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La casa è stato il collante comune per la “costruzione” di una cultura del Paese,e anche il principale motore della crescita economica insieme all’industria. Quando si pensa all’abitazione nelle famiglie italiane si materializzano ricordi, sorrisi, sacrifici e rimpianti.
Ed è la “Casa” che può diventare oggi una delle poche chiavi reali per leggere frammenti della vita futura, delle relazioni intergenerazionali e del rinnovato rapporto tra spazio e contesto.
Ci si domanda se la casa è ancora il primo bene che ci fa proprietari, o è il giovane sogno borghese finito insieme al boom? Per la generazione Z o deicentennials (nati dalla seconda metà degli anni novanta) quale forma e ruolo assumerà l’abitazione nell’epoca della sharing economy (affitto della casa con AirBnB, condivisione degli spazi comuni in co-housing o dell’ufficio in un ambiente di co-working, utilizzo di Blablacar, creazione di un orto di condiminio o di quartiere)?
In un Paese dove l’incidenza degli over 65 sul totale della popolazione risulta del 19,2% (2016) e passerà al 23,9% (2030), moltiplicheremo le “case di riposo” o diventerà strategico promuovere una longevità attiva e una residenzialità che consenta all’anziano una vita autonoma?
Non ci sono ancora risposte definite a queste domande, alcune città stanno sperimentando interessanti micro-soluzioni, ma attorno alla “Casa” (di chi ce l’ha già, di chi l’ha perduta, di chi non potrà mai averla, di chi non vorrà mai comprarla) può giocarsi una seconda “ri-costruzione” (culturale, sociale, economica, contestuale) su cui far maturare per il Paese un senso di orientamento e nuovi obiettivi comuni.
C'è però da osservare
Dal 2007 a oggi la quota di investimenti privati sul Pil in Italia è passata dal 21,6% al 17,1%. Mancano all’appello 70 miliardi di euro ogni anno e l’incidenza residenziale risulta molto elevata tra ostacoli, disaffezione e disorientamento.
Ad oggi sarebbero 2,3 milioni gli italiani potenzialmente interessati all’acquisto di una abitazione (nuova, usata, da ristrutturare), tuttavia le attuali condizioni di accesso al credito consentono solo a meno di un quarto di esse (530mila nel 2017) di accedere all’acquisto.
A livello nazionale registriamo 30 milioni di unità abitative, di cui 17 milioni costruite prima degli anni ’70 – quando sono state emanate le prime norme sull’antisismica (legge 1086 del 1971) e sul risparmio energetico (legge 376 del 1976) – e 2 milioni di abitazioni percepite dalle famiglie in stato di “pessima conservazione”.
Rispetto ad un fabbisogno stimato di riqualificazione (energetica e sismica tout court) di 250 miliardi, le famiglie investono solo 5-6 miliardi l’anno nonostante gli incentivi fiscali.
In più, con riferimento agli alloggi pubblici o a canone calmierato siamo uno dei Paesi meno dotati in Europa, nonostante le evidenze sulla domanda siano inequivocabili.
In Italia ci sono 4,8 milioni di famiglie “non proprietarie” di case. Di queste solo 700mila vivono in alloggio pubblico, mentre la prevalenza di famiglie in alloggio privato risulta per il 41,8% in “forte disagio” (la quota dell’affitto è superiore di un terzo rispetto al reddito famigliare).
Soprattutto manca un’agenda politica che supporti (anche sul piano normativo e fiscale) la sperimentazione di soluzioni sul mercato
Il patrimonio immobiliare italiano
Ammonta a oltre 4.800 miliardi di euro. Il primo re del mattone è lo stato, con circa 70 miliardi di euro di patrimonio, a cui si sommano gli enti locali, così si arriva si arriva a oltre 120 miliardi
Seguono a pari merito il vaticano e i fondi immobiliari.
