Perché il patriarca Kirill ce l'ha con i "Diversi"

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È inevitabile che il quotidiano racconto mediatico del conflitto in Ucraina pecchi di recentismo: in primo piano si pongono i movimenti delle truppe e le sanguinose contumelie che scambiate tra Zelensky e Putin; le radici del conflitto in atto finiscono in secondo piano e finiscono per perdersi.

AGay russi1d esempio, vorrei far notare che la guerra si inserisce entro il più grave scisma che abbia colpito le Chiese ortodosse dopo quello monofisita del V secolo, e che coinvolge il Patriarcato di Mosca e quello di Costantinopoli. Questo scisma precede la guerra; le sue radici risalgono agli anni immediatamente successivi alla caduta di Berlino. Non coinvolge solo il “perfido” Kirill, ma anche il suo predecessore Alessio II; non solo Kiev, ma anche la metropolìa di Tallinn. Lo scopo di questo mio articolo è spostare l’attenzione dagli eroi e i cattivi del racconto propagandistico alle dinamiche di lungo periodo e alle strutture del conflitto geopolitico, nell’interesse della comprensione e – se Dio vuole – della pace.

Fede e crociate – Di questi tempi è prassi associare il nome di Kirill a quello di Vladimir Putin negli anatemi quotidiani di politici e giornalisti. Qualche giorno fa, la Commissione europea ha proposto di includere il patriarca di Mosca nella sesta tornata di sanzioni contro la Russia, trasformando il conflitto ucraino in guerra di religione. Prescindendo dal giudizio sulle convinzioni di Kirill e dalle notizie sul suo patrimonio pubblicate da Forbes, trattiamo pur sempre del leader spirituale di una comunità che conta 110 milioni di fedeli nel mondo. Reagiranno approvando le sanzioni o difendendolo, sentendosi nel mirino di un disegno persecutorio? Franco Cardini, insigne storico delle religioni, ha commentato: «Se quello che vogliamo è dichiarare la guerra totale alla Russia, le sanzioni a Kirill dopo aver vietato la lettura di Guerra e Pace, continuiamo a farci del male se non a coprirci di ridicolo». 

Cardini ha anche fatto notare che «non ci siamo scandalizzati quando il primate di Westminster ha appoggiato le spedizioni in Iraq e in Afghanistan, quando ha benedetto bandiere e armi senza battere ciglio» . Gli oppositori di Kirill non risparmiano critiche neanche a Papa Francesco, spesso criticato per l’equidistanza tra i contendenti insieme a chiunque si proponga di favorire una mediazione che riporti la pace. La verità è che i critici di Kirill sognano ipocritamente un Papa con la corazza come Giulio II, che a propria volta promulghi una crociata contro l’anticristo moscovita.

Cattolicesimo e ortodossia – Scrive Cardini: «la Chiesa ortodossa di Mosca è un organo statale, anche quando il capo dello Stato era ateo, ne sa qualcosa Stalin». Un giudizio provocatorio, ma che coglie bene una caratteristica culturale della Chiesa ortodossa in generale, la quale, nella propria lunga storia, ha sempre cercato di governare in armonia con il potere temporale, rappresentato, di volta in volta, dall’Imperatore di Costantinopoli, dallo Zar, dal Partito comunista. La subordinazione della Chiesa allo Stato è del resto tipica anche di molte denominazioni protestanti da Lutero in poi. La Chiesa cattolica, d’altro canto, ha una tradizione diversa: dagli scontri con l’Imperatore nel medioevo alla creazione dello Stato pontificio alle frequenti scomuniche di re e capi di Stato, essa ha sempre tutelato la propria indipendenza dal potere temporale e spesso e volentieri si è fatta potere essa stessa. Il che, per inciso, non le ha certo impedito di benedire, per convenienza, moschetti e gagliardetti. Si tratta piuttosto di due modi diversi di interpretare il detto di Gesù «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio», accentuando l’obbedienza alle leggi dello Stato in un caso; nell’altro, la libertà di culto.

