69°Berlinale. Gran finale all'italiana

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L'Orso d'oro della Berlinale - 2019 è stato vinto dal regista israeliano Nadav Lapid con il film  Synonymes  (“Sinonimi”).  L'Orso d'argento come migliore sceneggiatura è stato invece assegnato a La paranza dei bambini  scritta a tre mani dall’autore del romanzo omonimo Roberto Saviano, dal regista del film Claudio Giovannesi e da Maurizio Braucci.

.sergiosaviane2 copyIsraele vince la 69ª Berlinale, con il film autobiografico del regista Nadav Lapid Synonymes (“Sininimi”). L’Orso d’oro va dunque a un’opera fortemente intellettuale e filosofica, che dietro un certo esistenzialismo alla francese (il film è interamente girato a Parigi) svela la volontà politica di Dieter Kosslick di far parlare Israele di se stesso per bocca di artisti e intellettuali che non concordano con l’attuale politica della loro nazione. Non è stato l’unico film da quel Paese in questa Berlinale a muoversi su questa linea d’onda. The operative sempre in concorso non ha fatto altro.

Politica a politica con la decisione di dare l’Orso d’argento come migliore sceneggiatura a La paranza dei bambini, scritta a tre mani dall’autore del romanzo omonimo Roberto Saviano, dal regista del film Claudio Giovannesi e Maurizio Braucci (nella foto a lato). “Dedico questo premio a tutte le associazioni non governative che stanno salvando vite umane nel Mediterraneo”, ha dichiarato Saviano a caldo ritirando il premio, conferito dalla giuria internazionale capitanata da Juliette Binoche. E ancora: “In realtà non so se il mio sia coraggio, la cosa più difficile è che vivi sempre tra due forze opposte. Una che ti ricorda che sei condannato a morte, e l’altra che pensa sei finto. La follia di credere che se non ti ammazzano non è vero che vogliono ammazzarti.”

Un sceneggiatura è e resta un’opera letteraria, che il pubblico avrà anche la possibilità di vivere per immagini. Questo è il pregio del cinema, che non puoi fare a meno della “parola” per inverarsi. Nulla togliendo ai suoi due colleghi, questo premio è di Saviano, quale autore di un romanzo scritto con la “lingua della carne”, ancora parole sue.

Roberto Saviano ha solo 38 anni, ma per quasi una dozzina di anni ha vissuto sorvegliato 24 ore su 24, si sposta di casa in casa e dorme nella stazione di polizia quando torna a Napoli, perché è l'unico posto sicuro per lui di pernottare nella sua città natale.

Saviano ha accumulato la lunga fila di persone che gli augurano il peggio con il suo primo libro, Gomorra, che nel 2006 ha scuoiato Napoli per dare un’ identità ai suoi camorristi. E è ancora Napoli il luogo del suo ultimo romanzo, La paranza dei bambini diventato il film a questa 69° Berlinale.

"Ho fatto lo stesso errore dei soldati che vanno in guerra volontari", ha detto Saviano, riflettendo sulla sua vita da Gomorra in poi. Quando un soldato va in guerra, pensa: "O vengo ucciso o torno". È un errore. Perché quando torni, hai perso le gambe. Hai l'epatite. Non dormi. "

"Non sono né vivo né morto", ha detto. "Non mi hanno ucciso. Ma non mi hanno lasciato vivere. "

La paranza dei bambini segna una stagione letteraria per Saviano come suo primo romanzo convenzionale. Gomorra, che si è trasformato in un film di successo e serie TV, e un secondo libro nel 2013, "ZeroZeroZero", sul commercio di cocaina. Tutte opere frutto di approfondite indagini raccontate in uno stile romanzesco con qualche licenza. Sono stati entrambi elogiati e criticati come "romanzi di saggistica", "docufiction" e opere di "scritti investigativi". Mentre La paranza dei bambini si sbarazza di ogni pretesa giornalistica anche se racconta la storia di una vera gang di adolescenti che sfidando il vecchio ordine, cercando di conquistare la vita criminale a Napoli. "Ho scelto un romanzo perché volevo approfondire i personaggi", ha detto. "Volevo la libertà di immaginare quello che stavano pensando."

I più affezionati a Saviano, coloro che hanno temuto veramente per la sua sicurezza, sono sollevati dal fatto che alla fine abbia scritto un romanzo e non un reportage . "La mossa di usare la finzione per comunicare certe verità è un modo per permettere al mio messaggio di passare senza tutte le complicazioni che hanno determinato il corso della mia vita". Ha detto Saviano.

Tuttavia è proprio dalla realtà che Roberto Saviano non riesce a evadere. Si è posto al centro delle critiche contro il nuovo governo populista italiano, e ha sollevato l'ira di Matteo Salvini, di una destra, anti -migrante e razzista su vasto raggio, nonché omofobia e sessista. Da qui il gesto di dedicare l’Orso alle vittime e a chi le sta salvando dai flutti, per ricordare a Salvini da Berlino le sue responsabilità politiche.

