Ne uccide più il video che il drone
È stato poco tempo dopo aver visto il filmato del presidente ucraino Zelensky che Biden ha detto, «Putin è un criminale di guerra». In Italia ogni sera da quando è scoppiato il conflitto la televisione di Stato apre il Telegiornale delle 20 con le immagini crude dei bambini, delle donne e degli anziani sopravvissuti ai bombardamenti, aizzando l'odio contro i russi, peggio di quanto accadeva ai tempi della guerra fredda. Come in ogni altro conflitto, spiegano che noi siamo i buoni: i cattivi sono gli altri. Insomma, è tornata la propaganda di guerra, il politologo francese Thierry Meyssan ce ne fa la storia.
La guerra in Ucraina indigna l’opinione pubblica occidentale, che si mobilita per soccorrere gli ucraini in fuga. È un fatto che nessuno mette in discussione: il dittatore Putin non tollera la nuova democrazia ucraina.
Quindi raccontiamola dal principio.
CHI HA COMINCIATO?
Sono scienziati non più autorevoli di quelli che durante l’epidemia di Covid-19 ci annunciavano l’apocalisse. Si fregiavano del titolo di “scienziati” senza averne la razionalità.
Quando queste persone sono arrivate al potere a Kiev non si sono dichiarate “naziste”, ma “nazionaliste”, nel senso attribuito al termine da Stepan Bandera che, sebbene rilanciasse addirittura le intenzioni genocide dei nazisti nei confronti di slavi ed ebrei, non si dichiarava “nazista”, ma “nazionalista”.
Il nuovo potere ha definito il regime precedente «filo-russo», affermazione fattualmente non veritiera, e ha bandito tutto quel che richiama la cultura russa. In primo luogo la lingua. Gli ucraini sono in maggioranza bilingui, parlano infatti russo e ucraino. All’improvviso metà della popolazione si è sentita dire che non avrebbe più potuto parlare la propria lingua nelle scuole e negli uffici pubblici. La regione del Donbass, maggioritariamente russofona, si è sollevata.
Anche la minoranza ungherese, che a scuola riceveva un insegnamento in madrelingua, si è ribellata, sostenuta dall’Ungheria.
Nel 2014 il presidente francese François Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel riunirono allo stesso tavolo i rappresentanti di Kiev e del Donbass e negoziarono gli Accordi di Minsk. Francia, Germania e Russia ne divennero i garanti.
Dmytro Ya
rosh. Alle sue spalle la bandiera di Stepan Bandera: nera e rossa, con il disegno del Tridente ucraino. Nel 2007 realizzò l’alleanza tra neonazisti europei e jihadisti mediorientali contro la Russia. Svolse un ruolo centrale nel cambiamento di regime del 2014. Oggi è consigliere speciale del capo delle forze armate ucraine.PERCHÉ RICORRERE ALLA GUERRA?
La nostra visione degli avvenimenti è deformata dai pregiudizi. Questo accade, e con maggiore evidenza, anche nei Paesi baltici e nei Paesi oppressi dalla “dottrina Breznev”, ove le popolazioni sono aprioristicamente convinte che i russi siano gli eredi dei sovietici.
Ma i massimi dirigenti sovietici non erano russi. Joseph Stalin era georgiano, Nikita Krusciov era ucraino, e così via. Lo stesso Leonid Breznev era ucraino.
Il diritto internazionale non impedisce la guerra, cerca di prevenirla. Non avendo la riunione del Consiglio di Sicurezza portato a nulla, la Russia si è ritenuta in diritto di andare in aiuto degli abitanti del Donbass massacrati dai neonazisti. Lo ha fatto l’indomani, il 24 febbraio.
Dopo aver aspettato otto anni, il presidente Putin non poteva rinviare oltre. Non soltanto perché le persone continuavano a morire, non soltanto perché l’esercito ucraino stava preparando un grande massacro per l’8 marzo, ma perché secondo la costituzione russa il presidente è responsabile della vita dei propri concittadini. E, per prepararsi all’eventuale esodo, la grande maggioranza degli abitanti del Donbass negli ultimi anni aveva acquisito la cittadinanza russa.
L’ESODO DI DUE MILIONI DI UCRAINI
Come in tutte le guerre della Nato, assistiamo alla fuga della popolazione ucraina. Ai francesi queste immagini rammentano l’esodo del 1940 di fronte all’avanzata delle truppe tedesche. È un fenomeno di panico collettivo. I francesi credevano che la Wehrmacht avrebbe commesso gli stessi stupri di massa attribuiti all’inizio della prima guerra mondiale alla Deutsches Heer. Ma i tedeschi, disciplinati, non si lasciarono andare a questo tipo di violenza. In definitiva, la fuga dei francesi non aveva alcuna ragione obiettiva se non la paura.
