Il clima del pianeta è stravolto. Ed è la catastrofe per l'Europa
Secondo proiezioni recenti le regioni aride in Europa si espanderanno dal 13 per cento del continente al 26 per cento e dureranno quattro volte più a lungo, colpendo più di 400 milioni di persone. Francia meridionale, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia saranno colpite con particolare durezza.
I residenti si rifugiano sulla spiaggia mentre un incendio brucia sull'isola greca di Chios (Fonte: The Telegraph)
Anche se gli scienziati erano consapevoli del potenziale di alterazione del clima del consumo di idrocarburi già nel 1896, la ricchezza generata dal muovere filatrici, far funzionare telai e alimentare fucine era seduttiva, così come il potere che dava a paesi per costruire imperi coloniali e sottomettere popolazioni in tutto il globo.
I nodi alla fine sono arrivati al pettine
Quando la maggior parte delle persone pensa al cambiamento climatico quelli che vengono in mente sono i poli, i ghiacciai dell’Asia che scompaiono rapidamente, o l’Australia, dove pesanti siccità stanno prosciugando il fiume più lungo del continente, il Murray. Ma il cambiamento climatico è un boicottatore delle pari opportunità e l’Europa sta subendo un uno-due di troppa acqua al nord e al centro e non abbastanza al sud.
Secondo proiezioni recenti, le regioni aride in Europa si espanderanno dal 13 per cento del continente al 26 per cento e dureranno quattro volte più a lungo, colpendo più di 400 milioni di persone. Francia meridionale, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia saranno colpite con particolare durezza, anche se quanto duramente dipenderà da se l’aumento della temperatura del pianeta sarà mantenuto a 1,5 gradi centigradi o salirà a tre gradi centigradi.
L’Europa settentrionale e centrale, d’altro canto, subirà maggiori precipitazioni e conseguenti inondazioni. Sarà colpito più di un milione di persone e i danni saranno dell’ordine di centinaia di miliardi di euro. Mentre il clima sta tempestando l’Europa, l’aumento del mare da uno a due metri nel corso del prossimo secolo inonderà Copenhagen, l’Olanda, molti porti francesi e tedeschi e Londra. Se il manto di ghiaccio della Groenlandia effettivamente si sciogliesse, gli oceani salirebbero di più di sette metri.
La produzione alimentare sarà un’altra vittima. Secondo David Wallace-Wells in “The Uninhabitable Earth” [La terra inabitabile], i raccolti di cereali diminuiranno del 10 per cento per ogni grado di aumento della temperatura. Quando mancano i raccolti, la gente si sposta e il posto logico cui dirigersi è a nord. Non sono solo la guerra e i disordini che spingono profughi verso l’Europa, ma anche diffuse mancanze di raccolti causate da troppa acqua o troppo poca.
Il clima in riscaldamento consente anche a insetti, quali il coleottero della corteccia, di attaccare i boschi dell’Europa. I coleotteri sono sempre più attivi nella Repubblica Ceca, in Polonia, Slovacchia, Norvegia e, in particolare, in Russia che ospita le più vaste foreste temperate del mondo.
Ogni albero che muore è una spugna di carbonio in meno per trasformare la CO2 in ossigeno. E gli alberi morti sono anche più vulnerabili a incendi forestali, che possono pompare ancora altro gas di riscaldamento climatico nell’atmosfera. Gli incendi non fanno che aumentare in paesi come Spagna, Grecia e Portogallo, ma anche in Svezia e Finlandia.
Per molti anni i negatori del cambiamento climatico – finanziati dall’industria degli idrocarburi e da sofisticate campagne mediatiche – sono riusciti a gettare una certa quantità di dubbi riguardo al riscaldamento globale, ma un’ondata di uragani devastanti e gli incendi dell’anno scorso in California hanno cominciato a cambiare l’opinione pubblica. Le elezioni europee dell’estate scorsa hanno visto partiti verdi dell’intero continente avere buoni risultati e sondaggi indicano un crescente allarme tra il pubblico.
Numerosi partiti europei differenti, tra cui il Partito Laburista britannico, stanno promuovendo un “New Deal Verde per l’Europa” basato su un appello delle Nazioni Unite a ridurre a zero le emissioni di gas serra entro il 2050.
Il Patto Verde europeo propone di usare banche pubbliche d’investimento per finanziare gran parte del piano, che è mirato a mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi centigradi. Anche se il prezzo della riduzione delle emissioni sarà certamente elevato, i costi di non farlo sono molto maggiori, tra cui la possibilità che le temperature mondiali possano salire sino a 5 gradi centigradi, un livello che potrebbe rendere gran parte del mondo invivibile per gli esseri umani.
