I curdi traditi e mazziati mentre l'Europa blatera
"Come donne siamo determinate a combattere fino a quando non otterremo la vittoria della pace, della libertà e della giustizia”. Le donne curde si rivolgono al mondo, mentre assistono all’avanzare delle truppe di Erdogan nel loro territorio e cercano di fermarle.
Ci vuol poco a capire che in quanto a sanzioni europee il presidente della Turchia, Tayyip Erdogan può stare tranquillo. Finora i ministri degli esteri riuniti in Lussemburgo hanno dato il via libera a un regime di sanzioni contro la Turchia non per l’aggressione ai curdi, bensì (udite,udite!) per le trivellazioni illegali nella zona economica esclusiva di Cipro.
Dopodiché si sono limitati a dire che, «L’Ue condanna l’azione militare della Turchia che mina seriamente la stabilità e la sicurezza di tutta la regione». E hanno poi sancito, «l’impegno degli Stati a posizioni nazionali forti rispetto alla politica di export delle armi».
Così è facile comprendere che ai proclami non seguiranno i fatti, di questo Erdogan ne è più che certo. Infatti, i dati sulle esportazioni di armi rivelano profitti importanti per gli Stati membri dell’Unione europea, poiché il 27 per cento del totale mondiale di materiale bellico esportato nel quadriennio 2014-18, è di origine europea. Con l’Italia che occupa la quinta posizione dopo Francia, Germania, Regno Unito e Spagna.
Tuttavia, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a più riprese continuano a condannare l’operazione militare turca contro i curdi nel nord della Siria, e continuano ad assicurare di impegnarsi a stoppare l’export di armi verso la Turchia ben sapendo che il governo turco è uno dei principali clienti dell’industria bellica tricolore, e quindi ben sapendo che quelle promesse non riusciranno a mantenerle.
Nel solo 2018 (dati ufficiali) tra armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, razzi, missili e accessori oltre che apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software l’incasso è stato di 360 milioni di euro.
E così, mentre in quella regione contesa a Nord della Siria, piatta ma ricca d’acqua, fertile e ricca di campi petroliferi, si consuma l’ennesimo smacco delle diplomazie a danno di migliaia di vittime, il “main stream” dà ampio spazio ai blateramenti dei politici e si ostina a non fare chiarezza sui perché della popolazione curda, sulla quale - in Occidente - non c'è chiarezza, dal momento che si considerano i curdi del Pkk terroristi e allo stesso tempo quelli dell’Ypg, loro alleati siriani, combattenti per la libertà. Evidentemente anche questa confusione all'Eu giova.