Quei grandi motori che non tacciono mai
Tra le 13 città costiere italiane Venezia è la più inquinata dai gas e dai carburanti delle Grandi Navi.
Greta Thunberg
Com’è facile intuire, le ragioni di chi si oppone alla situazione attuale sono di natura diversa. A rappresentarle non sono più solo il Comitato “No Grandi Navi” e Associazioni di area ambientalista, ma aree sempre più estese di cittadini e di realtà istituzionali internazionali.
I temi chiamati in causa riguardano la difesa della salute e qualità della vita dei residenti, la protezione e la salvaguardia della Laguna nonché delle strutture stesse di Venezia, dei suoi canali e della sua tenuta fisica. In sostanza, sempre più soggetti si chiedono cosa abbiano a che spartire con Venezia questi ecomostri innestati a forza nel tessuto della città e quali siano i costi che la comunità deve pagare. Le conseguenze sulla salute dei cittadini sono legate prevalentemente alle emissioni gassose connesse ai tempi in cui le navi passeggeri operano in Laguna, dal momento d’ingresso fino alla loro uscita. Non sono, ovviamente, solo quelle passeggeri, le navi che contribuiscono, con le loro emissioni, all’inquinamento atmosferico ma il loro rilevante ‘apporto’ si somma a quello prodotto da mercantili e petroliere che entrano di continuo nei porti interni alla Laguna, da S. Leonardo a Porto Marghera. Per le navi da crociera il calcolo dei tempi totali di presenza – e quindi delle loro emissioni - deve considerare l’insieme di varie fasi: ingresso e uscita dal porto, manovre di attracco e disormeggio, permanenza in banchina. Queste operazioni portano il tempo di permanenza complessivo ad oscillare tra un minimo di 24, a un massimo di 56 ore nel 2007, con una media attuale di quasi venti. Nel calcolo delle emissioni nocive vanno considerate anche quelle indotte, legate all’attività d’assistenza obbligatoria fornita da due a tre rimorchiatori, di media stazza, per ogni nave. L’area portuale del Tronchetto e quella di Riva dei Sette Martiri, destinate alle maxi-navi sono a stretto ridosso di aree residenziali (S. Marta, S. Basilio, Castello Est) poste a poche centinaia di metri – in alcuni casi a meno di una trentina – dalle case del centro storico.
Ogni nave è servita da due grandi gruppi-motore più un numero variabile di diesel ausiliari che generano corrente per i consumi e le attrezzature di bordo, sempre in funzione, come i radar e le diverse antenne di telecomunicazione satellitare. Da molti punti di Venezia si possono vedere – considerando che sovrastano nettamente i tetti delle case – le ciminiere di queste navi all’ormeggio mentre disperdono nell’aria i fumi dei loro motori sempre accesi. Un Ente pubblico, l’A.R.P.A della Regione Veneto, ha compilato più di un rapporto sulle emissioni delle navi in porto, applicando standard internazionali di valutazione. Uno di questi ha calcolato che ogni nave nelle fasi di manovra e stazionamento in banchina impiega una quantità di carburante pari a metà di quanta ne consuma, nelle stesse ore, in piena navigazione. Dato, questo, che dovrebbe cominciare a far sorgere dei dubbi a chi sostiene, negando la realtà, che le navi in sosta starebbero con i motori spenti. Un’ulteriore preoccupazione dovrebbe derivare dall’impiego dei combustibili in uso. Anche se le navi, in porto, sono obbligate dal 2010 ad usare carburanti a minor contenuto di zolfo, le loro emissioni restano ancora molte centinaia di volte più inquinanti di quelle prodotte dai trasporti terrestri.
La Comunità europea ha rinviato al 2018 la messa a norma obbligatoria per tutti i natanti (12), introducendo, per altro, deroghe e incentivi per gli armatori. Siamo ancora lontani dalla loro piena attuazione nonostante accordi e protocolli ‘Blue Flag’, siglati da Autorità portuali, Enti e Compagnie armatrici.
Sono accordi che rischiano di essere limitati e formali, mancando indicazioni e modalità concrete relative a controllori, campionature e definizione delle sanzioni. Nonostante queste normative, recepite e applicate con ritardi enormi le restrizioni applicate al traffico marittimo sono lontanissime da quelle applicati al traffico terreste. Solo dal 20 maggio 2012 è stato ridotta allo 0,1% la componente di zolfo dei carburanti marini ammessi in laguna, com’era da qualche tempo obbligatorio per le navi all’ormeggio. Per capire meglio con un paragone, il carburante per autotrazione ha un tenore di zolfo pari a 10 ppm (parti per milione) risulta100 volte più pulito del carburante, con lo 0,1% di zolfo, usato oggi obbligatoriamente dalle navi ormeggiate in porto. Nel confronto con i carburanti usati negli autotrasporti terrestri, le navi prima usavano praticamente morchia se bruciavano, fino a poco tempo fa, carburanti al 3,5% di zolfo. Sembra inconcepibile che nell’epoca delle restrizioni delle ‘domeniche ecologiche’ e della progressiva pedonalizzazione delle aree urbane centrali nelle maggiori città, Venezia sia diventata l’unica città al mondo che ha imboccato un’inversione di tendenza aprendo il proprio centro storico alla libera circolazione di mezzi pesanti.