Un problema sempreverde, quello della conciliazione tra pietà religiosa e leggi dello Stato, che si ripresenta in contesti molto diversi – si pensi all’obiezione di coscienza. La contraddizione tra etica e politica trascende il cristianesimo, come dimostra l’Antigone di Sofocle, e si presenta con soluzioni diverse in tutte le culture. La guerra comporta sempre il rischio che il Cristianesimo, che accomuna una parte importante delle culture del mondo traducendo tra esse i problemi d’ordine morale, si frantumi in una serie di culti nazionali. Il Papa ha scelto di collocare la Chiesa cattolica in una posizione delicata, quella di ponte tra Oriente e Occidente, tra ortodossia e protestantesimo. Ne paga le conseguenze: la logica di guerra vuole infatti che si distruggano i ponti. La scelta di Kirill è stata diversa. Quali sono le sue motivazioni? A mio parere occorre cercarle nei conflitti nati in seno al mondo ortodosso a partire dalla caduta del muro di Berlino.

La Chiesa autocefala ucraina – Dalla seconda metà del ‘600 il patriarca di Mosca detiene il diritto di ordinare il metropolita di Kiev. La Chiesa ortodossa ucraina che si riconosce nel patriarcato di Mosca è tuttora esistente, anche se oggetto, dal 2014, di discriminazioni politiche e di infamanti accuse di collaborazionismo da parte del governo. Giocò anche un ruolo importante nell’applicazione degli accordi di Minsk, che qui non è il caso di approfondire. Attualmente, nonostante la comunione con Mosca, i rapporti sono peggiorati: il metropolita di Kiev Onufry ha definito un “disastro” l’invasione dell’Ucraina, che considera fratricida.

Come nasce, dunque, la Chiesa autocefala ucraina? Essa è stata fondata solo nel 2018, ed è un caso interessante di invenzione della tradizione. Nel corso del ‘900 si sono susseguiti vari tentativi di staccare la Chiesa ucraina da quella di Mosca. In particolare, nel 1919 il leader del direttorato ucraino Symon Petliura promosse la formazione della Chiesa ortodossa ucraina autocefala. In seguito, essa fu liquidata dal governo sovietico, brevemente ripristinata dai Nazisti tra il 1942 e il 1944, e riemersa dalla soffitta della storia nel 1990, dopo la caduta dell’Unione sovietica, sotto la guida di un patriarca canadese. Una seconda chiesa ucraina scismatica è nata nel 1992: la Chiesa ortodossa ucraina – Patriarcato di Kiev.

Al rifiuto del Patriarca di Mosca di riconoscere il metropolita di Kiev Filarete come patriarca di una nuova Chiesa ortodossa ucraina autocefala, lo stesso Filarete ha reagito fondando una propria Chiesa. Fu l’allora presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko, nel 2018, a costruire le condizioni politiche per l’unificazione delle due chiese scismatiche. In cambio, Poroshenko firmò un accordo di cooperazione con il Patriarca della Chiesa di Costantinopoli, Bartolomeo, che riconobbe la nuova chiesa autocefala tra le proteste del patriarcato di Mosca e di quanti in Ucraina vi si riconoscevano.
Di lì a poco, Filarete, Patriarca “onorario” (sic) della nuova Chiesa, ed Epifanio, Metropolita di Kiev della medesima, entrarono in conflitto per questioni di attribuzione di potere e solo dopo una lunga lotta il secondo riuscì a mettere il primo in minoranza.

Il precedente estone – come si vede, gli scismi tra Mosca e Kiev vengono progettati e organizzati politicamente in coincidenza con i tentativi secolari di colpire la Russia nei momenti di crisi di potere.

Vi è un precedente importante: dopo la caduta del muro di Berlino, nel 1993, il governo estone espropriò di fatto la Chiesa ortodossa di ogni suo bene riconoscendone come proprietario il Sinodo della Chiesa ortodossa estone in esilio. Così, dall’oggi al domani, i fedeli ortodossi furono spogliati dei propri edifici di culto. In seguito, si produsse una divisione tra gli ortodossi estoni che intendevano rimanere sotto la giurisdizione di Mosca, e quelli che chiedevano di passare sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli.
Nel 1996, fu ancora una volta il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli a incorporare la Chiesa ortodossa estone, producendo uno scisma con l’allora patriarca di Mosca, Alessio II. Qualche mese dopo i due patriarchi raggiunsero un accordo che tuttavia non eliminò le tensioni tra le due comunità, che perdurano tuttora.

