Il nefasto esperimento della Sanità lombarda
La Regione più colpita dal virus ha approvato la riforma del settore: dalle case della comunità agli ambulatori sociosanitari. Sono le strutture distribuite sul territorio da cui dovrebbe provare a ripartire la sanità lombarda, dopo le inadeguatezze rese palesi dalla pandemia che ha evidenziato tutti i problemi del sistema ospedalo-centrico ereditato da Formigoni e Maroni.
Ma secondo quanto sta emergendo più che di riforma, si tratta di una “non riforma” che lascia intatti i problemi esistenti, come la sempre maggiore rilevanza dei privati, col risultato di lunghe liste d’attesa per chi non può permettersi visite private e deve rivolgersi al pubblico. Questo "modo" di governare non ha origini molto lontane.
Restano ancora inspiegabili i perché Renzi all'epoca presidente del Consiglio supportato dalla ministra della Salute Lorenzin concesse alla Lombardia unica Regione d’Italia di cancellare in un sol colpo le ASL e le Aziende Ospedaliere. Gli effetti di questo intervento scellerato si sono concretizzati appunto con la gestione del Covid dove la Regione Lombardia ha mostrato col numero dei morti una incapacità totale.
Il governo d’Italia era quello di Renzi (dal 22/02/2014 al 12/12/2016), ministro alla salute Beatrice Lorenzin, ministro agli affari regionali furono prima Maria Carmela Lanzetta (dimissionaria dal 30/01/2015) quindi Enrico Costa (dal 29/01/2015).
È questo il governo d'Italia che approvò ( in modo pilatesco e con tutte le conseguenze che vedremo ) la Legge Regionale 23/2015 (della lombardia) definendola come “sperimentale” e da sottoporre a conferma o cambiamento trascorsi 5 anni (ovvero nel 2020), previa valutazione dei risultati.
Intanto nel remoto Nord indisturbato, dal 1997 ben tre riforme della sanità lombarda si sono eseguite: 1997 Formigoni, 2015 Maroni, e appunto 2021 Fontana-Moratti, la risposta finale ai dubbi del governo Renzi e come possiamo constatare della memoria corta dell’attuale Parlamento Italiano.
Va ricordato e vanno riconosciute le eccellenze Ospedaliere della Lombardia ( per la maggior parte private ma finanziate dai soldi pubblici ) ma va anche ricordato quello che è diventato lo sfacelo della Sanità Lombarda.
Tutto il resto sono racconti inquietanti da corsia ospedaliera.
Senza voler apparir blasfemo ho quasi un senso di dispiacere per non essere cittadino veneto, quello governato, dal parente di partito di Fontana, da Zaia.
Tralasciando i danni, ma non la loro scia, prodotti dal “Celeste Governatore” vediamo dunque cosa successe nel 2015.
Maroni con la sua riforma (legge 23/2015) aveva riconosciuto la debolezza della sanità territoriale lombarda; che la Regione dal 1977 si era più e solo concentrata sugli ospedali trascurando poliambulatori, consultori, luoghi della riabilitazione, ecc.
E soprattutto aveva cancellato le ASL (quelle che nel resto d’Italia si occupavano del territorio) e le Aziende Ospedaliere il tutto sostituito con 27 nuove aziende ASST (Aziende Socio Sanitarie Territoriali) che avrebbero dovuto gestire allo stesso tempo ospedali e territorio, proprio per rilanciare in modo incisivo i servizi territoriali.
L’architettura (politico economica) era anche più complessa infatti le 27 ASST erano sottoposte a 8 Agenzie (ATS) che tra l’altro ereditavano la gestione delle funzioni di programmazione delle vecchie ASL, o meglio quella parte di funzioni che non sarebbero finite nelle ASST.
Ecco dunque il perché il governo di allora (Renzi) si sentì di approvare la legge regionale che consentiva alla Lombardia unica Regione d’Italia di derogare, cancellando in un sol colpo le ASL e le Aziende Ospedaliere come appunto previsto dalle leggi nazionali, salvo conferma o cambiamento dopo cinque anni (2020).
Cosa è successo in questi cinque anni? La beffa si è concretizzata.
“Riallineate la Lombardia al servizio sanitario nazionale, rilanciate la prevenzione, istituite i Distretti socio sanitari e superate il sistema ATS-ASST”
Nel frattempo arrivano anche i fondi europei del Ricovery che attraverso il PNRR del (ora) Governo Draghi mirano a rilanciare anche la sanità territoriale nel Paese, e danno (tra le altre cose) il compito alle Regioni di realizzare gli ospedali di Comunità e le Case di Comunità, che consentiranno di avere in modo più distribuito sul territorio luoghi dove trovare finalmente in ognuno medici specialisti (cardiologi, urologi, diabetologi, ginecologi, ecc.), medici di famiglia, ambulatori per esami e anche assistenti sociali, operatori per la presa in carico globale della persona (ecco il concetto di Comunità).
Ma ecco la cocciuta e corale risposta di Fontana e Moratti e del centro destra nella nuova “riforma” ( previa valutazione dei risultati ) approvata questo novembre.
Comunque sia, una domanda vien più che naturale su come possano i tanti responsabili di questa "offesa alla democrazia" permettersi di sedere ai banchi del governo, del parlamento italiano, del parlamento della regione “più ricca d’Italia” strafottendosene di chi li ha votati, e di chi non si sognerebbe mai di votarli.