Ci sono stime che sostengono sostengono che la chiesa possegga il 20% del patrimonio immobiliare italiano è certo che ha nel mattone il suo asset di riferimento, anche sulle strutture non direttamente legate al culto, come chiese, ospedali, alberghi cattolici. Non dimentichiamo che queste strutture continueranno a godere dell'esenzione, esempio non pagheranno l'imu - nonostante la dichiarazione del cardinale Bagnasco "è peccato non pagare le tasse"
Fondi immobiliari, i più importanti sono fimit, in parte legato al gruppo de agostini, e prelios, l'ex pirelli re
Seguono poi le assicurazioni, con un patrimonio di 23 miliardi di euro, gli enti previdenziali, 14,8 miliardi di euro, e le banche, 13,1 miliardi di euro. Il settore finanziario, banacario e assicurativo somma quindi 80.9 miliardi di euro
Il mercato immobiliare nel 2019: le previsioni degli esperti
Autori: floriana liuni, @stefania giudice
31 gennaio 2019, 8:13
Come si muoveranno le compravendite? E i prezzi? Quali saranno i fattori che influenzeranno l’andamento di transazioni e valori? A fare alcune previsioni e a offrire alcune interessanti osservazioni sono gli esperti del settore, che mostrano luci e ombre di un comparto strategico per l’economia del nostro Paese.
Il 2018 è stato l’anno in cui la ripresa del mercato immobiliare ha coinvolto prezzi e compravendite, superando la crisi che lo aveva interessato fino al 2017. La domanda immobiliare si è dimostrata vivace grazie ai mutui ancora convenienti e all’interesse degli investitori. Anche la diminuzione dei tempi di vendita conferma il trend positivo.Nel 2019 il mercato immobiliare registrerà un andamento in linea con quello dell’anno appena terminato che, a livello di compravendite, riteniamo possa chiudersi con 570-580 mila transazioni. Volumi che potranno confermarsi anche per l’anno in corso. Negli ultimi mesi, nonostante le incertezze che hanno caratterizzato l’Italia, il mercato sembra aver tenuto. Il desiderio di acquistare casa è sempre vivo. Gli investitori sono attratti dall’asset immobiliare, soprattutto in quelle città che per flussi turistici, studenteschi e di lavoratori fuori sede sono sempre molto interessanti in termini di rendimenti. In queste realtà i canoni di locazione potranno aumentare.
A livello di prezzi, nelle grandi città, ci sarà una leggera salita (tra +1% e +3%), con Milano a fare da traino. Il rialzo potrebbe interessare anche le zone semicentrali e le periferie soprattutto se servite e con un’offerta abitativa di qualità come già successo nel corso del 2018. Le realtà più piccole e intermedie, come i comuni dell’hinterland e i capoluoghi di provincia, risulteranno dinamiche in termini di transazioni ma piuttosto stabili a livello di valori, con una possibile eccezione della prima cintura delle grandi metropoli, influenzata dall’andamento di queste ultime. Ci aspettiamo ritocchi verso l’alto dei valori anche nelle località turistiche, soprattutto se dotate di infrastrutture.
Anche per il 2019 la qualità sarà importante e premiante, sia per le abitazioni sia per i servizi offerti a livello di zona - quartiere. Sulle nuove costruzioni ci sono i primi segnali di ripartenza, soprattutto nelle realtà più vivaci, ma la prudenza sarà ancora la parola d’ordine. I tempi di vendita dovrebbero ridursi ancora. Una valutazione del futuro immobiliare non può prescindere dall’andamento del settore del credito e dell’economia in generale. I mutui resteranno ancora favorevoli ed il mercato del credito non si discosterà molto dai risultati del 2018. Importante per il futuro del mercato immobiliare sarà la fiducia, legata alla ripresa dell’economia e dell’occupazione.
Nell'ultimo rapporto Nomisma sul mercato immobiliare si prevede crescita del numero di compravendite, leggero aumento dell’importo complessivo dei mutui erogati e stabilità dei prezzi per il 2019 e il 2020. La tendenza resta immutata, anche quest’anno continuerà la lenta ripresa che va avanti dai minimi del 2013, quando si toccò il peggior dato a quota 389.696 compravendite.
