Ascesa e caduta del muro di Berlino

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"A Berlino nulla resta più visibile di ciò che si cerca di cancellare”, sentenziava il filosofo Johann Bernhard Merrien alla fine del Settecento. Infatti a trent'anni di distanza il Muro è ancora “ben visibile” e le considerazioni che vi s'intrecciano lo rendendono sempre attuale.

La caduta del Muro indicò la via alla riunificazione tedesca che si concluse il 3 ottobre 1990. Il muro aveva diviso in due la città per ventotto anni, dal 13 agosto del 1961 al 9 novembre 1989 il giorno nel quale governo tedesco-orientale decretò l’apertura della frontiera con la Repubblica federale.

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Esemplare rimane la frase che il cancelliere Helmut Kohl pronunciò in quella giornata: “Noi abbiamo lavorato per questo giorno, l'abbiamo tanto atteso”. Venticinque anni dopo, celebrando la ricorrenza della caduta del muro si espresse con parole di critica e di speranza: “Il giorno della caduta del Muro fu il giorno della felicità, e anche il giorno della vergogna. Ma i giovani cancelleranno le ferite del Muro”.

I giovani ci stanno ancora provando. Trent'anni dopo a Est preferiscono il socialismo tre persone su quattro. Ma a dividere i tedeschi sono soprattutto i dati economici che vedono i Länder orientali significativamente più poveri di quelli occidentali. Una diseguaglianza che si riflette anche nella politica. Soltanto gli “arredi” della capitale sono mutati. A Berlino Est è rimasto poco di com'era trent'anni fa. E' rimasta la Fernsehturm, la torre della televisione, che era uno dei vanti della Ddr. Ma Prenzlauerberg, che era il rifugio e il ghetto degli intellettuali e degli artisti che facevano la fronda, è diventato un quartiere alla moda. Al posto del Palast der Republik è stato ricostruito dall'architetto Franco Stella il castello degli Hohenzollern, ma solo la facciata. Il Nikolaiviertel, il quartiere che circonda la Gendarmenmarkt una delle piazze più belle d'Europa, è diventato un falso-vero di una Berlino ottocentesca polverizzata dalle bombe.

Sicché aveva colto giusto lo storico britannico Alan Bullok (13 dicembre 1914 - 2 febbraio 2004) quando affermò che, “Berlino è la città più simbolica del Ventesimo secolo”. Sicuramente Bullok aveva tenuto in gran conto le considerazioni del filosofo Johann Bernhard Merrien (Liestal, Basilea, 1725 - Berlino 1807) quando avverte che, “Per visitare Berlino bisogna saper vedere anche quello che non c’è più e saper intuire un’ingannevole realtà.”. Egli precisa: “Qui gli eventi sono cicatrici sul volto della storia, ma la loro capacità evocativa è intatta. A Berlino nulla resta più visibile di ciò che si cerca di cancellare”. Parole premonitrici quelle di Merrien, uno dei primi pensatori a occuparsi, nella seconda metà del Settecento di letteratura italiana e ad attirare l’attenzione su Dante.

Infatti, a trent'anni di distanza il Muro è ancora “ben visibile”, e le considerazioni che vi s'intrecciano, lo rendendono sempre attuale.

A essere onesti devo dire che mi dispiaceva che l'Urss stesse perdendo le sue posizioni in Europa. […] Però capivo che una posizione costruita sulle divisioni e sui muri non poteva durare”, disse Vladimir Putin.

Per Barack Obama (24 luglio 2008) Berlino “[…] conosce il sogno della Libertà. Le persone del mondo devono guardare Berlino, dove il Muro è caduto e dove la storia ha provato che non c'è una sfida che non si può combattere per il mondo unito”.

Per Angela Merkel (3 ottobre 2009) “Lo spirito della rivoluzione pacifica che nel 1989 ha portato alla caduta del Muro di Berlino, e l'anno successivo alla riunificazione della Germania, deve essere preso come esempio per i giorni nostri, anche per superare la crisi”.

Viktor Vladimirovič Erofeev (scrittore, critico letterario e giornalista sovietico naturalizzato russo), il 30 ottobre 2009 disse che il Muro “[…] cadde soprattutto perché il sistema che lo aveva alzato era contro la natura umana e non poteva prevalere. Stalin era stato il grande riformatore della natura umana, l'aveva riformata col sangue e col terrore, ma tutti quelli venuti dopo avevano solo rallentato la fine di quel sistema che era inevitabile.”.

Adam Michnik ,saggista, editore e politico polacco, dichiarò che “[…] Se chiediamo a Washington, diranno che il muro è caduto per merito di Reagan. Se a Mosca, per Gorbaciov. Se in Vaticano, per merito di Karol Wojtyla. Se a Berlino per merito di Kohl. Se a Varsavia, diranno che è stato per merito nostro. Per me è cominciato a cadere a Danzica, quando la protesta degli operai di Solidarnosc sancì la fine del comunismo: erano dei proletari che protestavano contro la dittatura del proletariato”.

Insomma intorno a Muro di Berlino c'è ancora molto da raccontare. Dopo tutto, “La storia è vera testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita […]” , scrisse Marco Tullio Cicerone. Come dargli torto?

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Luca Manduca
È nato a Catania nel 1974. Maestro d'arte e grafico pubblicitario, laureato in giurisprudenza, tutor di diritto e economia, conciliatore. Attualmente vive a Milano, collabora col Centro Studi Berlin89 e scrive per la testata giornalistica Berlin'89.
Autore del libro "Una sana ossessione - Tra gli eroi, i luoghi e gli incanti di Chiamami col tuo nome - (Cavinato Editore)
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