di ogni singolo essere umano, di qualunque età e condizione fisica, al di sopra di ogni considerazione economica?”
Possiamo permetterci l’atteggiamento morale di “non dare un prezzo ad una vita?” Dopo tutto “ogni scelta ha un costo” e “il costo del distanziamento potrebbe superare i benefici”. Specifica il settimanale:
“Immaginate che ci siano due malati critici ed un solo ventilatore. Questa è la scelta con la quale si potrebbero confrontare gli staff ospedalieri a New York, a Parigi, a Londra… come è già in Lombardia e a Madrid. l medici dovrebbero dire chi sottoporre al trattamento chi lasciare senza di esso, chi possa vivere e chi probabilmente morire..”
Con questo esordio sulla terribile scelta del medico –
senza ovviamente chiedersi perché in Inghilterra manchino i ventilatori –
l’Economist già indica qual è la scelta da fare. Dopotutto fa capire che, quando si inizia a discutere direttamente di vita e morte, di malattia e sofferenza, utilizzando apertamente lo strumento della valutazione costi-benefici, la conclusione è scontata: il denaro che s'impiegherebbe per salvare gli umani potrebbe essere dirottato su progetti duraturi e innovativi a tutto beneficio della comunità.
Insomma, il settimanale inglese insiste senza mezzi termini sulla sua proposta di eugenetica sociale, indicandola ai governi come l’unica via possibile per salvare l’economia nel mondo di domani e pertanto realizzabile con:
“una misura contabile che aiuti a confrontare cose molto diverse come la vita, il lavoro e la contesa di valori morali e sociali in una società complessa. Maggiore è la crisi, più importanti sono tali misurazioni. Quando un bambino è bloccato in un pozzo, prevarrà il desiderio di aiutare senza limiti, e così dovrebbe essere. Ma in una guerra o in una pandemia i leader non possono sfuggire al fatto che ogni corso d’azione imporrà enormi costi sociali ed economici. Per essere responsabile, devi misurarli complessivamente l’uno contro l’altro.” .
Nello specifico - ripeto - il confronto è sul costo di fermare l’economia e quello delle vite perdute per la pandemia da Covid19. Come dire, potrà anche sembrare nobile sentenziare che una vita umana non ha prezzo, ma è un concetto - avverte il settimanale - da considerare desueto, perché niente è fuori dalla comparazione di valore e dunque tutto ha un prezzo. E’ su questa nuova morale che si agita il mondo politico chiamato a decidere quando come e perché dare inizio, in Italia come altrove, alla cosiddetta “Fase 2”.
Naturalmente, parte da qui, dalla teoria utilitarista l’ansia dei due autori del commento sulle pagine del Sole 24Ore.
Pretendono di convincere gli italiani che la salvezza dal disastro dell’economia è rappresentata dal ‘calcolo’ dei piaceri e dei dolori, dopodiché si potrà scegliere - con serenità di spirito - il male minore anche in circostanze che implicano il sacrificio di vite umane.
Si tenga a mente che questa tesi è pratica corrente in paesi come la Svezia dove in queste settimane di diffusione del virus s’è già deciso di allontanare dalle terapie intensive i vecchi economicamente improduttivi per salvare i giovani.
Ci vuol poco a capire che se si inizia a discutere direttamente di vita e morte, di malattia e sofferenza, utilizzando apertamente lo strumento della valutazione costi-benefici, dei prezzi di mercato, come ha fatto l’ autorevole e pertanto molto ascoltato Economist si finisce per quietare la coscienza su qualsiasi nefandezza compiuta.
Incoraggiare il nuovo stile di valutazione della vita, diffonderlo, significa prepararsi a un dopo Coronavirus che definirlo orrido non sarebbe affatto esagerato.
Vincenzo Maddaloni ha fondato e presiede il Centro Studi Berlin89, l'associazione nata nel 2018, che si propone di ripercorrere analizzandoli i grandi fatti del mondo prima e dopo la caduta del Muro di Berlino. Professionista dal 1961 (per un decennio e passa il più giovane giornalista italiano), come inviato speciale è stato testimone in molti luoghi che hanno fatto la storia del XX secolo. E’ stato corrispondente a Varsavia negli anni di Lech Wałęsa (leader di Solidarność) ed a Mosca durante l'èra di Michail Gorbačëv. Ha diretto il settimanale Il Borghese allontanandolo radicalmente dalle storiche posizioni di destra. Infatti, poco dopo è stato rimosso dalla direzione dello storico settimanale fondato da Leo Longanesi. È stato con Giulietto Chiesa tra i membri fondatori del World Political Forum presieduto da Michail Gorbačëv. È il direttore responsabile di Berlin89, rivista del Centro Studi Berlin89.