Per il 2019 la previsione sulle compravendite è quella di raggiungere quota 586.412, contro le 566.057 stimate per il 2018. Numeri che nel 2020 dovrebbero crescere ancora a 594.694 unità. L'aumento delle compravendite è legato anche a una crescita della massa complessiva dei mutui erogati. Un incremento prevedibile il cui andamento passerà dagli attuali 48,454 miliardi di euro ai 49,523 del 2019 per poi calare lievemente a 49.450 del 2020.
Per quanto riguarda i prezzi, il centro delle grandi città, Milano in testa, continua a generare interesse ma i valori sono già abbastanza elevati mentre nelle aree di minor pregio e nei centri meno sviluppati i prezzi non potranno che essere in tensione a causa della scarsa domanda.
Tuttavia, in uno scenario di per sé positivo, ci sono alcuni fattori potenzialmente negativi. Le tensioni finanziarie ad esempio sembrano essersi allontanate ma sono ancora presenti. Se il mercato dipende dal credito, infatti, le condizioni di approvvigionamento finanziario delle banche restano influenti: una eventuale riduzione delle erogazioni avrebbe il suo peso. Altro problema il possibile rallentamento economico del Paese che, nel caso si verificasse non potrebbe non influire per quanto riguarda i bilanci familiari, penalizzando la propensione all’acquisto e all’investimento.
Il mercato immobiliare residenziale delle nuove costruzioni ha confermato nel 2018 la sua tendenza ciclica positiva. Rispetto alla domanda, oggi l’offerta rimane ancora molto sottostimata e ciò favorisce un accorciamento dei tempi di vendita che sino a tre anni fa erano impensabili. Per il 2019 i segnali rimangono positivi anche se è d’obbligo essere più prudenti, data l’attuale fase congiunturale.
Guardando soprattutto alle nuove costruzioni nelle 8 maggiori città italiane consideriamo che il mercato è ripartito riprendendo ad attirare molta domanda. L’offerta di nuove costruzioni è oggi più bassa rispetto alla domanda potenziale, il che vivacizza il mercato tanto che le compravendite alla fine del 2018 sono cresciute in percentuale anche dell’11-14% rispetto alle compravendite del mercato dell’usato che è sempre positivo ma non arriva a segnare queste cifre.
L’Istat poi certifica che i prezzi delle abitazioni nuove sono da alcuni trimestri in lieve ma significativo incremento, +2% circa a livello nazionale nei prezzi, a differenza del mercato dell’usato che vede prezzi in discesa. Una situazione che invece altre nazioni non vedono, vivendo invece il secondo o terzo anno di rialzo dei prezzi.
Quanto alla situazione delle diverse città, Milano è la più vivace, con una offerta di nuove costruzioni che in generale non arriva al 25% dello stock totale di immobili sul mercato. Si tratta quindi di una offerta bassa, che spinge i prezzi, ma sempre superiore a quella di Roma, Torino, Genova, Napoli. Spesso si tratta di riqualificazioni e restauri conservativi di edifici esistenti inizialmente destinati ad ufficio che vengono riprogettati per diventare residenziali.
Un altro dato che conferma il buon momento è il ritorno sul mercato degli investitori anche esteri, fondi o banche d’affari interessate al mercato residenziale come segmento su cui investire in alternativa a uffici e logistica o commerciale. Il residenziale inizia ad interessare gli investitori italiani ed esteri che credono in questo sviluppo, a partire, anche in questo caso, da Milano, in particolare con Porta Nuova e Citylife. L’attenzione è sul risparmio energetico e sui servizi annessi all’edificio e agli spazi comuni sulla loro gestione: si è disposti ad investire qualche cifra in più, a patto di avere come ritorno una serie di servizi che possano essere sfruttati dai proprietari in questi spazi comuni condivisi che prendono sempre più piede.
