La vita sofferta dei ragazzi migrati a Berlino
La delusione dei giovani è intensa a cominciare dal prezzo di affitto di una camera che può sfiorare i 650€ al mese. Poi c'è lo scontro con la burocrazia che è diventata nell'ultimo decennio ancora più macchinosa e pertanto meno disponibile alla comprensione. Insomma non è tutto rose e fiori. Andrea D'Addio direttore di Berlino Magazine, testata d'eccellenza dell' informazione in italiano in Germania, in questo articolo offre un quadro realistico di quel che accade e ne spiega il perchè, sfatando tanti miti sull'accoglienza berlinese.
Valentina ha 24 anni, è catanese, ma ha studiato alla Ca’ Foscari di Venezia dove a luglio 2021 si è laureata in Lingue e civiltà orientali. A Berlino ci è arrivata poche settimane dopo con il progetto Erasmus Plus, una borsa di sei mesi per neolaureati da usare per svolgere un tirocinio presso un’azienda straniera e così introdursi al mondo del lavoro. La sua scelta è ricaduta sulla mia Berlin Italian Communication, dove aiuta all’organizzazione di eventi come la True Italian Pasta Week e l’Italian Christmas Market. È una ragazza in gamba, oltre a un medio livello di tedesco, parla bene l’inglese, l’arabo e il turco. Di base anche molto affidabile, se non fosse che da qualche settimana sempre più spesso ci chiede se può andare via prima o arrivare più tardi in ufficio e, anche quando è con noi, almeno una volta al giorno si assenta per lunghe chiamate che, ogni volta, prima di interrompere lo squillo e rispondere, ci dice “scusate, devo rispondere”.
Valentina sta cercando casa a Berlino. Lo fa da due mesi ormai, da quando ha deciso di voler rimanere in città anche dopo la fine della sua esperienza con noi. La camera che ha ora è in subaffitto, non può fare la registrazione ufficiale di residenza (il cosiddetto Anmeldung) e, di conseguenza, nessun codice fiscale e possibilità di registrare un conto corrente e più in generale affacciarsi sul mondo del lavoro locale.
Il paradosso è che senza lavoro non può dare garanzie per l’affitto di una camera o un appartamento nel lungo periodo. Al proprietario di un immobilie, o all’agenzia che cura i suoi interessi, che dei genitori, a Catania, possano garantire l’affidabilità economica di una ragazza italiana appena arrivata in Germania, interessa poco o nulla, soprattutto se per quella stessa camera ci sono centinaia di altre candidature tra cui molti tedeschi che, almeno un codice fiscale, ce l’hanno. E così corre da una parte all’altra della città inseguendo camere sempre più piccole o lontane dal centro, coabitate da persone che di volta in volta cercano altri vegani, altri amanti dei criceti, della nudità totale tra coinquilini e così via. E, lei, gradualmente, ha imparato a dire di sì a tutti. “Sì, va bene fumare dentro casa”, “Nessun problema, anche io sono una che vive di notte e dorme di mattina”, “Ma certo, che schifo le uova, e anche il miele”. Come un’attrice alla ricerca della parte che possa cambiarle la vita, Valentina veste di volta in volta i panni della persona giusta per quell’eccezionale ed ambito ruolo della coinquilina “perfetta”.
Non è un caso raro. Dal 2015 accetto tirocinanti italiani dall’Italia nella mia azienda e da allora, chiunque abbia deciso di rimanere in città e, quindi, non accontentarsi più di un subaffitto a nero, ha vissuto le stesse disavventure di Valentina. Si pensava che con la pandemia, e il minor spostamento di persone tra paesi europei, ci sarebbe stato un piccolo calo della domanda di alloggi, ma la capacità attrattiva di Berlino è così in crescita che al massimo si può parlare di rallentamento, non certo di “inversione a U” e ritorno a situazioni analoghe a quando arrivai io qui, anno 2009, una camera trovata rispondendo al primo annuncio letto sul portale wg-gesucht di un ragazzo tedesco che, già da due settimane cercava qualcuno con cui convivere tra Kreuzberg e Schöneberg, zona Yorkstraße, ma non trovava nessuno. Il costo? 350 € per una camera di 27 metri quadrati. Ora, per un alloggio del genere si pagano fino a 650 €, almeno così mi conferma Valentina.
