Venti di nuove guerre ma non contro il Covid19
Sull'onda della pandemia sono emersi i nuovi Crociati con i caccia bombardieri al posto delle spade.
Rimane il manifesto alto quanto un palazzo di cinque piani, che ritrae Papa Francesco con il Grand Ayatollah Sayyid Ali Al Husayni Al Sistani massima autorità religiosa dei musulmani sciiti. Si sono incontrati a Najaf la terza città sacra per i musulmani sciiti dopo la Mecca e Medina che ospita la tomba di Alì, genero e cugino di Maometto.
“Il loro colloquio apre una finestra di collaborazione anche con il mondo degli sciiti”, ha dichiarato al termine dell'incontro il direttore della sala stampa stampa vaticana Matteo Bruni. Fin qui la cronaca.
Anche a quel tempo risuonò l’invocazione a Dio, ma a pronunciarla non fu un prete, bensì - 20 ottobre 2003 - il generale del Pentagono G. Boykin, incaricato di procedere alla cattura di Osama bin Laden, di Saddam Hussein e della sua corte.
Egli affermò, durante un’intervista, di sentirsi impegnato nella lotta “contro Satana” e ne spiegò pure il perché. « Sono consapevole », disse, « che il nostro Dio è il più grande, è il vero Dio, mentre quello dell’avversario è un idolo. E lo affermo con il cuore sereno poiché non mi ritengo né un fanatico né un estremista, ma soltanto un soldato con una fede profonda ».
Non era la sua una dichiarazione solitaria. Da allora altre ne seguirono da parte di personaggi altrettanto autorevoli, amplificate puntualmente dai media americani, che non mancarono di rammentare che nel seguito di George W. Bush c'erano molti rappresentanti della Chiesa evangelica tutti accomunati, come il Presidente, da un rinnovato fervore patriottico e perciò religioso. Tutto questo suonerebbe molto strano se non si sapesse che la religione è stata ed è un elemento fondamentale, sicuramente quello centrale, dell'identità americana, l’evoluzione della quale è stata plasmata per quasi quattro secoli dai movimenti religiosi. Non a caso il cattolico Joe Biden all’epoca presidente della Commissione Esteri del Senato era tra i più zelanti sostenitori della guerra "contro Satana".
In quegli anni il politologo Samuel Huntington era diventato un personaggio di spicco predicando che, l'identità tradizionale americana è costruita intorno al "The Creed", il Credo, ossia la fede tipicamente americana nella libertà, nella democrazia, nei diritti individuali.
Su come questo potesse e possa avvenire vale sempre l’invito di Huntington: « gli americani di tutte le etnie provino a rinvigorire il Credo originario ». Questo avrebbe facilitato, secondo il consulente del Pentagono, un movimento in difesa di una nazione principalmente cristiana e fervidamente religiosa, che comprenderebbe al suo interno una vasta gamma di minoranze religiose. E dunque - spiegava Huntington - sarebbero prevalsi negli Usa i valori anglo-protestanti, si sarebbe continuato a parlare inglese, e la nazione sarebbe rimasta fedele al suo Credo. Insomma quanto bastava per mobilitare personaggi come il buon soldato generale Boykin. Sebbene la tesi di Huntington sullo scontro di civiltà risulti superficiale e politicamente pericolosa, è servita all’America dei neoconservatori a supportare l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq. « I governi dei paesi musulmani », scriveva Huntington, « avranno rapporti probabilmente sempre meno amichevoli con l’Occidente, e tra gruppi islamici e società occidentali si verificheranno di tanto in tanto scoppi di violenza ora contenuti ora anche molto intensi ». Pertano la tesi del “Clash of Civilization” è rimasta la “profezia che si autoavvera” ad usum dei media per una amplificazione planetaria.
Gli americani – lo abbiamo sentito ripetere sino a non poterne più – hanno attaccato l’Iraq «per il petrolio», perché volevano porre riparo alla riduzione delle loro riserve mettendo le mani sulle ricche risorse irachene. Ma ci sono ragioni profonde che si condensavano nel lavoro intellettuale e politico di un piccolo nucleo di neoconservatori a iniziare da Norman Podhoretz, Richard Pearle, David Frum, Bernard Lewis, Fuad Ajami e dal “prediletto” del presidente George W. Bush, l'ex dissidente sovietico e politico israeliano di destra Natan Sharansky.
Uomini accomunati dalla stessa visione del mondo musulmano, che, secondo costoro è segnato dalla decadenza, dovuta ai difetti culturali, psicologici e religiosi delle società islamiche. Questa caratteristica “ genetica “ spiegherebbe - secondo quei dotti signori - l'ondata di violenza terroristica che si frapporrebbe come ostacolo a una democratizzazione concepita come l'unico rimedio possibile a tutti questi mali. Di fronte a questo terrorismo che, in qualsiasi momento, può ricorrere alle armi di distruzione di massa - chimiche, batteriologiche, perfino nucleari - l'America, secondo i “ neocons “, di ieri e di oggi, non può aspettare, bensì deve agire per modificare il corso della storia nel mondo arabo-islamico, eliminarne le tare e costringerlo a democratizzarsi. Soltanto gli Stati Uniti possono farsi carico di tale compito, ricorrendo alla forza, se necessario.
Insomma, l'invocazione astratta della “ democrazia “ serve da sempre da giustificazione ultima alle azioni dell'America, un po' come, in tempi non lontani, accadeva con il “ socialismo reale “ dell'Unione Sovietica.
E’ una configurazione di convinzioni, che mette insieme il fondamentalismo cristiano di destra, il sionismo americano militante e un militarismo senza limiti, per certi versi seducente nella sua perversione. Avvolta nel mito della bandiera, della famiglia e della Chiesa, la politica interna americana si proiettava verso l'esterno assumendo la forma di una politica aggressiva, unilaterale e arrogante. È questo il “ blocco ” che guidò l'intervento in Iraq e altrove, giustificando la violenza e smentendo i propri discorsi altruistici.
Una tra le tante accuse rivolte all’ex presidente Donald Trump è quella di aver incoraggiato e di aver contribuito con i sui interventi mediatici, alla desaclarizzazione crescente dell'elemento politico e del concetto di Stato. Joe Trump, da come ha iniziato a muoversi, sta manifestando la volontà di instradare la Nazione sulla rotta collaudata, un ritorno al passato con un reset di aggiornamento. Infatti, ha ribadito - anche nei suoi discorsi più recenti - che l’America riconquisterà il suo primato nel mondo. Insomma una testimonianza di “fede” dal sapore di crociata, con i bombardieri al posto delle spade.