Spazi di coworking, sale per eventi, spa fino a soluzioni quali l’Amazon room, il parrucchiere o le celle frigorifere, possibilmente gestite da app condominiali fornite da società di property management, sono tutti spunti sui quali puntare non solo nel 2019, ma nei prossimi anni.
Il 2019 svilupperà un mercato che si è consolidato nell’anno precedente grazie ad approcci fino a poco tempo fa sconosciuti che stanno prendendo sempre più piede. Dal punto di vista delle compravendite, queste miglioreranno probabilmente di poco rispetto al 2018. Il mercato dell’affitto tradizionale andrà bene, considerato che già nel 2018 i contratti di locazione hanno superato in numero queli di vendita, raggiungendo le 700 mila unità. Il mercato dell’affitto breve andrà invece ancora meglio, soprattutto in aree turistiche e nelle grandi città. L’approccio all’immobiliare è infatti radicalmente cambiato: se ieri, ad esempio, si tendeva a comprare casa al proprio figlio studente, o ad affittare una camera in una casa per studenti, oggi esiste lo student housing. La logica di mercato è molto più differenziata e punta all’affitto di qualità.
Dal punto di vista di prezzi e offerta, quest’anno sarà stabile perché non c’è una pressione tale da far salire i prezzi se non nelle città e nelle aree turistiche. Altrove c’è ancora depressione, l’offerta resta maggiore della domanda e anche la qualità del prodotto è scadente rispetto alle richieste degli investitori. Escludendo Milano, le nuove costruzioni sono limitate, mentre la maggioranza del prodotto usato è datato e non vendibile a prezzi elevati, a meno che non si tratti di edifici particolari.
Ulteriore trend da tenere d’occhio nel 2019 è quello dei servizi di gestione immobiliare, evoluti grazie alla tecnologia, ai canali web e alle applicazioni che hanno creato nuove professioni, nuove forme di property management, e anche nuove forme di fruizione degli immobili prima sconosciute, come il coworking e lo student housing.
E’ il quarto anno consecutivo, il 2019 diventa il quinto, in cui le compravendite si chiudono in positivo. Nel 2018 è stato registrato circa un +5% rispetto all’anno precedente, dovremmo quindi chiudere intorno alle 570mila compravendite. Nel 2019 dovremmo avere ancora un segno positivo attorno al 4/5% e dovremmo attestarci intorno alle 590/595mila compravendite. Queste sono le previsioni del Centro Studi della nostra Federazione.
A influenzare l’andamento delle compravendite ci sono sicuramente i valori di mercato, che sono ancora molto buoni per chi acquista casa come abitazione principale o come investimento. Un secondo fattore che influenza l’andamento delle compravendite è rappresentato dai tassi di interesse. In merito, è vero che finisce il Quantitative easing, ma è anche vero che il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha garantito che fino a fine anno verranno acquistati dalla Bce titoli di Stato attraverso il capitale rimborsato da quelli in scadenza. Riteniamo quindi che, dalle previsioni dello stesso Draghi, i tassi di interesse non aumenteranno più di tanto. Qualcosa è già stata avvertita, ma un aumento un pochino più consistente dovrebbe esserci da fine anno in poi. Un terzo fattore che influenza l’andamento delle compravendite è rappresentato dai rendimenti finanziari che sono ancora abbastanza bassi e spesso ritenuti rischiosi. Le persone sono un pochino intimorite nell’affrontare un investimento di questo tipo e quindi magari optano per il mattone, che è qualcosa di solido e offre più garanzie. Questi tre fattori, secondo noi, sono quelli che aiuteranno la spinta del numero delle compravendite.
