Sul lavoro è sempre strage con o senza Green Pass

È una vera propria mattanza,  alimentata da competitività, precarietà e modelli sempre più flessibili di organizzazione del lavoro e della produzione. La salute e la sicurezza dei lavoratori, ossia la protezione contro gli incidenti e le malattie professionali, sembrano essere sempre più subordinate alla salute dei bilanci e alla sicurezza del profitto aziendale.

lavoratoreTre-quattro vittime  in media, ogni giorno, tutti i giorni, con picchi quotidiani di sette-otto tragedie.
E decine di casi letali, se non centinaia, che sfuggono a conteggi e riepiloghi. Di lavoro e sul lavoro si continua a morire, nelle fabbriche, nei campi e nelle serre, nei cantieri edili, nei magazzini, in mare, su mezzi di trasporto, nelle strutture ospedaliere, per strada.
Dietro ciascun numero, una persona, una famiglia devastata dalla perdita, interrogativi che si rincorrono, promesse e  impegni.

Gli ultimi dati parziali e provvisori diffusi dall’Inail (che aggiorna di mese in mese i bollettini nella sezione “open data”) raccontano che da gennaio ad agosto 2021 hanno perso la vita  772 tra lavoratori e lavoratrici dipendenti, oppure appartenenti a particolari categorie (una media di 3,2 tragedie quotidiane).

Durante i turni di servizio e nelle postazioni assegnate sono morte 620 persone (pari all’80,3%), altre 152 (19,7%) sono decedute in itinere (nei tragitti casa-lavoro e viceversa, in spostamenti tra due sedi diverse o per recarsi a pranzo e poi rientrare).
Nel 2020 si era arrivati a 1.538 denunce di decessi (4,2 al giorno), compresi quelli correlati al Covid.
Nel 2019 le morti furono 1.205, 1.279 nel 2018. Ma il bilancio è ancora più pesante e drammatico, per quest’anno e per quello passato.
 
Fonti ufficiose ipotizzano che circa un terzo degli infortuni mortali sul lavoro rimanga sottotraccia, non censito.
Sono inoltre sempre più frequenti i casi di occultamento di cadavere o di simulazione di incidente al di fuori del luogo di lavoro che riguardano lavoratori immigrati. Inoltre, va ricordato che la quota di sommerso sia ancora più rilevante nel settore agricolo e sul fronte degli incidenti stradali.
Il ministero del Lavoro, contattato per avere il totale globale dei morti, non fornisce numeri né stime, rimandando ai soli dati Inail.
Eppure non ci vuole molto a capire, che gli infortuni mortali sono alimentati da competitività, precarietà e modelli sempre più flessibili di organizzazione del lavoro e della produzione. La salute e la sicurezza dei lavoratori, ossia la protezione contro gli incidenti e le malattie professionali, sembrano essere sempre più subordinate alla salute dei bilanci e alla sicurezza del profitto aziendale.
È una vera e propria mattanza di cui poco si parla, che il media mainstream volutamente devia sul quotidiano tam-tam del circo dei vaccini, con il chiasso degli “esperti” che sparano sentenze.
 
Non occorre volgere lo sguardo ai Paesi del Terzo e del Quarto Mondo: per conoscere le origini della mattanza, basta rimanere in Italia e scoprire che tra le cause principali di infortuni mortali vi è  l’assenza di informazione e di formazione dei lavoratori.
Le catene di appalti e subappalti in cui si riassumono i processi di esternalizzazione, nonché il proliferare di contratti a breve durata, fungono da motore di accelerazione di rischio, poiché le imprese hanno uno scarso interesse a investire nella formazione alla sicurezza di lavoratori che nel giro di pochi mesi non saranno più alle loro dipendenze.
Vite spezzate dal lavoro: nelle fabbriche schiacciate dalle presse, sui tralicci e sui ponteggi folgorate da scariche elettriche, nei campi travolte da rimorchi e trattori, nelle cave inghiottite da sabbia e terra, nei cantieri precipitate dalle impalcature, sulle strade accartocciate in macchine e furgoni. 
 
Gli infortuni mortali colpiscono principalmente lavoratori nelle fasce di età comprese tra i 55 e i 64 anni (34,4% del totale) e tra i 45 e i 54 anni (29,4% del totale).
Si tratta quindi di lavoratori adulti, con esperienza lavorativa pregressa, la cui maggiore esposizione al rischio è legata soprattutto al grado di deterioramento fisico e psicologico prodotto dal lavoro e dall’invecchiamento.
Non a caso il settore delle Costruzioni è quello che conta il maggior numero di morti sul lavoro (87). Seguono Manifattura (76), Trasporto e Magazzinaggio (71), Commercio, Riparazione di autoveicoli e motocicli (54).
Le Regioni che presentano un’incidenza maggiore del 25 per cento rispetto alla media nazionale per quanto concerne le morti bianche sono Puglia, Campania, Basilicata, Umbria, Molise, Abruzzo e Valle D’Aosta. Maglia nera alla Campania, prima regione per numero di vittime in contesti di lavoro, con 89 infortuni mortali registrati nell’arco di tempo preso in esame.
 
Negli ultimi cinquant'anni abbiamo assistito alla devastazione delle forme tradizionali di lavoro.
Non c'è dubbio che la forma del lavoro salariato, sotto il modello taylorista-fordista, caratteristico del XX secolo, contenesse sfruttamento, alienazione e costrizione. Tuttavia, era stato forgiato e regolato da innumerevoli lotte portate avanti da coloro che lavoravano per sopravvivere, fin dalla Rivoluzione Industriale.
 
La crisi dell'accumulazione di capitale, iniziata negli anni Settanta, è stata momentaneamente superata da una serie di ristrutturazioni produttive che sono state chiamate postfordismo, toyotismo o accumulazione flessibile.
Dalla crisi del 2008 , la crescente competizione internazionale e la corsa al ribasso sui costi di produzione, hanno spinto sempre di più le aziende ad intervenire pesantemente sulla produttività aziendale imponendo una riorganizzazione del lavoro e del processo produttivo attraverso interventi diretti sui metodi di lavoro, sui turni, sulle pause e sugli orari al fine di recuperare competitività ed efficienza.
L’intensificazione dei ritmi lavorativi, in risposta alle pressioni competitive, ha inciso in modo significativo sullo stato di salute psico-fisico dei lavoratori, mettendo a rischio la loro incolumità dentro e fuori i luoghi di lavoro.
È la mattanza permanente, con e senza la mascherina, con o senza il Green Pass.
 
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