In luglio scorso Saviano postò su Twitter una foto di una donna morta e di un bambino che galleggiavano, chiedendosi "quanto piacere" il signor Salvini avesse dall’aver abbandonato i migranti. "L'odio che hai seminato ti distruggerà", ha twittato. Da quel momento è diventato il personaggio italiano di spicco più divisivo del paese.

È stato il suo lo spartiacque del sentimento pubblico in Italia, accentrando su di sé quel mix di rispetto e odio che nella società italiana continua a aleggiare intorno alla sua figura. L’evidenza che molti italiani sono d'accordo con la linea dura di Salvini sull'immigrazione, ha fatto sì che Saviano spesso si trovasse isolato. Salvini lo ha più volte minacciato di portargli via la scorta “mantenuta” dallo Stato. Dunque, sulla pagina scritta come nella vita il dramma continua imperterrito a inseguirlo. "È il mio karma", ha detto. "Passo di guaio in guaio, ma io zitto non ci resto."

A differenza del film di Giovannesi che si muove su linee ben specifiche legate al destino dei bambini della paranza, i personaggi appunto, leggere il romanzo fornisce uno spaccato della nuova criminalità camorrista molto interessante invece. "Disprezzano i loro genitori", ha detto. "Perché non possono pagare il mutuo" e hanno accumulato troppi debiti. Ciò che li distingue è il loro uso dei social media: mentre il silenzio era il codice per i mafiosi della vecchia scuola, questi più giovani si scambiano messaggi a vicenda, postando i loro exploit su Facebook, raccontando le loro vite e aspirazioni attraverso la rete. I telefoni sono importanti tanto quanto le armi, perché è attraverso questi che possono ruggire, incutere timore e recapitare le loro minacce a rivali o intrusi nel loro universo. "Questa nuova generazione sa che se non sei sui social media non si esisti", ha affermato Saviano.

La vera storia di questo romanzo è avvincente, e non è difficile capire perché Saviano l'abbia scelto per il suo debutto nella romanzistica. Il personaggio di Nicholas è liberamente ispirato a Emanuele Sibillo, che aveva 19 anni quando è stato ucciso a colpi di pistola nel 2015. Come con i suoi altri libri, Saviano ha condotto una ricerca approfondita: ha intervistato i giovani sopravvissuti, le famiglie dei morti, gli avvocati e i giudici. Ha usato le intercettazioni telefoniche per alcuni dei dialoghi.

Da questa Berlinale, si è offerto alla stampa, come fa sempre. Forse perché trascorre così tanto tempo da solo, sembra tanto consapevole di sé. La rete è la sua finestra sul mondo, usando il telefonino come i suoi stessi personaggi. Sia lui che i suoi personaggi di finzione, come i camorristi che denuncia sono appunto cifre di uno stesso universo intorno alla violenza. "È uno dei motivi per cui sono odiato così tanto dalla camorra, perché pensano che siamo simili. Abbiamo lo stesso concetto di non aver paura di morire, di avere grandi ambizioni ". E ancora: "Certamente non voglio morire, ma odio la Camorra più di ogni altra cosa perché hanno rovinato il mio paese", ha aggiunto. "Non nego di provare un sentimento di vendetta contro di loro".

Ma non è solo la camorra. Mentre parla contro il nuovo governo, la corruzione, i rapporti tra politici e la folla, e in favore dei migranti, è diventato sempre più polarizzante. Ha accusato il signor Salvini, il vice primo ministro, di riportare la nazione indietro all'autoritarismo, una crescente preoccupazione per l'Europa.”Chi indossa la divisa della polizia in qualunque sede e occasione, sta attaccando la democrazia”. Così la sua storia come la sua vita celebrati a Berlino versano tra due fuochi, nel tracciato di finali che non sono mai stati lieti.

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Salvatore Trapani

Salvatore Trapani vive a Berlino dal 1998. Ha corrisposto per le pagine di cinema e cultura del periodico romano Shalom-Mensile e del quotidiano nazionale Il Giornale. Si occupa di memoria storica e arti visive cooperando come referente alla formazione per il Memoriale agli Ebrei uccisi d’Europa a Berlino, per il Memoriale dell’ex campo di concentramento femminile di Ravensbrück  per l’Isituto Storico di Reggio Emilia, ISTORECO, dove ha fondato il progetto A.R.S. – Art Resistance Shoah. È anche autore di novelle (Edizioni Croce) e per saggistica (Editrice Viella).  Si chiama Denoument il suo sito tutto dedicato al Cinema.(https://www.denouement.it/).

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