Sul fronte prezzi, anche quest’anno purtroppo si è chiuso con un segno meno, con una media nazionale attorno al -1,5%. Bisogna poi distinguere tra usato, nuovo e quanto già costruito, ma invenduto e di conseguenza diventato un po’ vetusto, in ogni caso riteniamo che nel 2019 i valori di mercato si dovrebbero stabilizzare. Auspichiamo che il segno meno sparisca e che ci si attesti attorno allo zero. Anche qui bisogna distinguere tra grandi città e piccoli centri. Le grandi città come Milano in primis, che registra già un segno +, poi Firenze, Torino, Napoli, Bologna avranno sicuramente un segno +, lo hanno già avuto nel 2018 e lo avranno anche nel 2019. A scalare ci saranno i capoluoghi. In linea generale, però, auspichiamo che nel 2019 si avrà una stabilizzazione dei prezzi.
I fattori che influenzano l’andamento dei prezzi sono dettati sicuramente dal fatto che, banalmente, l’offerta è ancora superiore rispetto alla domanda. Fino a quando ci sarà un’offerta soprattutto dell’usato così più importante rispetto alle richieste, quindi alla domanda del mercato, è chiaro che i valori faticheranno a salire. Ci sono poi fattori legati alla stessa legge di Bilancio, che non ha previsto grandi novità positive per il settore. A parte la cedolare secca per le locazioni a uso diverso dalle abitazioni, che poi si sono ristrette ai negozi, e la conferma degli incentivi fiscali, non c’è stato un vero piano strutturale del settore. Una politica economica debole sul settore immobiliare e una fiscalità purtroppo ancora troppo pesante incidono sul fatto che la domanda non sia così importante rispetto all’offerta e che quindi i valori fatichino a crescere
Per quanto riguarda le previsioni per il 2019 sul fronte delle compravendite, se il riferimento è al numero di compravendite, fatico a considerare un elemento positivo il recupero (peraltro ancora parziale) dei volumi di transazioni crollati negli anni passati visto che questi scambi avvengono a prezzi di gran lunga inferiori rispetto a quelli di pochi anni fa. Si tratta in gran parte di svendite, soprattutto di “prime case”. Manca quasi del tutto l’acquisto per investimento, che un tempo rappresentava una fetta importante del mercato. Per il 2019 non credo che possa cambiare la tendenza: ci potrà essere una stabilizzazione del numero di compravendite, che avranno però le stesse caratteristiche dell’anno appena trascorso.
In merito alle previsioni per il 2019 sul fronte valori, altro che ripresa. I prezzi sono in caduta libera e la discesa non accenna a fermarsi. Siamo un caso unico in Europa, dove il mercato immobiliare ha ricominciato a correre già da qualche anno. Per il 2019 non prevedo inversioni di tendenza. Anzi, la paura dell’investimento nel mattone potrà essere solo rafforzata per effetto della sciagurata decisione di interrompere quel sacrosanto blocco degli aumenti dei tributi locali (in primis Imu e Tasi) che era stato imposto negli ultimi tre anni dai Governi Renzi e Gentiloni. Per far sì che il settore si riprenda occorrono messaggi forti di riduzione fiscale, sia generale che sugli immobili. Ed è un discorso che vale anche per gli investitori istituzionali, italiani e stranieri, che non dirotteranno le loro risorse sul mattone (a parte casi isolati come quello di Milano) finché non avranno la certezza che possa trattarsi di impieghi realmente produttivi. Occorre anche mettere mano alla legislazione in materia di società immobiliari, per rimuovere una serie di ostacoli all’impegno di questi soggetti, in particolare, nel comparto residenziale.
Per quanto riguarda le previsioni per il 2019 sul fronte delle compravendite, se le aspettative di crescita del Prodotto interno lordo italiano saranno positive, per il 2019 l’Ufficio Studi Nazionale Fimaa – Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari, aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia - prevede un incremento del numero delle compravendite residenziali di circa il 9% rispetto al 2018, trainate da un aumento dei consumi delle famiglie e delle esportazioni. Gli scambi cresceranno maggiormente nelle grandi e medie città, saranno invece stabili nei capoluoghi con popolazione al di sotto dei 100mila abitanti. I fattori che influiranno sull’andamento delle compravendite sono essenzialmente due: l’andamento dell’economia e ladisponibilità nel concedere credito senza incrementare i tassi sui mutui.