Con la guerra del Kosovo la Nato ha sviluppato il concetto d’ingegneria di movimenti di popolazioni. Nel 1999 la CIA organizzò lo spostamento in tre giorni dalla Serbia alla Macedonia di oltre 290 mila kosovari. Se avete oltre trent’anni vi ricorderete i video atroci della lunga fila di persone che marciano per decine di chilometri l’una dietro l’altra, lungo le linee ferroviarie: bisognava far credere a una repressione da parte del governatore di Slobodan Milošević e giustificare la guerra incombente. I kosovari non sapevano perché stessero fuggendo, ma pensavano che là ove erano diretti avrebbero avuto un futuro migliore. Vi ricorderete dell’esodo dei siriani di sette anni fa: bisognava indebolire la Siria privandola della popolazione. Oggi si tratta di far vibrare le corde emotive grazie alle immagini di donne e bambini in fuga, senza gli uomini, rimasti in patria a combattere i russi.
Ne siamo ogni volta sconvolti. Kosovari, siriani e ucraini soffrono, ma non per questo hanno tutti ragione.
Ci dobbiamo anche chiedere perché il popolo ucraino non manifesti sostegno al proprio governo. Durante la guerra del Kosovo gli abitanti di Belgrado presidiarono giorno e notte i ponti della città per impedire i bombardamenti della Nato.
Durante la guerra di Libia diversi milioni di persone si riunirono a Tripoli per manifestare il proprio sostegno alla Guida, Muammar Gheddafi. Durante la guerra di Siria un milione di persone espresse sostegno al presidente Bashar al-Assad. In Ucraina, niente. Anzi, ci raccontano che squadre della Difesa Territoriale danno la caccia a “sabotatori russi infiltrati”, ma l’OSCE garantisce che in Ucraina non ci fossero soldati russi prima dell’inizio dell’operazione militare.
Sul video del bombardamento della centrale nucleare di Zaporijjia non si distingue alcun tiro sulla centrale stessa.
LO CHOC DELLE IMMAGINI
Le precedenti guerre avrebbero dovuto insegnarci che la prima vittima è la verità. Dalla guerra del Kosovo, la Nato è diventata maestra nella propaganda di guerra. All’epoca, il portavoce della Nato a Bruxelles era stato sostituito.
Il successore, Jamie Shea, ogni giorno descriveva nei dettagli una storia emblematica, sia sugli orrori compiuti dai criminali serbi, sia sull’esemplare resistenza dei kosovari.
All’epoca pubblicavo un quotidiano via fax, il Journal de la Guerre en Europe in cui riassumevo le dichiarazioni della Nato e i dispacci delle piccole agenzie di stampa dei Balcani. Ogni giorno vedevo le due versioni divergere sempre più. Secondo me la verità doveva stare nel mezzo. Finita la guerra ci si rese conto che quanto raccontava Jamie Shea era pura invenzione, finalizzata ad annerire d’inchiostro le colonne dei giornali creduloni; i dispacci delle piccole agenzie di stampa dei Balcani dicevano invece la verità. E la verità non faceva certo onore alla Nato.
Quindi ora mi accosto al consenso mediatico occidentale con una certa diffidenza. Per esempio, quando ci dicono che la Russia bombarda una centrale nucleare, ripenso alle menzogne del presidente George W. Bush sulle armi di distruzione di massa del “tiranno” Saddam. E quando ci dicono che i russi hanno bombardato un ospedale pediatrico a Mariupol, ripenso alla favola dei neonati del Kuwait strappati dalle incubatrici dai crudeli soldati iracheni. E quando ci assicurano che il cattivo Putin è folle e assomiglia a Hitler, mi ricordo di come abbiamo trattato Muammar Gheddafi o il presidente Bashar al-Assad.
È per questa ragione che non prendo sul serio queste affermazioni. I soldati ucraini dell’Isola dei Serpenti non sono stati massacrati dalle bombe, come affermava Zelensky, si sono arresi ai russi, come più tardi lo stesso presidente ucraino ha ammesso. Il memoriale ebraico di Babi Yar non può essere stato distrutto dai russi, che rispettano sempre e comunque tutte le vittime della barbarie nazista. La centrale nucleare di Zaporijjia non può essere stata bombardata: da diversi giorni era controllata da gruppi misti russi e ucraini. Del resto l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha confermato che non esisteva pericolo radioattivo. E nemmeno l’ospedale pediatrico di Mariupol è stato bombardato: era stato evacuato tre giorni prima e trasformato in caserma del Reggimento Azov (neonazisti), come immediatamente aveva segnalato la Russia all’ONU.
Perciò quando mi si dice che bisogna uccidere il “dittatore” Putin rimango di sasso.
LE BATTAGLIE
Come non notare che le immagini che ci mostrano delle vittoriose “battaglie” dell’esercito ucraino sono sempre le stesse? Come non notare che vi si vedono solo pochi veicoli distrutti? I nostri reporter di guerra hanno mai visto guerre vere? Interpretiamo le immagini che ci vengono esibite non per quel che mostrano, ma basandoci sui commenti che le accompagnano.
