Come mai agli intellettuali progressisti tedeschi piacque (tanto) Garibaldi
La figura di Garibaldi seduceva i tedeschi riscattando molti atavici pregiudizi a carico degli italiani. Una nipote di Theodor von Neuhoff, singolare avventuroso personaggio che riuscì per qualche tempo a farsi incoronare re di Corsica, non aveva forse sposato nei primi decenni del Settecento un certo Giuseppe Battista Garibaldi, che sarebbe il bisnonno del condottiero?
« Come state, caro Garibaldi? » « Bene, Maestà, e Lei? »« Benone.»
Un giorno d'estate del 1855 una strana lettera viene recapitata a Zurigo nella casa del poeta tedesco Georg Herwegh.
La stranezza non consiste nel fatto che proviene dall'Italia e l'ha spedita Felice Orsini. Il patriota e rivoluzionario italiano, due anni e mezzo più tardi autore dell'attentato a Napoleone III che lo porterà sulla ghigliottina, da lunga data è amico di famiglia. Inoltre è intellettualmente legato, e forse non solo intellettualmente, a Emma Siegmund, la moglie di Georg.La cosa strana è che Felice da lunghi mesi non dà notizie di sé, si sa che è impegnato in una delle sue rischiose missioni e dunque ci si aspettava da questa lettera un dettagliato rapporto, il chiarimento del mistero. Invece no, soltanto convenevoli, frasi fatte.
Emma è perplessa e rigira il foglio fra le mani, finché il marito ricorda che l'amico gli aveva parlato di certi accorgimenti ai quali un uomo dalla vita così avventurosa doveva ricorrere.
Georg avvicina la lettera alla fiamma di una candela, ed ecco finalmente comparire il vero messaggio sotto le righe in chiaro.
Con l'inchiostro simpatico Orsini racconta di essere prigioniero degli austriaci nel castello di San Giorgio a Mantova.
Sanno tutto della sua attività sovversiva, dunque se non riuscirà a scappare lo attende il capestro. Il carteggio va avanti, anche Emma scrive col simpatico.
Il prigioniero chiede abiti e piccole somme di denaro nella parte in chiaro controllata dalla censura, nel messaggio clandestino cifre più alte con cui proverà a corrompere le guardie.
Chiede anche oppio per addormentare i secondini e lo riceve nascosto nei bottoni di un cappotto.
Le banconote sono occultate nelle copertine di alcuni libri. Ma il piano basato sull'oppio va in fumo e allora Felice chiede e ottiene lime sottili, ancora nascoste nelle rilegature dei libri, con cui pazientemente taglia le sbarre.
E così il prigioniero italiano, con l'aiuto degli amici tedeschi, riesce a sottrarsi al patibolo e a prendersi gioco della potenza austriaca.
La relazione fra gli Herwegh e Orsini è un esempio della simpatia con cui il mondo progressista e intellettuale tedesco segue le vicende del Risorgimento.
Un altro esempio è quello della baronessa e scrittrice Marie Esperance von Schwartz, nota con il nome ellenizzato di Elpis Melena, al centro di un ambiguo rapporto con Giuseppe Garibaldi.
Profondamente coinvolta nella causa italiana, un giorno del 1857 si presenta a Caprera.
Dice a Garibaldi che vuole curare l'edizione tedesca delle sue Memorie. Fra i due scocca la scintilla, un anno più tardi il condottiero la chiede in sposa. Lei esita e poi rifiuta, perché sa della sua relazione con la domestica Battistina. Infatti costei gli sforna una bambina, Anita, che il padre affida proprio alla tutela di Marie Esperance.
La baronessa la porta con sé nella sua casa a Creta ma la piccola, che proprio non lega con quella scorbutica signora tedesca, riuscirà a svignarsela chiedendo aiuto con una lettera che avrà lasciato cadere dalla finestra.
La figura di Garibaldi seduceva i tedeschi riscattando molti atavici pregiudizi a carico degli italiani.
Del resto proprio Marie Esperance non sostenne forse che nelle vene del mitico generale scorreva sangue germanico?
Una nipote di Theodor von Neuhoff, singolare avventuroso personaggio che riuscì per qualche tempo a farsi incoronare re di Corsica, non aveva forse sposato nei primi decenni del Settecento un certo Giuseppe Battista Garibaldi, che sarebbe il bisnonno del condottiero?
É quanto asseriva la scrittrice ma la ricostruzione appare sospetta, visto che non ci sono prove documentarie del matrimonio che sarebbe stato celebrato a Rüggeberg nella Ruhr, mentre è certo che la famiglia dell'eroe proveniva da Chiavari.
Garibaldi un po’ tedesco, oltre che cittadino francese essendo nato a Nizza allora nell'impero napoleonico?
Viene il sospetto che la fama internazionale del personaggio, la sua contraddittoria personalità di pacifista armato, le sue virtù guerriere così poco italiane nella percezione tedesca, l’assonanza germanica del cognome, forse anche il biondo aspetto fisico abbiano diffuso in terra teutonica la tentazione di cooptarlo nel mondo di Sigfrido e dei Nibelunghi.
Non si pongono certo problemi di questo tipo Karl Marx e Friedrich Engels, che nei loro scritti sul risorgimento salutano le imprese garibaldine come il segnale che gli sviluppi politici in Italia potrebbero non limitarsi a una strategia di annessioni da parte del Piemonte, ma portare gli sforzi per l'unificazione nazionale a un esito popolare e rivoluzionario.
I due teorici del comunismo lamentano d'altra parte, prendendosela anche con le posizioni “borghesi” di Giuseppe Mazzini, la mancanza di un'ottica di classe e di un'attenzione alle condizioni materiali nel processo che porterà all'unità d'Italia.