In merito alle previsioni per il 2019 sul fronte valori, i prezzi dovrebbero rimanere prevalentemente stabili nelle grandi aree urbane del Paese, ad eccezione della città di Milano che registrerà valori in leggera risalita. A Milano si concentreranno gli investimenti sul segmento terziario (logistico-industriale), mentre a Roma si privilegerà il segmento ricettivo, grazie alle bellezze artistico-culturali che la città offre attirando visitatori da ogni parte del mondo. Prezzi in calo e transazioni stabili nei centri minori. Il tutto ancora conseguenza di una crisi che ha lasciato in eredità unconsiderevole numero di immobili all’asta, che non giovano alla stabilizzazione dei prezzi. L’attuale prevalente offerta immobiliare del mercato, in contrapposizione ad una domanda più contenuta, potrebbe produrre un’ulteriore contrazione dei valori a vantaggio degli acquirenti. Per quanto riguarda i fattori che influiranno sull’andamento dei valori, oltre all’andamento dell’economia, dell’occupazione e dei tassi dei mutui, il prezzo degli immobili dipenderà principalmente dalla loro ubicazione,tipologia e dalle spese di mantenimento (efficientamento energetico). Questi elementi incideranno sempre di più nell’orientare la domanda e di conseguenza continueranno ad influenzare anche l’andamento dei prezzi.
I numeri forniti dai vari istituti di rilevazione del settore ci dicono che il 2019 sarà comunque un anno di ripresa. Il fondo toccato qualche anno fa, con il dimezzamento del volume delle compravendite rispetto al 2008, è stato superato dalla spinta delle grandi città italiane, dove il numero delle transazioni è aumentato. Si parla, sul piano nazionale, di un +10% circa, performance positiva 2019 (fonte Centro Studi Anama), il tutto favorito anche dal maggior numero di mutui erogati da parte del sistema bancario nazionale.
Sul piano dei prezzi, il mercato invece è in controtendenza, ma ciò non significa che non sia un elemento fondamentale per garantire, appunto, il rilancio del settore. Prendendo esempio da altri Paesi europei e dagli Usa, dalle crisi si esce con la volontà di rinnovare il parco immobiliare, favorendo le vendite e quindi l’accesso alla casa da parte del maggior numero di clienti. Un settore in ripresa è anche quello capace di adeguare le quotazioni alle esigenze del mercato.
Oggi più che mai, i prezzi sono determinati dagli acquirenti e quindi i venditori, seppur riducendo i loro guadagni, si troveranno nelle condizioni di avvicinarsi sempre più alle aspirazioni di prezzo dei potenziali acquirenti, per innescare un circolo virtuoso che permetterà la vendita di stock di immobili, da troppo tempo bloccati sul mercato. La ripresa darà stimolo alla realizzazione di nuovi complessi, con l’impiego di nuove tecnologie e rinnovate economie.
Milano e Roma fanno testo a parte, essendo le due metropoli più gettonate anche dalla clientela estera che individua nella città degli affari (Milano) e in quella della politica (Roma) due pilastri fondamentali del Belpaese. Il restante territorio italiano sconta le dinamiche post crisi e quindi la necessità di adeguarsi sempre più alle regole del “prezzo di equilibrio”, per le quali il mercato vero è rappresentato dall’incontro tra la domanda e l’offerta, favorito da sostegni bancari reali, che diano le risorse agli acquirenti al fine di raggiungere l’obiettivo di acquisto della casa.
Mercato immobiliare positivo in Europa, l'Italia arranca: "Manca qualità"
Gli investitori esteri rallentano la loro attività nel Belpaese 16 Settembre 2018
MILANO - Il mercato immobiliare europeo resta in una fase positiva. Lo certifica l'European Outlook 2019 persentato a Santa Margherita Ligure da Scenari Immobiliari, dal quale si evince che il fatturato complessivo dei primi cinque Paesi europei dovrebbe salire quest'anno di oltre dieci punti percentuali, dopo i sei punti conquistati durante lo scorso anno. Per il 2019 la previsione è di un fisiologico rallentamento, che dovrebbe comunque segnare ancora una crescita positiva di almeno sette punti rispetto all'anno in corso, dicono gli esperti.
