Come ti distruggo l'Iran a colpi di "bot" "troll" e "psyops"
E' una guerra nella quale è coinvolta la maggior parte della popolazione iraniana che non era nemmeno nata negli anni in cui gli ayatollah si sono presi il Paese. I cyber-guerrieri del Pentagono riescono a far divampare i conflitti che poi diventano planetari con un pugno di #hashtag. Un esempio comprovato? E' partita con un click la protesta nelle strade di Teheran dopo l'uccisone di Mahsa Amini (a lato, nell'illustrazione di Gerry Popplestone).
I disordini civili in Iran in risposta alla morte recente della ventiduenne Mahsa Amini, mentre era in attesa presso una stazione di polizia di Teheran, sebbene radicati in legittime lamentele, portano anche il segno distintivo di una guerra segreta sponsorizzata dall'Occidente.
Infatti, pochi giorni dopo lo scoppio delle proteste del 16 settembre, il Washington Post ha rivelato che il Pentagono aveva avviato un audit ad ampio raggio di tutti i suoi sforzi psyop online, con una serie di account di bot e troll gestiti dalla sua divisione Central Command (CENTCOM), a supporto di tutte le "guerre" statunitensi in Asia occidentale, Nord Africa e Asia meridionale e centrale.
Questo impiego massiccio di bot e troll è stato smacherato ed eliminato dai principali social network e spazi online, grazie all'intervento dei centri di ricerca di ricerca Social media Graphika e dallo Stanford Internet Observatory, secondo le quali, "da cinque anni si susseguono le operazioni di guerra segreta a matrice filo-occidentale". Di primo acchito la rivelazione fu snobbata dalla stampa angloassone, ma non sfuggì all'attenzione dei vertici del governo degli Stati Uniti che se ne preoccuparano non poco, poichè l'opera del CENTCOM era stata smascherata.
#OpIran - Anonimus fa guerra all'Iran dopo la morte di Mahsa Amini
Il controllo operativo del CENTCOM include l'Iran poiché è uno Stato nemico degli Stati Uniti. Pertanto non sorprende che una parte significativa della disinformazione online e degli sforzi della guerra psicologica siano diretti a quel paese. La strategia impiegata dagli specialisti militari statunitensi di psyops (guerra psicologica) è nella creazione di molteplici media fittizi che pubblicano contenuti in Farsi su numerosi canali online, su Twitter, Facebook, Instagram, YouTube e persino su Telegram. Inoltre sono stati "creati" dei falsi giornalisti con numerosi "falsi follower" e con persino la foto del profilo con l'aiuto dell'intelligenza artificiale.
Ad esempio, Fahim News ha affermato di fornire "notizie e informazioni accurate" sugli eventi in Iran, pubblicando con forte risalto dei post in cui si dichiarava che siccome, "il regime usa tutti i mezzi per censurare e filtrare Internet" era meglio fidarsi di fonti online come Dariche News, un "sito web indipendente, non affiliato a nessun gruppo o organizzazioni terroristiche", impegnato a fornire agli iraniani "notizie senza censure e imparziali" sulle situazioni all'interno e all'esterno del Paese, soffermandosi sul "ruolo distruttivo del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche in tutti gli affari e le questioni dell'Iran e della regione".
Un' immagine dei disordini dopo l'assassinio di Mahsa
Va pure ricordato che alcune tra le organizzazioni di fake news hanno pubblicato notizie di cronaca corrispondenti alla realtà, ma infarcite di messaggi di propaganda distorcenti, finanziati dal governo degli Stati Uniti e irradiati da emittenti come Radio Farda e Voice of America farsi.
Un esercito di bot di troll e di clickbait
Hanno anche riproposto e condiviso articoli dell'Iran International, con sede in Gran Bretagna, che pare riceva finanziamenti dall'Arabia Saudita. Si tratta di pagine, spesso non di contenuto politico, sulle quali prevalgono le poesie persiani, le foto dei più celebri piatti gastronomici della regione. Lo scopo di sifatta comunicazione è di attrarre la fiducia, essere confermati difensori dell'autenticità. Non a caso i "redattori" di Iran International sono ben accolti su Twitter per esempio, dove hanno acquisito fama con il loro affabile modo di saper scherzare sui variegati meme di Internet.