L'iniziativa popolare di Garibaldi, sia pure inserita in un contesto più unitario che sociale, sembra a Marx e Engels il solo elemento potenzialmente correttivo di quella che considerano una “rivoluzione senza rivoluzione”.
Fra i grandi paesi europei, Italia e Germania hanno in comune l'avere raggiunto l'unità soltanto nella seconda metà del diciannovesimo secolo, e l'averlo fatto a partire da entità statali destinate a guidare il processo, il Piemonte e la Prussia.
Ma le due vicende sono state del tutto dissimili, così come profondamente diversi furono gli artefici dell'evento unitario, il principe Otto von Bismarck e il conte Camillo Benso di Cavour.
Autoritario il primo e insofferente del vincolo parlamentare, liberale il secondo e abilissimo nel confrontarsi con l'assemblea rappresentativa.
Da una parte l'obiettivo raggiunto durch Eisen und Blut, attraverso una guerra fortemente voluta, dall'altra un prodigio di abilità diplomatica accompagnato dal disinvolto sfruttamento del volontarismo garibaldino.
I due eventi unitari si realizzano il primo contro la Francia, il secondo grazie al contributo francese: eppure condividono il connotato anti-austriaco.
In una lettera del 1861, l'anno dell'unità d'Italia, al ministro degli esteri prussiano Albrecht von Bernstorff il futuro cancelliere imperiale, allora ambasciatore a San Pietroburgo, scriveva che “se non fosse già nato per conto suo, il regno d'Italia dovremmo inventarlo noi”.
L'unificazione influì sulla percezione tedesca dell'Italia.
Il tumultuoso susseguirsi di avvenimenti, la miscela di intelligenza e di forza, l'abilità diplomatica di Cavour e l'impeto delle camicie rosse di Garibaldi, produssero una decisa revisione di preconcetti e pregiudizi.
Nell'immaginario tedesco una nuova immagine sostituì almeno temporaneamente quella dell'italiano scansafatiche, tendenzialmente corrotto, inaffidabile, poco propenso a combattere.Nel 1866, quando il regno d'Italia era già nato ma non ancora il Reich germanico, il giurista liberale Rudolf von Jhering confidava quanto avesse desiderato “un Cavour tedesco e un Garibaldi messia politico della Germania”, e come improvvisamente questa figura fosse finalmente comparsa “nella persona del bistrattato Bismarck”.
E ancor prima, nel '53, August Ludwig von Rochau, il celebre autore dei Grundsätze der Realpolitik, riferendosi all'attivismo diplomatico di Cavour citava l'”esempio del regno di Sardegna” come modello per puntare su obiettivi di riscatto nazionale.
Davanti a una nazione sbriciolata in una quantità di stati, fra i quali una potenza egemone come la Prussia che già incarnava lo spirito dell'unità nazionale, almeno da quando il congresso di Vienna aveva unito al Brandeburgo luterano l'intera Renania cattolica, si svolgeva lo spettacolo di una nazione analogamente divisa e protesa verso la costruzione di un solo grande stato.
Tutto questo coinvolgeva anche emotivamente un'opinione pubblica che non si riconosceva nella frammentazione politica.
Gli eventi e i personaggi che stavano unificando l'Italia affascinavano la Germania. Non a caso Herwegh, il poeta amico del “terrorista” Orsini, l'autore dei Gedichte eines Lebendigen, travolto dall'entusiasmo per il leggendario eroe dei due mondi offrì ai suoi connazionali la traduzione tedesca dell'inno di Garibaldi: Die Gräben sind offen, die Toten erstanden...
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1. Si scopron le tombe, si levano i morti
i martiri nostri son tutti risorti!
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
la fiamma ed il nome d'Italia nel cor:
corriamo, corriamo! Sù, giovani schiere,
sù al vento per tutto le nostre bandiere
Sù tutti col ferro, sù tutti col foco,
sù tutti col nome d'Italia nel cor.
Refrain:
Va' fuori d'Italia,
va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia,
va' fuori o stranier!
2. La terra dei fiori, dei suoni e dei carmi
ritorni qual'era la terra dell'armi!
Di cento catene le avvinser la mano,
ma ancor di Legnano sa i ferri brandir.
Bastone tedesco l'Italia non doma,
non crescono al giogo le stirpi di Roma:
più Italia non vuole stranieri e tiranni,
già troppi son gli anni che dura il servir.
Refrain:
3. Le case d'Italia son fatte per noi, *)
è là sul Danubio la casa de' tuoi;
tu i campi ci guasti, tu il pane c'involi,
i nostri figlioli per noi li vogliam.
Son l'Alpi e tre mari d'Italia i confini,
col carro di fuoco rompiam gli Appennini:
distrutto ogni segno di vecchia frontiera,
la nostra bandiera per tutto innalziam.
Refrain:
3a. Se ancora dell'Alpi tentasser gli spaldi,
il grido d'allarmi darà Garibaldi,
e s'arma -allo squillo che vien da Caprera-
dei Mille la schiera che l'Etna assaltò.
E dietro alla rossa avanguardia dei bravi
si muovon d'Italia le tende e le navi:
già ratto sull'arma del fido guerriero,
l'ardito destriero Vittorio spronò.
Refrain:
4. Per sempre è caduto degli empi l'orgoglio
a dir: Viva l'Italia, va il Re in Campidoglio!
La Senna e il Tamigi saluta ed onora
l'antica signora che torna a regnar.
Contenta del regno, fra l'isole e i monti,
soltanto ai tiranni minaccia le fronti:
dovunque le genti percota un tiranno,
suoi figli usciranno per terra e per mar!
Refrain: