Attraverso la Francia senza dimenticare il Belgio

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Abbiamo chiesto a Roberto Giardina scrittore se ha ancora un senso proporre una guida sentimentale nell’èra dell’iPhone. Risponde così…

b02843-1-1 Attraverso la Francia senza dimenticare il Belgio

 I giovani cominciarono a viaggiare con pochi soldi, grazie all’autostop. Oggi è facile volare a poco prezzo, in un’ora o due siamo a Londra da qualsiasi città del continente. E non vedremo le bianche scogliere di Dover che segnano il passaggio in un’altra realtà. Invece di limitarci a spostarci, dovremmo riscoprire il gusto di andare da un luogo all’altro, con lentezza. Fermarci a lungo, o ripartire, senza essere costretti da programmi rigidi.
 Le strade sono le stesse, attraverso i secoli. Dove avanzava Giulio Cesare con le sue legioni, passano oggi le autostrade. Goethe e Mozart scesero in Italia in diligenza attraverso il Brennero. Erano viaggiatori, non turisti. E per il Brennero passano le migliaia di tedeschi che continuano a cercare il sole sulle spiagge dell’Adriatico. O gli italiani diretti a Monaco per l’Oktoberfest, o alla Salisburgo di Amadeus.
 L’arte di viaggiare è perdere tempo. La fretta di vedere tutto ci impedisce di gustare un’atmosfera, che è fatta non solo di opere d’arte, di monumenti. In un caffè di Vienna dovremmo ricordare che al nostro tavolo, o quello accanto, sedeva Karl Kraus o Arthur Schnitzler.
 A Parigi, le ostriche sono fresche ovunque, ma da Wepler in Place de Clichy andava Henry Miller, l’autore di Tropico del Cancro. Feticismo, voyeurismo? Conoscere i luoghi dove ha vissuto uno scrittore, o un pittore, serve a capire meglio un romanzo, un quadro. E attraverso un libro, o un film, stabilire un rapporto tra noi e quel che ci circonda. Perché andare a cercare a Parigi il ponte dove Jules e Jim e la loro Kate si inseguono felici? Un ponte in ferro, come tanti, in apparenza. Il romanzo di Henri-Pierre Roché è autobiografico, racconta una storia vera, appena modificata da Truffaut, e seguire i veri protagonisti ci porta a Monaco di Baviera e a Berlino, uno dei tanti intrecci che formano la nostra Europa.
A9R1qsr1bh_1bt3kic_23o Attraverso la Francia senza dimenticare il Belgio Jules e Jim corrono verso il futuro sul Pont de l’Europe, dipinto da Gustave Caillebotte nel 1876, e dal quadro e dal film passiamo alla casa di campagna di Charles de Gaulle a Colombey-les-Deux-Églises, dove l’anziano generale ospitò per una notte Konrad Adenauer. Due padri della nostra Unione, che seppero superare un passato di guerre. Se vi ritrovate a Bruxelles innanzi al Palazzo Berlaymont, sede e simbolo dell’Unione europea, potete pensare alla burocrazia degli eurocrati, oppure all’Europa che da settant’anni non conosce guerre, mai un periodo così lungo nella sua storia, grazie anche a Jules e Jim.
 Il quadro di Caillebotte lo trovate al Musée du Petit Palais a Ginevra.
 Attraverso un altro quadro, La notte stellata, possiamo stabilire il giorno esatto, e il luogo, dove van Gogh pose il suo cavalletto sulla riva del Rodano. Risalendo il fiume, giungiamo al punto dove Annibale lo guadò con i suoi elefanti. Perché volle valicare le Alpi invece di invadere l’Italia passando lungo il mare? Non c’è nulla da vedere, ma lì possiamo immaginare il nostro passato.
 Non si viaggia, non sempre, seguendo un percorso logico, il più comodo, il più opportuno. Si va avanti e si torna indietro seguendo un gioco di riflessi tra il presente e quel che avvenne un anno, o un secolo fa.
 Un giorno, un americano mi fermò in piazza del Popolo a Roma: “Quale bus per il Ben Hur Stadion?” chiese sicuro che comprendessi il suo inglese e il suo desiderio. Spero di avergli consigliato il numero giusto, per il viaggio, due chilometri, e duemila anni, dal traffico del XXI secolo alle bighe. Ma non mi prendo gioco del turista texano. Fu lui a farmi venire la prima idea di questo libro. La storia è fatta di storie, anche quelle dei feuilleton e delle pellicole di Hollywood, che poi sono la stessa cosa. Alcune restano e diventano più vere della realtà perché le inventarono Balzac o Cecil B. DeMille, Agatha Christie o Thomas Mann.
Le illustrazioni di Alessandra Scandella accompagnano il libro con un fascino evocativo che non potrebbe avere una foto, che ferma un attimo. In un acquerello si possono mischiare atmosfere diverse, una leggenda e un fatto di cronaca, Barbablù e la Nevers di Hiroshima, mon amour.
A9R1rd4c0i_1bt3kie_23o Attraverso la Francia senza dimenticare il Belgio In Francia entriamo attraverso la Costa Azzurra, e ci ritroviamo in Caccia al ladro con Grace Kelly e Cary Grant. Grazie a quel film, l’algida bionda di Filadelfia divenne la principessa di Monaco. I sogni che diventano realtà, come cantava Doris Day. Forse pochi leggono ancora Bonjour tristesse, eppure il romanzo della diciannovenne Françoise Sagan riesce meglio di qualsiasi saggio di storia o di sociologia a farci capire i nostri anni cinquanta.
 Seguendo la Loira, di castello in castello, raggiungiamo l’Atlantico. Quale sarà la nostra Normandia, quella dello sbarco alleato il 6 giugno 1944, o Cauourg, che è la Balbec della Ricerca del tempo perduto? Se avete fortuna, e siete disposti a un sacrificio economico, potete passare una notte al Grand Hôtel nella camera di Marcel Proust, la 414. L’ho trovata come nel libro, la marea crescente dell’Atlantico si rifletteva sui vetri della libreria, esattamente come nella Recherche. Un capriccio caro. Ma il ristorante dell’albergo, a cui Proust dedica un paio di pagine, non vale la spesa.
 Il Belgio non è un paese noioso, come qualcuno sostiene, se viaggerete attraverso la storia. Waterloo è a venti chilometri da Bruxelles, si raggiunge in tram. Il 18 giugno 1815, Napoleone perse e la storia d’Europa cambiò, forse perché pioveva a dirotto, come non era prevedibile alla vigilia dell’estate, a causa dell’eruzione del vulcano Tambora, nell’arcipelago della Sonda, in Indonesia. Quell’estate senza sole ispirò a Mary Shelley la figura del dottor Frankenstein, mentre era in vacanza l’anno seguente sul lago di Ginevra, con il marito e Lord Byron.
A9R1yaibuo_rmksiy_3l0 Attraverso la Francia senza dimenticare il BelgioSi visita Liegi in compagnia di Simenon, che vi nacque e se ne fuggì a Parigi senza mai riuscire a dimenticarla.
Il Belgio ha il fascino delle canzoni di Jacques Brel, o di quelle di Salvatore Adamo, figlio di un siciliano emigrato per lavorare in miniera.
Elio Di Rupo, è figlio di un emigrato dall’Abruzzo, e divenne primo ministro.
Il museo di Marcinelle, vicino a Charleroi, ricorda i 262 minatori, quasi tutti italiani, morti nell’incendio, l’8 agosto 1956.
Se visitate una città in compagnia di un amico che ci vive, vi porterà negli angoli che lui ama, che non sono sempre quelli di un Baedeker ufficiale, e sono sempre soggettivi.
Nel viaggio bisogna avere il coraggio di ignorare le tappe obbligate, e seguire il nostro istinto.
Ognuno scelga la “sua” Londra, o la “sua” Roma, quella dei Beatles o quella di Pasolini, segua le tracce di Jack the Ripper o del marchese de Sade che nella città eterna sfuggiva i suoi fantasmi erotici, o li cercava.
E a Parigi, vaghi alla ricerca degli scorci dipinti dagli impressionisti, o dei ristoranti dove andava Ernest Hemingway, ricordati in Festa mobile.
Questo e non quello? Oppure il contrario, poco importa, se non volete perdere nulla, finirete per perdere tutto.
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