I tedeschi "primi della classe" anche nella Chiesa cattolica

Un’indagine sugli abusi sessuali compiuti all’interno della Chiesa Cattolica in Germania ha concluso che Joseph Ratzinger, il papa emerito Benedetto XVI, non prese provvedimenti adeguati di fronte a quattro casi di abusi sessuali su minori avvenuti tra il 1977 e il 1982, quando era arcivescovo di Monaco e Frisinga.

Due di questi casi riguardarono sacerdoti che, nonostante fossero stati accusati di molestie sessuali, continuarono a mantenere il loro incarico proprio nel periodo in cui Ratzinger era arcivescovo. Per lo più si tratta di giovani di sesso maschile, il 60 per cento dei quali di età compresa fra gli 8 e i 14 anni. Gli abusatori sono almeno 235, fra cui 173 preti, 9 diaconi, 5 referenti pastorali e 48 persone dell’ambito scolastico. I risultati dell’indagine erano assai attesi e sono contenuti in un rapporto commissionato dalla Chiesa Cattolica e realizzato con più di mille pagine dallo studio legale tedesco Westphal Spilker Wastl. Sono 497 le vittime. Il rapporto parla soprattutto dei giovani maschi, che subirono violenze sessuali nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga dal 1945 al 2019.

La scena tedesca è importante per comprendere quanto sta accadendo nella Chiesa globale.Pertanto vi riproponiamo questo saggio da noi pubblicato nel giugno dello scorso anno, nel quale si spiegano con un ricco approfondimento i molti perchè della «catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della Chiesa negli ultimi decenni», come l'aveva definita il cardinale  Reinhard Marx,  arcivescovo di Monaco e Frisinga, preentando le sue dimissioni. 

ratzinger 1Il cardinale Reinhard Marx ha offerto a papa Francesco le dimissioni da arcivescovo di Monaco e Frisinga in una lettera inviata il 21 maggio e resa pubblica (col permesso del papa) il 4 giugno scorso. Un passo inatteso e senza precedenti: il cardinale Giacomo Lercaro di Bologna venne estromesso in modo traumatico probabilmente da un complotto di curie (romana e bolognese) nel 1968, mentre l’anno prima il cardinale Paul-Émile Léger di Montreal si era dimesso per servire i lebbrosi in Africa. Nel dicembre 2002 il cardinale Bernard Law si dimise da arcivescovo di Boston nella bufera del «sex abuse scandal», per ricevere subito dal Vaticano di allora una sinecura ecclesiastica adeguata al rango e protezione dalla legge americana.

Non è il caso di Marx, che non è accusato di responsabilità personali nella gestione dello scandalo degli abusi sessuali (come invece era il cardinale di Lione, che si dimise nel 2019), ha solo sessantasette anni e poteva rimanere ordinario della capitale della Baviera fino ai settantacinque anni e oltre, come spesso capita. Non è usanza che un cardinale della Chiesa cattolica lasci la diocesi molti anni prima della scadenza naturale, senza essere promosso (o rimosso) a un alto incarico in Vaticano (cosa che peraltro potrebbe accadere nel caso di Marx). Per di più, il cardinale di Monaco e Frisinga che ancora ricopre un ruolo di magistratura morale e pubblica in quel mondo in bilico tra pre- e post-secolarizzazione che è la Baviera.

Nella lettera al papa, Marx motiva la sua decisione con la maturazione di una consapevolezza di fronte allo scandalo degli abusi sessuali: «Sostanzialmente per me si tratta di assumersi la corresponsabilità relativa alla catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della Chiesa negli ultimi decenni». Marx mostra frustrazione rispetto alla resistenza a dei cambiamenti che ritiene necessari: «le polemiche e discussioni più recenti hanno dimostrato che alcuni rappresentanti della Chiesa non vogliono accettare questa corresponsabilità e pertanto anche la co-colpa [sic] dell’Istituzione. Di conseguenza rifiutano qualsiasi tipo di riforma e innovazione per quanto riguarda la crisi legata all’abuso sessuale». Marx parla di «errori personali e fallimento istituzionale che richiedono cambiamenti e una riforma della Chiesa». Include anche se stesso nei fallimenti istituzionali: «abbiamo fallito, ma chi è questo “noi”? Certamente, vi faccio parte anch’io. E questo significa che devo trarre delle conseguenze personali. Questo mi è sempre più chiaro».