I robot e i troll del Pentagono hanno utilizzato diverse tecniche e approcci narrativi nel tentativo di influenzare il pensiero e generare il coinvolgimento delle persone. Sono state diffusi giudizi "intransigenti", di critica al governo iraniano per "una politica estera non adeguatamente aggressiva, ma nel contempo eccessivamente riformista e liberale a livello nazionale".
Uno di questi cyber-killer, un presunto "esperto di scienze politiche", ha accumulato un seguito di migliaia di follower su Twitter e su Telegram, elogiando il crescente potere dell'Islam sciita nell'Asia occidentale, mentre altri account "intransigenti" hanno elogiato il defunto generale Qassem Soleimani della Guardia rivoluzionaria islamica Corps (IRGC), ucciso (testuale),"in un attacco illegale di droni statunitensi nel gennaio 2020".
Il velo come simbolo di rottura interna alla società iraniana
Insomma il Pentagono cerca di incrementare il malcontento anti-governativo tra gli iraniani ultra-conservatori, e nel contempo crea squadre di "estremisti" da monitorare online. E quindi lancio di post ferocemente critici nei confronti del governo iraniano e dell'IRGC. Per esempio, numerosi bot e troll del Pentagono hanno cercato di incolpare il governo degli ayatollah per la carenza di cibo e medicine, e hanno diffuso video di iraniani che protestavano e saccheggiavano supermercati con didascalie in pashto, inglese e urdu.
Un' opposizione al governo degli ayatollah ben orchestrata
I "tecnici" del Pentagono,usando hashtag come #PS752 e #PS752justice centinaia di volte, hanno incolpato personalmente il leader supremo iraniano Ali Khamenei per l'incidente. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina a febbraio, questi account utilizzavano versioni persiane degli hashtag di grande tendenza #No_To_Putin e #No_To_War, a loro volta diffusi in modo schiacciante su Twitter da account di bot e troll filo-ucraini, con i quali hanno condannato il sostegno di Khamenei a Putin e hanno accusato il Capo supremo di fornire droni a Mosca. Hanno anche sollevato all'allarmismo ostenendo che la collusione dell'Iran con la Russia avrebbe avuto ripercussioni politiche ed economiche negative per Teheran.
L'Iraq era un paese di particolare interesse per i cyber-guerrieri del Pentagono, con meme ampiamente condivisi in tutta Baghdad e descrivevano l'influenza dell'IRGC nel paese come una malattia distruttiva. Le milizie furono accusate di aver ucciso iracheni con attacchi missilistici, e di aver progettato siccità danneggiando le infrastrutture di approvvigionamento idrico, di contrabbandare armi e carburante dall'Iraq e in Siria e di avervi provocato l'epidemia di metanfetamina.
Il protagonismo della "guerra psicologica"
Naturalmente, la guerra psicologica del CENTCOM è una protagonista di primo piano nelle proteste che stanno dilaniando travolto l'Iran. C'è un'attenzione particolare di un gruppo di bot e troll sui diritti delle donne. Decine di post hanno confrontato le opportunità delle donne iraniane all'estero con quelle in Iran – un meme su questo tema ha messo a confronto le foto di un astronauta con una vittima di violenti abusi coniugali – mentre altri hanno promosso proteste contro l'hijab.
I diritti delle donne, la corruzione e il costo della vita – l'ultimo dei quali deriva direttamente dalle soffocanti sanzioni statunitensi – sono fattori indispensabili per aizzare la rabbia dei manifestanti, senza che un solo giornalista o testata di giornale, televisiva, sia mai scosso dal dubbio che il movimento di protesta, possa essere alimentato dalla disinformazione straniera.
Il complice "far finta di niente" dei media mainstream occidentale
Eppure, abbondano prove evidenti di una complicità straniera, non da ultimo dal volto dal movimento anti-hijab di Masih Alinejad , che da molti anni incoraggia le donne iraniane a bruciare il velo. Ella opera - è confermato - da un rifugio dell'FBI a New York. York City, inviando immagini online, che navigano per tutto il mondo nel mare dei social media e delle principali testate giornalistiche. Eppure c'è anche una foto che ritrae Alinejad accanto all'ex direttore della CIA Mike Pompeo, che è una conferma di quanto il suo lavoro sia apprezzato in sede CENTCOM.
Certamente questi malevoli post sui social possono apparire, al primo sguardo, innocui e pure veritieri, poiché viviamo in un'era di clickbait e fake news, ma quando sono volutamente impaginati, pilotati e finalizzati a scopi ben precisi, diventano delle armi micidiali che il Pentagono va ammassando nei suoi arsenali.