Perché I morti sul lavoro sono più dell’anno scorso

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Tre morti al giorno sul lavoro, ai quali però ci si dimentica di aggiungere i circa cinque decessi quotidiani per malattie professionali, sono cifre pesanti . I morti sul lavoro sono più dell’anno scorso, mentre la tutela delle vittime è ferma al 1965. Nel periodo gennaio-agosto 2024 i morti denunciati sono stati 680 in crescita del 3,5 per cento rispetto agli otto mesi dell’anno scorso, quando ne erano stati registrati 657.

morti biancheLa "Giornata Nazionale per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro” che si è celebrata il 13 ottobre con Mattarella e il suo «Lavoro e sicurezza sono diritti inscindibili» , ha il sapore di una beffa./ Foto RadyTuttavia, fonti ufficiose ipotizzano che circa un terzo degli infortuni mortali sul lavoro rimanga sottotraccia, non censito. Infatti, sono sempre più frequenti i casi di occultamento di cadavere o di simulazione di incidente al di fuori del luogo di lavoro che, riguardano gli immigrati. Il ministero del Lavoro, contattato per avere il totale globale dei morti, non fornisce numeri né stime, rimandando ai soli dati Inail.

Eppure non ci vuole molto a capire, che gli infortuni mortali sono alimentati da competitività, precarietà e modelli sempre più flessibili di organizzazione del lavoro e della produzione. La salute e la sicurezza dei lavoratori, ossia la protezione contro gli incidenti e le malattie professionali, sono sempre più subordinate alla “salute” dei bilanci e alla sicurezza del profitto aziendale.

Oggi, molto più di ieri, tra lavoratori e imprese il rapporto è strutturalmente asimmetrico. È più forte il potere del padronato, poiché soltanto gli acquirenti di forza lavoro possono — più di ieri — perseguire strategie che ,mirano ad indebolire la controparte, vuoi ricorrendo alle tecnologie che riducono il personale, vuoi delocalizzando gli investimenti e altro ancora. comei metodi in uso (in moltissime aziende) che attivano meccanismi interiorizzati di punizione e di ricompensa, simili a quelli per l’addestramento dei cani. Se poi si pensa che in Italia c’è una media di tre morti bianche al giorno — 1147 nel 2023 — quasi sempre a causa delle condizioni nelle quali il lavoro viene svolto, il quadro si completa.

La verità è che, nell’èra del neoliberismo nella quale viviamo, l’aristocrazia e i vassalli hanno soltanto cambiato nome, ma il sempre peggio rimane, poiché le condizioni sociali — struttura familiare, livello di istruzione, welfare basati sulla verifica del reddito — hanno confermato la povertà in aumento. Con le quarantene si sono radicate nel mondo del lavoro delle realtà scioccanti, con il capitalismo-postfordista, che ha calcato la mano sul Flexible Capitalism, il nuovo regime di accumulazione basato sulla flessibilità del rapporto di lavoro. Flessibilità che sta — l’abbiamo imparato in fretta — per precarietà, in un mondo postindustriale dove da quattro lustri a questa parte non si parla più, come ha scritto il sociologo Ulrich Beck, di “divisione del lavoro, bensì di divisione della disoccupazione.”.

Vite spezzate dal lavoro: nelle fabbriche schiacciate dalle presse, sui tralicci e sui ponteggi folgorate da scariche elettriche, nei campi travolte da rimorchi e trattori, nelle cave inghiottite da sabbia e terra, nei cantieri precipitate dalle impalcature, sulle strade accartocciate in macchine e furgoni.  L’intensificazione dei ritmi lavorativi, in risposta alle pressioni competitive, ha inciso in modo significativo sullo stato di salute psico-fisico dei lavoratori, mettendo a rischio la loro incolumità dentro e fuori i luoghi di lavoro.

Negli ultimi cinquant'anni abbiamo assistito alla devastazione delle forme tradizionali di lavoro. Beninteso, la forma del lavoro salariato, sotto il modello taylorista-fordista, caratteristico del XX secolo, conteneva sfruttamento, alienazione e costrizione. Tuttavia, era stato forgiato e regolato da innumerevoli lotte portate avanti da coloro che lavoravano per sopravvivere, fin dalla Rivoluzione Industriale. Oggi è diverso.

Come si fa, di fronte a queste morti bianche, a far finta di non capire che, i caduti del lavoro sono il primo problema da affrontare? Le sinistre , almeno per vocazione dichiarata, dovrebbero per prime farsene carico, ma non ne hanno il coraggio.  Continuano a sbranarsi sul come e cosa fare e non vanno oltre: uno spettacolo miserevole. Il risultato è che con questo rimpallo di responsabilità, le morti bianche sono diventate, agli occhi della pubblica opinione, un semplice incidente di percorso. Nulla di più, anche perchè oramai le notizie condite di immagini veicolate dal media mainstream inducono all’assuefazione, alla dipendenza. La gente passa da una crisi all’altra, dissuasa da ogni forma di approfondimento.

Eppure, non ci vuole molto a comprendere che, i senza lavoro (soprattutto i giovani) vivono nel continuo e logorante sospetto di non essere all’altezza dei tempi, che impongono nuovi standard, nuove regole di vita e di lavoro: da qui l’inquietudine permanente di rimanere in eterno disoccupati. Insomma, la minaccia di perdere il posto di lavoro ha provocato nella gente un senso di fallimento, alimentato dall’incapacità di rispondere adeguatamente alle nuove sfide che minano alle radici la percezione di continuità dell’esistenza e della tradizione, scollegano definitivamente il già mal conciliato tempo di lavoro e tempo libero, creando così le condizioni di un conflitto permanente tra la personalità dell’individuo e la sua quotidiana esperienza di vita all’interno della comunità.  

In questo scenario la "Giornata Nazionale per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro” che si celebra il 13 ottobre con Mattarella e il suo «Lavoro e sicurezza sono diritti inscindibili» , ha il sapore di una beffa. Come si è  detto, I morti sul lavoro sono più dell’anno scorso, lo confermano i numeri. 


Voglia r copyVincenzo Maddaloni, giornalista e saggista, con il suo ultimo libro Voglia di Rivoluzione. Storia e storie di un desiderio inappagato  spiega analizzando i fatti, perché la voglia di rivoluzione - nei molti sensi di questo vocabolo - è in Occidente un sentimento in crescita, da quando la cretineria in politica e la difficoltà di distinguere il vero dal falso si sono rivelate un formidabile alimentatore della disperazione collettiva. 

Voglia di Rivoluzione. Storia e storie di un desiderio inappagato, Nexus Edizioni, giugno 2024.

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