Da una settimana ci spiegano che l’esercito russo accerchia Kiev a una distanza di quindici chilometri, che avanza tutti i giorni (ma rimane comunque a quindici chilometri) e sta per dare l’assalto finale. Quando ci spiegano che il “dittatore” Putin vuole la pelle del bravo presidente Zelensky (che arma i neonazisti e promulga la legge razziale) io prendo le distanze.
Le forze armate russe non hanno mai avuto in progetto di conquistare le grandi città. Ne stanno lontano (a eccezione di Mariupol). Combattono i paramilitari “nazionalisti”, i neonazisti. Come francese, sostenitore della Resistenza ai nazisti, le forze armate russe riscuotono tutta la mia ammirazione.
L’esercito russo applica in Ucraina la stessa tattica usata in Siria: accerchiare le città che servono da rifugio ai nemici, poi aprire corridoi umanitari per far uscire i civili, infine bombardare i soldati rimasti all’interno. Per questa ragione i paramilitari neonazisti bloccano i corridoi umanitari e impediscono alla popolazione di fuggire: è il principio degli scudi umani.
Si tratta di una guerra di movimento. Bisogna fare presto. Le truppe russe si spostano in camion e blindati. Non sono battaglie di carrarmati, che oggi non sono operativi sul terreno. Nel 2006 abbiamo visto lo Hezbollah fare a pezzi i carrarmati Merkava israeliani. Le truppe russe si spostano con veicoli a motore, per questo motivo hanno i blindati. Siccome abbiamo fornito decine di migliaia di missili anticarro all’esercito ucraino, paramilitari neonazisti compresi, le nostre armi li distruggono, come distruggono i loro camion. Non sono battaglie, sono imboscate.
Lo Stato di Israele non si è lasciato trarre in inganno: il primo ministro Naftali Bennett ha consigliato al presidente Zelensky di accettare le condizioni russe per la pace: rimuovere tutti i monumenti elevati a Stepan Bandera e fermare i neonazisti incorporati nella Difesa Territoriale ucraina.
TRE NUOVI PROBLEMI
A complicare ulteriormente la situazione, durante la Conferenza per la Sicurezza di Monaco, ossia appena prima della guerra, è arrivato l’annuncio del presidente Zelensky di voler dotare il Paese di bomba atomica, in violazione del Trattato sulla non-proliferazione di armi nucleari di cui anche l’Ucraina è firmataria.
Successivamente le forze armate russe hanno sequestrato e pubblicato un documento di lavoro del governo di Kiev in cui si pianificava per l’8 marzo un attacco militare alla Crimea e al Donbass.
Infine, le forze armate russe hanno scoperto una quindicina di laboratori di ricerca di armi biologiche che lavoravano per conto del Pentagono. Hanno annunciato la pubblicazione della documentazione sequestrata e la distruzione di 320 contenitori di agenti patogeni.
Gli Stati Uniti, firmatari della Convenzione delle Nazioni Unite sull’interdizione delle armi biologiche, la rispettano a casa propria, ma la violano all’estero. L’8 marzo il ministero degli Esteri cinese ha chiesto spiegazioni sui 330 laboratori biologici che il Pentagono gestisce sotto nomi diversi in 30 Paesi. Il dipartimento di Stato ha smentito, ma, in un’audizione al senato, la sottosegretaria di Stato Victoria Nuland ha riconosciuto che il Pentagono collaborava a questi programmi all’estero e si è detta preoccupata che i risultati delle ricerche possano cadere nelle mani dei russi. Quando la Russia ha portato la questione in Consiglio di Sicurezza, gli Occidentali hanno rovesciato le accuse, attribuendole l’intenzione di preparare un attacco biologico sotto falsa bandiera. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha da parte sua affermato di essere stata avvertita di ricerche biologiche civili congiunte tra USA e Ucraina e di aver chiesto all’Ucraina di distruggere gli agenti patogeni per prevenirne la diffusione.
Dunque l’Ucraina, che prima sostiene oltre centomila “nazionalisti” e li incorpora nella Difesa Territoriale, nonché adotta una legge razziale, lavora su armi chimiche biologiche illegali e vuole acquisire la bomba atomica. Eppure i francesi hanno scelto di dimenticare gli esempi di coraggio di Jean Moulin e di Charles De Gaulle e sostengono il presidente Zelensky!
Traduzione Rachele Marmetti
Thierry Myssian è uno dei più noti consulenti politici, storico esperto di geopolitica, presidente-fondatore di Réseau Voltaire. Ultima opera in italiano: Sotto i nostri occhi. La grande menzogna della “Primavera araba”. Dall’11 settembre a Donald Trump, Editioni La Vela, 2018