La crisi degli alloggi, e di come questa sia un freno allo sviluppo di una città che senza dubbio corre, ma potrebbe farlo anche di più, attirando ancora più professionisti o manodopera qualificata da ogni parte d’Europa, se non del mondo, è ben presente all’amministrazione socialdemocratica cittadina, la stessa che ormai governa ininterrottamente dal 2001. La nuova sindaca, Franziska Giffey, eletta a settembre e che continuerà l’alleanza con Verdi e Linke, ha nel programma un grande piano di edilizia residenziale pubblica, ma non solo. Nella stessa votazione i cittadini hanno sancito il loro sostegno alla possibilità espropriare oltre 240mila appartamenti ad alcune delle più importanti agenzie immobiliari affinché possano essere disposte dal comune.
Dopo il no ad aprile 2021 della Corte costituzionale tedesca al tetto degli affitti introdotto a Berlino un anno prima, una norma che era facile immaginare sarebbe stata bocciata, sia perché inapplicabile ad un solo stato federale (Berlino è città e stata) che perché ancorata a parametri lontani anni luce dagli effettivi valori di mercato degli immobili a cui si riferivano tanto che, chi aveva fatto un investimento, avrebbe forse dovuto aspettare in alcuni casi anche 40 anni per, grazie alle locazioni, rientrare della spesa sostenuta, il nuovo governo socialdemocratico nazionale guidato da Olaf Scholz ha promesso la costruzione di 400mila nuove case in tutto il Paese e non ha chiuso alla possibilità di un tetto sugli affitti su base nazionale.
Certo è che la speculazione in atto non riguarda solo la capitale tedesca, ma tutta la Germania. Uno studio di ottobre scorso della banca svizzera UBS ha decretato Francoforte la città che rischia la maggior bolla immobiliare al mondo. Il piano per l’innalzamento del salario orario minimo a 12 € non sembra andare di pari passo con un’economia che, nonostante le difficoltà scaturite da due anni di pandemia, continua a vedere un costo della vita sempre più alto: a novembre l’inflazione è stata registrata al 5.2% rispetto al 2020, il maggiore picco dal 1990, ovvero da quando iniziò il difficile processo di riunificazione. Insomma, il Paese, e in particolare la sua capitale, rischiano di diventare sempre più mete ambite solo per chi se lo può permettere, a chi può aspettare mesi prima di trovare un alloggio senza parallelamente essere costretto a cercarsi un lavoro per mantenersi (lavoro che, come detto, non si può ottenere senza codice fiscale), e se anche un lavoro lo si trova, non è detto che sia abbastanza in una città in cui ormai il peso di un affitto pesa spesso ben oltre il 30% del proprio stipendio.
E così, per quanto Valentina sia in gamba, parli le lingue e vorrebbe rimanere a Berlino, rischia di dovere tornare a casa, in Sicilia e al massimo cercare da lì, schivando truffe e offerte di lavoro farlocche. Non sarà un male per l’Italia, un “cervello” in più che rimane, ma è davvero questo il modello di una città che da anni sembra affacciata sul futuro più di ogni altra metropoli?
Andrea D'Addio, romano, classe 1982, laureato in Scienze Politiche, a Berlino dal marzo 2009, è fondatore e direttore di Berlino Magazine e collabora regolarmente con diverse testate giornalistiche italiane occupandosi di politica, economia, cinema e società. A febbraio 2019 è stato premiato "Italiano dell'anno - Comites" dall'allora Ambasciatore italiano a Berlino Pietro Benassi.