Rispetto ad altre Chiese cattoliche in giro per il mondo, la Chiesa tedesca, e quella di Monaco in particolare, è un modello di assunzione di responsabilità sulla questione degli abusi sessuali commessi dal clero. Quello che si è mosso a Roma e in Vaticano negli ultimi dieci anni, si è mosso anche e specialmente grazie all’impulso della Chiesa tedesca sul piano intellettuale e finanziario: è nel 2010 che lo scandalo esplode in Germania (durante il pontificato di Benedetto XVI, già arcivescovo di Monaco e Frisinga). È da allora che anche a Roma si inizia a costruire qualcosa a livello istituzionale e culturale. Marx ha guidato nel 2012 l’iniziativa per istituire il Center for Child Protection (Ccp) in collaborazione con la Pontificia università gregoriana a Roma. Originariamente con sede a Monaco, il Centro è stato trasferito nella sede della gregoriana a Roma nel 2014.

Il Ccp, guidato dal gesuita bavarese Hans Zollner, teologo e psicoterapeuta, è a oggi la punta di diamante nello sforzo per un cambiamento culturale di lungo periodo nella Chiesa. Nello stesso 2014, Francesco annunciava l’istituzione della Pontificia commissione per la tutela dei minori. Ancora una volta, Marx era il principale sponsor di questa iniziativa. Nel 2020 la diocesi di Monaco e Frisinga ha creato la fondazione Spes et salus di sostegno alle vittime di abusi.

Quindi, perché la decisione di dimettersi? Assunzione di responsabilità personale, ma anche un senso di frustrazione verso le resistenze alle riforme istituzionali nella Chiesa, a suo avviso necessarie alla luce dello scandalo degli abusi. Oltre a Francesco, la lettera di Marx ha altri destinatari, ostili alle riforme, che non vengono esplicitati, come il cardinale di Colonia e i vescovi di Regensburg e di Passau in Baviera (sedi ratzingeriane, non solo geograficamente).

La scena tedesca è importante per comprendere quanto sta accadendo nella Chiesa globale. Prendendo in parola quanto papa Francesco va dicendo dal 2015 almeno, è dal 2019 che la Chiesa cattolica in Germania ha iniziato un «cammino sinodale» nazionale col coinvolgimento di diverse componenti nella Chiesa, teso a elaborare un piano di riforme: istituzionali, dottrinali e disciplinari (ruolo delle donne nei ministeri della Chiesa, modello di prete, insegnamento sulla sessualità). In Germania ci sono delle resistenze a questo sinodo, da parte di una minoranza del clero e del popolo, ma anche delle anime riformatrici diverse tra loro. In altre Chiese cattoliche, come per esempio negli Stati Uniti e in Italia, il modello sinodale tedesco è diventato lo spauracchio, l’anti-modello progressista da evitare (basti vedere quanto detto dai vertici della Cei all’assemblea di fine maggio).

In Germania la lettera di Marx ha consolidato la già solida reputazione del cardinale; il presidente della conferenza episcopale, Georg Bätzing, gli ha fatto eco: fronte comune nella lotta contro la resistenza al cambiamento.