Un balzo di tale portata sarebbe simile al genere di aumento della temperatura vissuto dal mondo alla fine dell’era permiana, 250 milioni di anni fa. Chiamata la “Grande Estinzione”, uccise il 96 per cento della vita in mare e il 70 per cento di quella sulla terra.
Uno dei principali motivi della scomparsa permiana fu l’espansione di cianobatteri, che producono una miscela tossica che può uccidere quasi ogni cosa con cui venga in contatto. Tali fioriture di cianobatteri sono già in corso in più di 400 luoghi di tutto il mondo, compresa una vasta zona morta del Mar Baltico. Alcuni laghi dello stato di New York sono divenuti così tossici che l’acqua è fatale per gli animali domestici che vi si abbeverano.
Il maggiore elemento di diffusione dei cianobatteri è l’acqua calda accoppiata con maggiori piogge – una delle conseguenze del cambiamento climatico – che dilavano nutrienti in laghi e fiumi.
Dei 195 paesi che hanno firmato gli Accordi di Parigi sul Clima, solo sette sono prossimi a mantenere i loro impegni circa le emissioni carboniche. E una delle maggiori fonti mondiali di gas di riscaldamento globale, gli Stati Uniti, si è ritirata. Se tutti i 195 paesi conseguissero i loro obiettivi, tuttavia, il clima è ancora diretto a raggiungere i 3 gradi Celsius. Anche se l’aumento potesse essere contenuto a 2 gradi, probabilmente scioglierebbe la calotta della Groenlandia e forse il ghiaccio dell’Antartide. Lo scioglimento della Groenlandia alzerebbe i livelli degli oceani di 8 metri, quello dell’Antartide di decine di metri.
Per quanto soverchiante appaia il problema, può essere affrontato, ma solo se il mondo mobiliterà il genere di forza che mobilitò per combattere la Seconda guerra mondiale. Ci vorrà, tuttavia, un profondo ripensamento della politica e dell’economia nazionale.
L’organizzazione statunitense oggi più concentrata sul cambiamento climatico è il Pentagono, che sta accelerando per combatterne le conseguenze. Ma il nostro enorme apparato della difesa è una grossa parte del problema, poiché la spesa militare è gravida di carbonio. Secondo il progetto “Cost of War” [costo della guerra] della Brown University, il Pentagono è il maggior consumatore di idrocarburi del pianeta. Tuttavia numerosi paesi europei – sotto la pressione dell’amministrazione Trump – stanno aumentando la loro spesa militare, esattamente la strategia sbagliata per combattere la minaccia climatica.
Il mondo dovrà convenire che è essenziale mantenere gli idrocarburi sottoterra. La fratturazione idraulica, le sabbie bituminose e l’apertura di ancora altre fonti di petrolio e gas nell’artico dovranno essere fermate. Dovrà essere estesa l’energia solare, idrica ed eolica e dovranno essere riesaminate alcuni parti molto fondamentali dell’economia.
Ciò sarà tutt’altro che indolore
Ad esempio, ci vogliono quasi 8.500 litri di acqua per produrre mezzo chilo di carne bovina, rispetto ai 2.000 litri per mezzo chilo di pollo. Lo yogurt utilizza 600 litri. Mentre la produzione di carne bovina usa il 60 per cento della terra agricola, fornisce solo il 2 per cento dell’apporto calorico umano.
E’ improbabile che la gente rinuncerà alla carne – anche se la crescente disuguaglianza economica ha già rimosso la carne dalla dieta di molti – ma ciò che mangiamo e come lo produciamo dovrà essere parte di qualsiasi soluzione. Ad esempio, una principale fonte di gas serra è l’agricoltura industriale con la sua forte dipendenza da fertilizzanti chimici.
Secondo il Gruppi Intergovernativo sul Cambiamento Climatico quasi il 30 per cento della produzione alimentare finisce sprecato, la maggior parte in paesi ricchi. Un’equa distribuzione dell’offerta di cibo non solo alimenterebbe più persone, ma utilizzerebbe anche meno terra, in tal modo tagliando i gas serra fino al 10 per cento. Si aggiunga a ciò una limitazione del consumo della carne e centinaia di milioni di miglia quadrate di terreni di fattorie sarebbero liberate per piantare alberi assorbitori di carbonio.
Lo si può fare gradualmente? Forse deve essere così, ma non a lungo. Il cambiamento climatico ci è addosso. Come sarà quel futuro va ideato dalla generazione attuale e anche se indubbiamente azioni concertate possono fare la differenza, le lancette dell’orologio si spostano in avanti. Quando suonerà la prossima campana, suonerà per noi.
Fonte: Dispatches from the Edge