Perchè tanti tedeschi in piazza contro i fascisti dell'Afd
Contro quell’estremismo nazifascista che viene considerato in Germania una minaccia alla democrazia, hanno marciato 360.000 sabato e 550.000 domenica cittadini tedeschi secondo le cifre ufficiali annunciate ieri dal Ministero federale degli Interni. Alcuni giornali hanno parlato di 1,5 milione di persone molte delle quali non avevano mai manifestato prima o non manifestavano più da anni. Domenica a Monaco gli organizzatori hanno dovuto sospendere la manifestazione perchè ne aspettavano 40 mila e, invece ne sono arrivati 200 mila. Un record! La polizia ne aveva previsti 25 mila.
Andreas Zick sociologo ricercatore sull'origine dei conflitti con cattedra all'Università di Bielefeld è stato esplicito: "Era da molto tempo che giudici, Chiese e, soprattutto, aziende non si schieravano dalla parte dei manifestanti. Va pure detto che a sfilare non è soltanto il popolo istruito, ma l'intera società civile intergenerazionale".
Le manifestazioni sono una reazione a un’inchiesta pubblicata a inizio gennaio dal sito tedesco di giornalismo investigativo Correctiv, secondo il quale a fine dicembre ci sarebbe stato un incontro tra alcuni leader di AfD e diversi membri del movimento neonazista tedesco e finanziatori del partito. L’obiettivo della riunione sarebbe stato quello di discutere un piano di espulsioni su larga scala delle persone richiedenti asilo, di immigrati con permesso di soggiorno e anche di cittadini tedeschi di origine straniera. L’operazione è stata definita “remigrazione”.
Già nei primi anni successivi alla riunificazione la Germania si era trovata alle prese col problema immigrazione; con l’impatto negativo che i richiedenti asilo e gli stranieri in generale generavano in ampi settori della società tedesca, con particolare riferimento ai länder dell' ex DDR.
Era l’epoca in cui i naziskin iniziavano a far parlare di sé. Gli episodi cruenti non mancarono e fecero capire a tutto il Paese le dimensioni del conflitto latente. Già nel 1991 la polizia aveva dovuto evacuare un ostello che ospitava migranti a Hoyerswerda, Sassonia profonda da dove proviene anche Frauke Petry ex leader di AfD; poi ci furono le celebri sommosse di Rostock, Pomerania, dell’anno successivo, quando migliaia di xenofobi assediarono per giorni un palazzo abitato da vietnamiti (la DDR aveva aiutato il Vietnam socialista in guerra con gli USA accogliendo profughi nel decennio precedente).
Nonostante la consapevolezza da parte di tutte le forze sociali, l’eredità scomoda dell’ex Germania est continua ancora oggi ad avvelenare il clima politico nazionale. Si tenga a mente che, l'AfD fondato nel 2013 è oggi il secondo partito in Germania dopo l’Unione Cristiano-Democratica (CDU, il principale partito conservatore tedesco), con un consenso a livello nazionale del 24 per cento, dietro la Cdu-Csu al 29 per cento, ma che va oltre il 30 per cento nei sei länder (corrispettivo delle nostre regioni, ma con maggiore autonomia) dell’ex Germania dell’Est: in Sassonia e Turingia, dove il primo settembre si terranno le elezioni regionali, arriva al 35 per cento. Sicché il timore di un ritorno del fascismo è andato diventando un fenomeno diffuso.
Certamente, dalla storia di quei sei länder si capisce che, l'estremismo è il costo politico di una pronunciata disuguaglianza sociale e della stagnazione politica. I demagoghi, che promettono rinnovamento morale ed economico, vendetta contro nemici fantasma e ritorno alla gloria perduta, sono usciti alla grande dal pantano. Infatti a gestire il malessere ci pensano le destre, presenti e vincenti in Germania, Polonia, Ungheria, Italia, Francia, Lituania e da ultimo in Olanda.
Non è, come ha fatto notare il filosofo Gabriel Rockhill , che il fascismo non sia mai andato via. "Gli Stati Uniti non hanno sconfitto il fascismo nella seconda guerra mondiale" , scrive , "lo hanno internazionalizzato in modo discreto". Come negli Anni '30, il liberalismo in bancarotta, la grottesca disuguaglianza sociale e il declino del tenore di vita hanno rafforzato i movimenti fascisti in Europa e negli Stati Uniti.
Le manifestazioni, le proteste, le rivolte spesso molto violente, sono andate infittendosi in Europa, da parte di una folla molto variegata, nella quale numerosa è la presenza della classe media. Tant’è che in Europa, persino i moderati e i vecchi conservatori sono seriamente preoccupati per la tenuta del sistema sul quale si regge la civile convivenza, al punto tale che ormai già si parla di post-democrazia. Significa che il peggio deve ancora arrivare?
Succede perché la vita precaria intesa nella sua accezione più ampia, funziona come un collante sociale all’interno della dimensione pubblica. Non vanno a sostegno della democrazia quei miliardi di dollari che vengono dirottati dalle nazioni occidentali in un momento di crisi economica e di sbalorditive disparità di reddito per finanziare una guerra per procura in Ucraina, e il genocidio di Israele nella striscia di Gaza.
Naturalmente, ci sono differenze profonde tra la situazione politica esistente negli anni ’30 e oggi. Mentre Hitler fu in grado di mobilitare sotto la sua bandiera milioni di piccoli commercianti disorientati e rovinati e contadini devastati dalla povertà, il fascismo oggi non è un movimento di massa. E’ detestato da una maggioranza schiacciante. Le manifestazioni di questi giorni confermano che, la maggioranza dei tedeschi si oppone a qualsiasi partecipazione dell’AfD al governo. Solo il 9 per cento - secondo gli ultimi sondaggi - sosterrebbe un governo di coalizione che comprendesse l’AfD.
Resta il fatto che, entro la prossima primavera, dopo un inverno di guerre e di rinunce in cui le famiglie lottano per pagare il cibo e il riscaldamento, ciò che resta dell' anemica democrazia occidentale potrebbe essere in gran parte eroso. I tedeschi l'hanno subdorato e sono scesi in piazza. Noi italiani restiamo imbambolati davanti alla Meloni.
Vincenzo Maddaloni, come inviato speciale è stato testimone in molti luoghi che hanno fatto la storia del XX secolo. E’ stato corrispondente a Varsavia negli anni di Lech Wałęsa (leader di Solidarność) ed a Mosca durante l'èra di Michail Gorbačëv. Ha diretto il settimanale Il Borghese allontanandolo radicalmente dalle storiche posizioni di destra. Infatti, poco dopo è stato rimosso dalla direzione dello storico settimanale fondato da Leo Longanesi. È stato con Giulietto Chiesa tra i membri fondatori del World Political Forum presieduto da Michail Gorbačëv. È il direttore responsabile di The Berlin89, magazine del Centro Studi Berlin89.