Il 2018 si è confermato positivo per il mercato immobiliare italiano - ha dettagliato Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, presentando il Rapporto - anche se investitori e famiglie si sono mostrati più cauti rispetto al 2017. L'incertezza su quali saranno le politiche fiscali e occupazionali del nuovo governo mette un freno alle prospettive. Il mercato soffre della carenza di prodotto nuovo e di qualità. Escluso Milano, i prezzi delle case non salgono e le prospettive sono di una prosecuzione del trend anche il prossimo anno".
In effetti, se il fatturato immobiliare di Francia e Germania ha accelerato sensibilmente, poco dietro si sono posizionate Spagna e Inghilterra, ultima con l'8,7 per cento in più sul 2017. "Si distacca di oltre tre punti percentuali l'Italia, cresciuta del 5,3 per cento nel 2018 e prevista ancora rallentamento nel 2019, con un aumento per 4,8 per cento per il prossimo anno", dettaglia il rapporto.
Se si guarda all'andamento dei prezzi medi residenziali, se i principali Paesi presentano aumenti medi intorno al 5 per cento l'Italia e? l'unico Paese ancora in calo, anche se la contrazione va progressivamente riducendosi, facendo stimare per l'anno prossimo un arresto della discesa delle quotazioni. Oltre oceano, gli Stati Uniti godono di un periodo florido dal punto di vista economico e immobiliare, con previsioni di crescita ogni anno superiori, e un aumento del fatturato del 12,1 per cento per il 2019. Stessa tendenza per i prezzi del comparto residenziale, con un rialzo atteso del 6,8 per cento nel 2019.
L'analisi aggiunge che il mercato immobiliare italiano e? rallentato dalla carenza di prodotto di qualità, sia nel nuovo residenziale (sceso sotto il dieci per cento dell'offerta) che nel non residenziale, soprattutto nelle grandi citta?. Gli investitori esteri hanno ancora un sentiment positivo nei confronti dell'Italia e nel primo semestre hanno acquisto (per due terzi uffici e il resto commerciale) per quasi due miliardi di euro. E? quasi la meta? rispetto allo scorso anno. Gli investitori istituzionali italiani (fondi e assicurazioni) hanno comprato per poco più di un miliardo. La contrazione rispetto allo stesso periodo del 2017 e? pari al 48,2 per cento. "Al momento non e? una 'fuga' dall'Italia - ha aggiunto Mario Breglia - ma una contrazione fisiologica rispetto ad un anno straordinario come il 2017 e al drastico calo del prodotto di qualita? sul mercato. Tra i fatti nuovi la maggiore attenzione verso Roma, con la ricerca di immobili di alto livello da trasformare in alberghi".
Standard & Poor’s ha recentemente analizzato le condizioni monetarie dei Paesi europei, al fine di valutare l’andamento del mercato immobiliare nei prossimi anni. E se il panorama generale è di crescita stabile, ci sono alcune nazioni nelle quali il rialzo dei prezzi si farà maggiormente sentire.
In Irlanda e Portogallo i valori salgono
Stando alle previsioni di S&P, sono l’Irlanda, il Portogallo e i Paesi Bassi le nazioni in cui il mattone subirà il rialzo più importante. Nel dettaglio, a Dublino e dintorni proseguirà il trend di crescita che ha già visto salire i prezzi dell’11,9% nel 2017 e del 9,6% nel 2018: per il 2019 ci sarà un ulteriore aumento dell’8%. Quanto al Portogallo, l’apice si raggiungerà nel 2018 (+9,5%), mentre nel successivo triennio la crescita sarà leggermente inferiore (7% nel 2019, 6% nel 2020 e 5% nel 2021). Tuttavia, sebbene a Lisbona il valore medio per metro quadro sia salito del 20%, l’acquisto di una casa resta comunque abbordabile, visto che la cifra si aggira intorno ai 2.500 euro. Percentuali molto diverse sono quelle della vicina Francia, che passerà dal +2,7% del 2018 al +2% nel prossimo triennio e della Germania (+4%). Anche in Spagna la crescita prosegue, attestandosi però su valori a una sola cifra: +5,6% quest’anno, +4,3%, nel 2019 e +3,5% nel 2020.