E’ come se su Piazza dei Miracoli a Pisa o su Via dei Fori Imperiali o a Piazza Navona a Roma, si lasciassero sfilare per tutto il giorno file di TIR con l’emissione libera dei loro scarichi inquinanti. Accenniamo solo brevemente ad alcuni numeri, desunti dalla citata ricerca dell’ARPAV (13) anche se risale ad anni in cui il traffico marittimo era molto al di sotto di quello attuale. Ogni anno le navi da crociera e traghetti scaricavano, nel 2005, nell’aria nel centro storico:
Una situazione che crea nell’area abitativa di S.Basilio, prossima alla Marittima, un tasso d’inquinamento dell’aria pari a quello misurabile lungo la tristemente famosa Tangenziale di Mestre. Ancora oggi, dopo i timidi interventi della Comunità Europea, gli armatori sono stati costretti ad usare due tipi di carburante: quello più grezzo per il mare aperto e quello a ridotto contenuto di zolfo per la navigazione e sosta nei porti. Guardando alle grandi navi basta fare dei calcoli anche solo a vista per avere un’idea della portata degli sversamenti inquinanti delle loro ciminiere sempre in funzione. L’elemento caratterizzante questo problema sta, sostanzialmente nel non volerlo mai considerare con dati e ricerche chiaramente super partes, principalmente da parte di una ASL che dovrebbe preoccuparsi delle conseguenze sui cittadini, di diossidi di zolfo e di azoto presenti nelle emissioni e farsi parte attiva di rilevamenti e verifiche.
Si spera anche che conosca i dati preoccupanti pubblicizzati da Enti internazionali di controllo che hanno stimato in 50.000 i decessi, solo in Europa, legati all’inquinamento da traffico marittimo. Altri dati giungono dagli USA dove il Presidente Obama stesso aveva indicato in 30.000 i decessi di cittadini statunitensi residenti nella fasce costiere e portuali a causa dell’inquinamento da traffico marittimo. Rispetto ad uno stato di salute diversa, quella dei monumenti, va considerato che le due sostanze, citate sopra, quando entrano in contatto con acqua, anche solo piovana, producono rispettivamente acido solforoso e acido solforico che non sono il massimo per i marmi, le calci e le componenti in metallo degli edifice esposti. A Venezia nell’area lagunare, esiste solo una centralina di rilevamento dei dati d’inquinamento, a Sacca Fisola, estremità ovest della Giudecca, proprio di fronte alla Marittima e quindi, almeno sulla carta, in grado di fornire dati certi e in quantità notevoli. Non sembra comunque essere riconosciuta idonea ai sofisticati rilevamenti necessari, ottima scusa per poter poi ignorare l’inquinamento realmente prodotto.
A tutt’oggi, a tutela della salvaguardia della salute della città, dei suoi abitanti e dei suoi monumenti, esiste solo una sorta di ‘Gentleman’s agreement’, una sorta di ‘patto’ tra Comune, Ente Porto e Compagnie armatrici, il Venice Blue Flag, per effettuare controlli sulle navi in transito e sul loro impiego di carburanti di ‘secondo serbatoio’, con tenore inferiore di zolfo rispetto a quello utilizzato in navigazione. I controlli spetteranno, a campione, all’Autorità marittima della Capitaneria di Porto che ne renderà pubblici gli esiti. Quella che sembra essere, sulla carta una soluzione, non introduce, in realtà nessuna sanzione in caso di inosservanza ed autorizza, invece, le compagnie armatrici a poter annunciare sui propri siti commerciali le dichiarazioni di tutela dell’ambiente e di adeguamento alle norme di rispetto dell’ambiente. Le considerazioni sull’inquinamento atmosferico non si limitano alle materie inquinanti disperse nell’aria ma si estendono ai rumori ed alle onde elettromagnetiche. I rumori continui sono creati dai motori e dai generatori sempre accesi a garantire l’energia elettrica che, senza preoccupazione di sprechi, fornisce illuminazione e servizi al fabbisogno di quella che di fatto è una cittadina da 5-6 mila abitanti.
