La storia sconosciuta delle favole dei fratelli Grimm
„La nostra famiglia è un luogo sgradevole, perché qui nessuno di noi fratelli si lega; non regna più ordine, né per il cibo, né per il resto. Tuo Jacob.“ [L'immagine sopra:Gli gnomi e il calzolaio, una delle favole dei Grimm]
Lo scrive accorato a Wilhelm Grimm (1786-1859), l’affezionato fratello Jacob (1785-1863), che in fondo vede come responsabile di ciò la piccola sorella Lotte (Charlotte Grimm 1793-1833). Lei, dopo la morte della madre, a soli quindici anni, non sembra essere in grado di occuparsi della sua famiglia orfana. Così la società della seconda metà del Settecento, congedava il destino di una donna, senza discussioni, nel doversi occupare della casa; e poco importava se come a casa Grimm, le cadeva tutto sulle spalle dal lutto materno in età poco più che infantile. Ben presto, però, Lotte sarà idolatrata, perché accettando quel destino di buon grado, aiutata dalla zia materna Henriette, con lettere piene di consigli femminili, trasformò quel nucleo zoppicante nel focolare romantico, da cui le celebri favole dei Fratelli Grimm partirono facendo il giro del mondo.
Lotte ( Incisione a lato) morì a quarant’anni, sposa del primo ministro Ludwig Hassenpflug (1794-1862), e non le bastò questo per trovar sepoltura vicino ai suoi fratelli, nel luogo designato appunto solo ai maschi di famiglia. Un lieto fine – così raro anche nelle favole del Romanticismo – arriverà 181 anni dopo (2014), quando la sua bara sarà infine traslata qualche fossa più là, vicino agli amati fratelli nel cimitero dove tutti i Grimm sono stati sepolti: l’Halter St.-Matthäus-Kirchhof di Berlino.
È il cimitero storico, con le sue tante storie racchiuse, di tanti personaggi celebri. In Germania però la morte stessa è importante, perciò anche nel pianto va festeggiata con caffè e torta. In più, a differenza di soli tre giorni italiani, i primi di novembre, qui in Germania la morte riceve tutto quel mese, tra requiem e malinconiche riflessioni.
Il Romanticismo nasce in Germania dal dolce senso per la morte. Gustav Mahler (1860 – 1911) scrisse nella sua seconda sinfonia: Sterben wer’ich um zu Leben (“Io morirò per vivere”); e se ciò non è detto che valga per tutti è pur vero che per la cultura tedesca morire non è mai un punto di arrivo, ma di partenza. Così il cimitero, proprio perché è qui che, chi ci ha amato, verrà a farci visita.
Nel cimitero il ricordo del vissuto di un congiunto è dissestato in filosofia e sentimento, tra cavillare e pianto, perché torni eternamente in vita nel tempo e nel ricordo. E ancor più poetico, perché vale come luogo dell’anelito, del ricostruire pur sempre qualcosa, mentre chi visita, anche se estraneo, passa in rassegna date e nomi, cercando d’immaginare, di quando in quando, identità (anche romantiche, perché no?) tra i desolati nomi, di tanti intorno.
L’Halter St.-Matthäus-Kirchhof a maggior ragione, in questo spaccato, è un luogo fortunato, che primeggia tra tanti altri della sua stessa congerie, perché già dalla famiglia Grimm, finalmente ricongiunta, racconta di noti anche da tutto il Novecento. Uomini, donne e storie che hanno valicato i limiti nazionali per essere dirimenti nella Storia d’Europa o modello tra Guerra, Resistenza, emancipazione, rispetto per la vita e le sue diversità addirittura dal post morte e nel presente.
Il 5 ottobre 1843 nacque ufficialmente la Confraternita del Sagrato di San Matteo, grazie al lascito di un confratello, che donò appunto il terreno per l’erezione di una chiesa che fosse centrale. La confraternita scrisse all’imperatore Federico Guglielmo IV, chiedendo per edificare un permesso; che arrivò alla fine di gennaio del 1844. L’architetto berlinese August Stüler (1800 – 1865) realizzò il progetto in tempo record, in un lasso che per quanto breve vide crescere invece la confraternita in modo esponenziale.
La chiesa fu inaugurata il 17 maggio 1846 da quindicimila iscritti. Troppi per una sola fabbrica. In accordo i confratelli del Sagrato di San Matteo si divisero dunque in due confraternite più piccole e quella che gemmò si trasferì nei pressi di Nollendorfplatz, nella chiesa del Zwölf-Apostel-Kirchhof della Kolonnenstraße. Tuttavia il desiderio di avere un unico cimitero che fosse bastante per le due comunità consorelle, spinse all’acquisto di un terreno confinante a un prezzo per quel tempo esorbitante: 6000 talleri (9000 euro). A sancire la sacralità del luogo fu costruita una nuova cappella barocca (1907) dall’architetto Gustav Werner, tutt’oggi in piedi. Il cimitero divenne luogo di sepoltura di artisti, ministri, letterati e funzionari stessi del gabinetto di Otto von Bismarck.
Con lo scoppio della Grande Guerra fu luogo di sepoltura anche di ufficiali aristocratici vittime del conflitto. Sul viale principale del cimitero, che sale in direzione di Schöneberg, una lapide tombale in memoria dei caduti del 1914-1918 li ricorda come eroi. Che gli stessi nazisti veneravano anche se nel progetto della nuova capitale mondiale del nazismo, non più Berlino, ma Germania il St.-Matthäus-Kirchhof andava ridimensionato.
Adolf Hitler diede così ordine (1938-1939) di dissestare un terzo delle fosse, sradicando ex abrupto lapidi e mausolei. Una parte dell’area del cimitero s’incuneava otticamente nella retta di rappresentanza designata da Hitler e dal suo architetto Albert Speer (1905 – 1981) tra l’Aeroporto Berlin-Tempelhof e il mai realizzato Arco di Trionfo (restano in sua vece i piloni in cemento armato) previsto sulla Kolonnenstraße.
Tra i mausolei abbattuti c’era quello della famiglia Langenscheidt che ha portato a Berlino, e poi in Germania e in tutto il mondo, uno dei marchi più famosi per lo studio delle lingue. Una famiglia poco amata da Hitler, che sradicò quel mausoleo con piacere, perché Langenscheidt era sinonimo di apertura al mondo. Gustav Langenscheidt (1832 – 1895), viaggiando da Berlino a Milano, Londra, Parigi, Vienna e Mosca, capì quanto importanti per la comunicazione fossero le lingue, permettendo in Germania la diffusione dello studio della stessa lingua ebraica dal 1923.
In seguito prese le redini di famiglia Karl Langenscheidt (1870 – 1952) che, a dispetto nel nazionalsocialismo, portò avanti, tra guerra e crisi, l’azienda ancora oggi distinguibile con il suo marchio “L”, approdo obbligato per chi in Germania vuol studiare una lingua, e di tutti gli stranieri che trasferitisi qui vogliono imparare il tedesco. Una lapide nel cimitero ricorda la famiglia Langenscheidt e il luogo dove si trovava il mausoleo. I bombardamenti alleati su Berlino non risparmiarono il St.-Matthäus-Kirchhof, che tuttavia non venne raso del tutto al suolo, continuando a essere importante luogo di sepoltura. Era il luglio del 1944, quando il cimitero divenne primo luogo di sepoltura di Claus Schenk Graf von Stauffenberg, giustiziato dopo aver attentato alla vita di Hitler.