Non è escluso che quello di Marx sia un messaggio anche per Roma. Francesco segue gli sviluppi del sinodo tedesco, ma pare di capire che le idee di sinodalità che si hanno in Vaticano e in Germania sono diverseIl secondo destinatario diretto della lettera è il cardinale di Colonia, Rainer Maria Woelki, attualmente sotto assedio da parte dell’opinione pubblica per la sua gestione della questione abusi (e il Vaticano ha appena disposto un’ispezione della diocesi, passo molto raro). Ma non è escluso che quello di Marx sia un messaggio anche per Roma. Francesco sta seguendo gli sviluppi del sinodo tedesco, ma pare di capire che le idee di sinodalità che si hanno in Vaticano e in Germania sono diverse. Quello tedesco è finalizzato a riforme istituzionali, teologiche-dottrinali e disciplinari; papa Francesco esprime invece, almeno per adesso, un’idea per lo più pastorale, affettiva di sinodalità. Per esempio, nel documento del 21 maggio (stesso giorno della lettera di Marx al papa) del Sinodo dei vescovi che annuncia il piano biennale per la celebrazione di sinodi in tutte le Chiese del mondo, la parola «riforma» non compare neanche. Sia Francesco sia la Curia romana di Francesco hanno in più di una occasione mandato in Germania segnali di preoccupazione circa le riforme in discussione nel «cammino sinodale». È del 10 maggio scorso l’iniziativa nazionale di benedizione alle coppie gay, in un atto di disobbedienza al documento vaticano del 15 marzo che le proibiva.

La lettera di Marx al papa si apre con un’affermazione forte: «Mi pare – e questa è la mia impressione – di essere giunti a un “punto morto” che, però, potrebbe diventare anche un punto di svolta secondo la mia speranza pasquale.» Quella del «punto morto» è una citazione dagli scritti del carcere del gesuita Alfred Delp, condannato e assassinato dai nazisti nel febbraio 1945. È una presa di posizione teologica: di una Chiesa che deve ripartire da zero anche in terra tedesca, nella «Germania sacra». Ma è anche indice della frustrazione di Marx per le esitazioni a compiere il passo da una Chiesa che sa pentirsi a una Chiesa che sa cambiare.

Circolano caricature antiprogressiste di Reinhard Marx. Ma è Giovanni Paolo II che lo nomina vescovo nel 1996, è Benedetto XVI che lo fa cardinale nel 2010. Esperto di dottrina sociale della Chiesa, incarna quella miscela tutta germanofona di impegno sociale e intellettuale che non si può ridurre a cedimento allo spirito del tempo. È una personalità chiave nel pontificato di Francesco, e non solo sulla questione degli abusi (durante il summit straordinario del febbraio 2019, pare che fosse il solo cardinale a intrattenersi a parlare con le vittime dopo la fine ufficiale della giornata dei lavori). Nel 2013 è uno degli otto chiamati da Francesco nel Consiglio dei cardinali che si riunisce ogni due mesi per consigliare il papa. Nel 2014 Francesco lo nomina coordinatore del nuovo Consiglio per l’economia, deputato a sorvegliare la gestione economica degli enti della Santa sede e del Vaticano.

Il baricentro della Chiesa cattolica in Europa si trova – ancora oggi, come nel millennio precedente – in Germania dal punto di vista culturale, politico e finanziario; la dialettica con Roma è una delle dinamiche fondamentali: quanto accade oltralpe ha sempre conseguenze su tutto il Cattolicesimo. Queste dimissioni (offerte, ma non ancora accettate dal papa: ci sono appelli per convincere il papa a respingerle) non privano Marx del cardinalato, e quindi egli continuerà, più di prima e indipendentemente dalla posizione che andrà a occupare, a rappresentare l’ala più avanzata sul fronte delle riforme tra coloro che Francesco aveva chiamato attorno a sé all’inizio del pontificato. Ma certamente questo atto dice molto su quanto sia cambiato nelle aspettative di riforma tra la prima e questa seconda fase di Francesco. E ovviamente ha a che fare anche col prossimo conclave: pensarci sempre, non parlarne mai.

massimo faggioliMassimo Faggioli è professore del Dipartimento di Teologia e studi religiosi dell'Università di Villanova, Philadelphia. Tra i suoi libri in italiano Breve storia dei movimenti cattolici (Carrocci, 2008), Cattolicesimo, nazionalismo, cosmopolitismo. Chiesa, società e politica dal Vaticano II a papa Francesco (Armando, 2018), Joe Biden e il cattolicesimo statunitense (2021), con Il Mulino ha pubblicato Il vescovo e il concilio. Modello episcopale e aggiornamento al Vaticano (2005). Su Twitter è @MassimoFaggioli

 

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