Su Italia e Regno Unito pesano Brexit e disoccupazione
A causa della Brexit, i rialzi dei valori nel Regno Unito non arriveranno al 2% né quest’anno né il prossimo. Quanto all’Italia, è soprattutto il problema della disoccupazione che frena l’aumento dei prezzi secondo Standard & Poor’s, ma il quadro è comunque tutto sommato positivo: se i valori sono rimasti sostanzialmente fermi nel 2018 (+0,2%), nel 2019 andrà meglio grazie a un +1,3% che salirà fino a raggiungere il 2% nel 2021. Inoltre, grazie ai bassi tassi di interesse la domanda di abitazioni tornerà a salire.
di Laura Fabbro
Fonte: Immobiliare.it
Corre l’immobiliare dell’Europa dell’Est
– di Evelina Marchesini 25 gennaio 2018
Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Ungheria, Slovacchia e non solo. Quelli che dagli addetti ai lavori vengono definiti Cee Countries, riunendo i Paesi dell'Europa centrale e dell'Est Europa, sono oggi nel mirino degli investitori internazionali, non più in cerca del capital gain mordi e fuggi, ma della costruzione di portafogli a reddito, stabili e di lungo periodo. I deal in questi mercati non si fermano e la corsa all'oro riguarda tutti i comparti, cominciando dagli uffici e passando dal retail e la logistica, senza tralasciare il residenziale. Tanto che, per riassumere il trend in atto, Jones Lang LaSalle lo definisce un passaggio “da fenomemi a fondamentali”.
Il quadro economico Qualche dato aiuta a inquadrare quelli che fino a poco tempo fa venivano considerati come i cugini poveri dell'Europa e che oggi invece si possono permettere di guardare al futuro con meno preoccupazioni dei Paesi dell'Europa occidentale. Il prodotto interno lordo medio è cresciuto del 4% nel 2017: l'aumento più accentuato a livello Europeo. Secondo il Fondo monetario internazionale tra il 2017 e il 2022 vedranno ancora la crescita più elevata di tutta Europa, con una previsione del 3% medio annuo, contro l'1,9% dell'Europa meridionale e l'1,8% dell'Europa continentale. Gli investimenti nel real estate dei Cee sono aumentati del 10% nella sola metà del 2017 (e la crescita continua). E' salita a 22 milioni di metri quadrati la superficie di spazi a uso uffici con caratteristiche “moderne” e l'aumento continua al ritmo di circa un milione di metri quadrati all'anno. «Gli standard di vita nell'Europa centrale e dell'Est continueranno a convergere verso quelli delle economie consolidate e per il 2025 Paesi come la Polonia e la Repubblica Ceca avranno gli stessi, o maggiori, Pil pro-capite della media dei 27 Paesi europei», spiega Per Hammarlund, Chief emerging market strategist di Seb Bank. Insomma, il quadro è quello non solo di un'ulteriore crescita, ma di una crescita sostenibile nel lungo periodo, grazie a tre fattori principali: l'elevata qualità del capitale umano, bassi costi del lavoro, apertura al commercio e agli investimenti. Che, riassunto, significa ultra-competitività, secondo Jll.
Sono anche sicuri? Le condizioni per fare business, misurate dalla World Bank, sono migliorate velocemente e si spostano sui livelli dei Paesi dell'Europa occidentale. Un esempio è la Romania, che nel 2007 si piazzava dopo la Cina, l'India e il Sudafrica per percezione della corruzione e oggi è invece davanti alla Grecia e all'Italia.