Dinamica dello scisma – possiamo considerare il 2018 come una semplice tappa in uno scisma che in realtà divide i patriarcati di Mosca e Costantinopoli almeno a partire dalla caduta dell’Unione sovietica. Il vuoto di potere politico ha favorito una dinamica simile nei casi estone e ucraino: la Chiesa ortodossa russa viene perseguitata politicamente, altre tradizioni ortodosse vengono riscoperte e reinventate dal potere per essere staccate da Mosca e ricondotte al patriarcato di Costantinopoli, che gode di tradizionale prestigio nel mondo Ortodosso. Il patriarca di Costantinopoli ha tra i patriarchi ortodossi una posizione di primus inter pares dai tempi dell’Impero romano d’oriente, nonostante la caduta di quest’ultimo e l’ascesa della Russia abbiano spostato il baricentro del mondo ortodosso a Mosca. Un baricentro che non per caso oggi si tenta di “riequilibrare”, sottraendo terreno all’egemonia russa.

La questione LGBT – stabilito che ridurre il conflitto attuale a un litigio tra il patriarca Kirill e il metropolita Epifanio è fuorviante, dedico una breve considerazione al modo in cui la propaganda di guerra ha strumentalizzato la questione dei diritti per arruolare il mondo omosessuale nella crociata contro Kirill. I media rinfacciano a Kirill il fatto di giustificare la guerra come un tentativo di fermare l’avanzata dei disvalori occidentali e di difendere la famiglia tradizionale contro la lobby gay; d’altro canto, però, quella ucraina non è certo una Chiesa “arcobaleno”.
Kiev non è San Francisco, come testimoniano le parole del Patriarca Filarete: alcuni ricordano ancora che, durante un’intervista del marzo 2020, interpretò la pandemia di COVID come una punizione divina per i matrimoni dello stesso sesso, e fu perciò contestato dalle organizzazioni LGBT locali e globali.
L’attacco a Kirill è capzioso: l’oligarchia liberale al potere nell’Unione europea strumentalizza la questione dei diritti in una guerra che coi diritti non ha nulla a che fare, per meri fini di propaganda
 
Conclusione – nell’articolo ho tentato di ripercorre le tappe di uno scisma che coinvolge il mondo ortodosso a partire dalla caduta dell’Unione sovietica. Lo scisma avviene nel 2018 come conseguenza della guerra civile nel Donbass, a riprova di quanto sia miope chi pensa che il conflitto ucraino sia scoppiato nel 2022.
Tuttavia, le radici del conflitto tra Mosca e Costantinopoli sono più antiche: risalgono alla caduta del muro di Berlino. Il conflitto religioso presenta la stessa struttura e le stesse dinamiche di quello geopolitico: alla crisi di egemonia del potere centrale russo segue un tentativo di ridimensionarne il mondo, sottraendogli una serie di spazi fomentando ogni sorta di forza centrifuga locale. Così, tra le premesse della guerra attuale, possiamo aggiungere la persecuzione religiosa agli altri “colpi bassi” che negli anni hanno esacerbato il conflitto tra NATO e Russia: la logica dell’espansione dei blocchi militari, della corsa agli armamenti, della ricerca sui sistemi balistici antimissile, della destabilizzazione politica del blocco altrui tramite il sostegno alle rivolte di piazza e alle formazioni paramilitari più equivoche.
Occorre fare attenzione perché questa dinamica è tuttora in atto e coinvolge un Paese della UE come la Polonia: la Chiesa ortodossa polacca, in comunione con Mosca, è accusata di intelligenza col nemico dalle forze politiche al potere.
Infine, vorrei sottolineare il carattere strutturale del conflitto religioso: la stessa dinamica che ha portato allo scisma nel mondo ortodosso può essere applicata con successo a quello cattolico “reo” di cercare la pace: così, la conferenza episcopale polacca cattolica vive oggi uno scisma di fatto, non dichiarato, con Roma, criticando la politica estera filorussa del Papa, esaltando la “guerra giusta” e aprendo canali diplomatici propri.
Nella misura in cui coinvolgono il potere questi conflitti non vanno trascurati o ridotti a episodi folcloristici: si tratta, al contrario, di campanelli di allarme che anticipano conflitti prossimi venturi.

galofaro francescoFrancesco Galofaro è docente di semiotica presso ISIA-Roma e assegnista di ricerca all’Università di Torino, nell’ambito del progetto ERC NeMoSanctI.
È co-fondatore e redattore della rivista Ocula. Tra le sue pubblicazioni: Eluana Englaro, la contesa sulla fine della vita, Meltemi; Semiotica e ITC per i beni culturali, Franco Angeli; Morphogenesis and Individuation, Springer; Dopo Gerico. I nuovi spazi della psichiatria, Esculapio.
Principali aree di ricerca: salute, design, Natural Language Processing, studi religiosi. Ama le letterature centroeuropee e gioca a scacchi quasi come Nimzowitsch.

 

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