Moltiplicata per il numero di navi presenti in contemporanea, l’energia erogata corrisponde a quella consumata dal Comune di una cittadina media di 30-40.000 abitanti. Anche su questo punto l’Autorità portuale dopo le abituali minimizzazioni iniziali - fatte tanto per non cambiare mai l’usuale modus operandi - ha dovuto accettare l’esistenza del problema cercando di proporre delle soluzioni. L’alternativa è stata intravista nel fornire da terra corrente elettrica che alimentasse le navi dalla banchina, promettendo l’installazione delle cosiddette stazioni di ‘cold ironing’ a terra.
E’ interessante soffermarsi per un momento su questo punto per mostrare come siano spesso repentini e facili i voltafaccia dell’Autorità Portuale e della sua collegata V.T.P. Dall’iniziale negazione della rilevanza del fenomeno, l’Autorità Portuale ha cambiato posizione di 180 gradi facendo inaugurare dalla propria partecipata, la solita V.T.P., addirittura un proprio settore di ‘engineering’ per lanciare un progetto di fornitura elettrica alle navi ferme in banchina che, essi stessi, ammettono avere “esigenze energetiche importanti da 10 fino a 20 MW di potenza elettrica, erogata a 11.000 Volts”. Per giustificare il progetto la V.T.P. forse non si è preoccupata di compiere un autogol, obbligata ad ammettere l’inquinamento da combustione, precedentemente negato o sottovalutato. Nel documento di lancio del progetto ha ammesso l’impiego esteso dell’uso dei motori accesi in banchina e i grandi consumi relativi: “una grande nave da crociera, ferma in porto per 10 ore brucia fino a 20 tonnellate di carburante”(14). Poco oltre deve anche ammettere il conseguente inquinamento prodotto quantificandolo in un’equivalente emissione in atmosfera di 60 tonnellate di anidride carbonica e come se non bastasse assume toni ‘ambientalistici’ affermando che mentre “in Italia le emissioni dei settori industriale ed energetico sono in calo ormai da anni (quasi del 50% tra 1998 e 2006), è quasi raddoppiato l’ossido di zolfo (SOx) proveniente dal settore marittimo. Il traffico marittimo nazionale e internazionale risulta responsabile di più dell’80% delle emissioni totali imputabili al trasporto e quindi si rivela essere una delle principali fonti di inquinamento da ossido di zolfo su scala globale” (15). Chiaramente questa situazione non è sostenibile nel lungo periodo, soprattutto in Italia dove molti porti sono vicini, se non integrati, ai centri storici della città E’ sempre così quando si vede la possibilità di un nuovo business e, bontà loro, se ne sono accorti dopo aver intravisto una grossa occasione di nuovi, futuri, possibili profitti che, tra l’altro, aumenterebbero pericolosamente l’attività della centrale elettrica di Fusina-Marghera. Soprassedendo alle vibrazioni prodotte dai motori mai spenti, va dato un piccolo cenno sulle onde e i campi elettromagnetici creati dagli impianti in funzione 24 ore su 24, come avviene per i radar solo sulle navi militari. Sono le apparecchiature elettroniche, le antenne paraboliche e i ripetitori/trasmettitori per le telecomunicazioni di tutti i tipi. Nelle televisioni delle case dei quartieri limitrofi non solo si risentono continui disturbi dei segnali video ma ci si può trovare ad assistere alla comparsa sul proprio teleschermo di stazioni che, a bordo e per i loro ospiti, trasmettono immagini sulla piacevolezza delle crociere, o su Venezia, come racconta, nella rivista in rete ‘Il Ridotto’, la scrittrice veneziana Tudy Sammartini citando la sua esperienza personale di residente a ridosso della Marittima (16) .
Ma non sono gli unici inconvenienti per chi, sfortunatamente, risiede nelle aree limitrofe perché è esposto anche all‘inquinamento acustico creato dall’attività delle navi in sosta. L’uso ripetuto di sirene durante le manovre, altoparlanti a volumi da navigazione in mare aperto, diffondo all’esterno i continui avvisi ai passeggeri, le feste notturne sui ponti e nelle discoteche interne, le esercitazioni di sicurezza per i crocieristi, a sorpresa, nei momenti più impensati. Subissata dalle proteste l’Autorità portuale – che negava la rilevanza del problema - ha dovuto emettere un’ordinanza specifica con una serie di divieti e limitazioni, diurne e notturne, per contenere l’inquinamento acustico che disturbava ripetutamente tranquillità e riposo degli abitanti esasperati di S.Marta, S.Basilio e Castello Est vicini alle banchine, arrivando fino al divieto assoluto di altoparlanti dalle 24 alle 7 del mattino.