Papà Biden e il suo amore per Kiev

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Come membro del consiglio di amministrazione di Burisma, la più grande compagnia privata di petrolio e gas dell’Ucraina, Hunter Biden, secondogenito del presidente Joe Biden, è stato pagato 50.000 dollari al mese tra il 2014 e il 2019, quando suo padre era il numero due di Barack Obama.  Una storia pressoché ignorata in Italia dal media mainstream, benché sia fondamentale per comprendere l'origine della crisi ucraina.

ucraina2423Salvare l’Ucraina da una presunta minaccia russa e da un’imminente invasione è stato il mantra con cui il presidente degli Stati Uniti, Joseph Biden, e il primo ministro britannico Boris Johnson hanno cercato di distogliere l’attenzione dalla loro crisi politica interna. Ora la guerra c'è, l'obiettivo è stato raggiunto, la vecchia strategia che punta a infondere ansia e  paura nei propri governati, ha di nuovo funzionato. Dopotutto Joe Biden, Vladimir Putin e l'Ucraina: non è una storia solo degli ultimi mesi, ma è un braccio di ferro che ha origini più lontane.

Durante la presidenza americana di Barack Obama (dal 2009 al 2017) il braccio destro con una "delega" sulla politica internazionale era proprio Joe Biden. "Il presidente Obama mi manda nei luoghi dove lui non vuole andare", disse a febbraio 2014 quando arrivò a Kiev poco dopo la drammatica insurrezione popolare di piazza Maidan sedata nel sangue.

Arrivò a sostegno del fragile governo ucraino subito dopo la fuga del presidente filorusso Yanukovich. Mosca decise di annettersi la Crimea con un blitz militare ma non proseguì proprio per il "muro" alzato da Biden.
Putin non ha mai accettato che l’Ucraina possa essere uno stato completamente indipendente, sostenendo che russi e ucraini formano un unico popolo e che Kiev non ha il diritto di ignorare mille anni di storia russa.

Nel luglio 2021, ha fatto circolare un articolo di settemila parole – “Sull’unità storica di russi e ucraini” – che ha inviato a tutti i membri delle forze armate russe in un chiaro avvertimento che un giorno avrebbero dovuto assumere la missione di difendere questa interpretazione della storia. Putin ha ribadito le sue idee lunedì 21  febbraio nel suo discorso televisivo.

Si tenga a mente che è stato Joe Biden a partire dal 2014, a portare avanti la politica di avvicinamento dell'Ucraina alla Nato. Voleva togliere potere politico ed economico alla Russia. I rapporti con Putin non sono mai stati sereni. I biografi americani parlano di un odio tra i due e lo stesso Biden ama ricordare un loro incontro. Cremlino, 9 marzo 2011, cena di gala. Joe Biden si avvicina a Putin per sussurrargli: "Signor Presidente, io la sto guardando negli occhi e penso che lei non abbia un'anima". Putin sorridendogli gli rispose: "Io e lei ci capiamo". Biden volò a Kiev e di fatto bloccò l'avanzata di Putin dalla Crimea. Otto anni dopo il presidente russo nell'annunciare l'operazione militare in Ucraina ha detto: "Non rifaremo lo stesso errore una seconda volta". In parte riferendosi proprio a quell'episodio.


Bugie, arma di distruzione di massa

Le bugie sono un’arma di guerra in questa guerra culturale di quarta o quinta generazione. Il compito è quello di creare la bugia, la bufala, il falso, il pettegolezzo non corroborato nell’immaginario collettivo, di gestire le masse, di attirare gli elettori con l’inganno. La menzogna è un meccanismo di distruzione di massa che serve a scagionare dalla responsabilità uomini d’affari e/o politici senza scrupoli, criminali o negligenti.

La guerra ucraina è iniziata in anticipo nella stampa e nei social media. Il discorso costante di minare la credibilità della Russia è accompagnato dall’imposizione che la versione ufficiale occidentale è necessariamente vera. Questo è un metodo di disinformazione. Proprio uno dei metodi della disinformazione è quello di accettare come valida l’informazione ufficiale di una delle parti.

La guerra non è iniziata con l’invasione russa o con le tanto pubblicizzate immagini dei carri armati diretti a Kiev. Questo è quello che si vede in televisione, dove la NATO sembra essere un attore di supporto nelle operazioni, quel che persino l’agenzia di stampa americana AP ha definito “disinformazione sul conflitto russo-ucraino”. Ma non sono solo le nuove forme di manipolazione dell’immaginario ad essere utilizzate, perché quelle vecchie rimangono.

Per esempio, l’US National Endowment for Democracy, creato nel 1983 dall’amministrazione di Ronald Reagan per finanziare progetti di promozione della democrazia liberale durante la guerra fredda, continua il suo lavoro di costruzione di soggettività politiche per destabilizzare i paesi, come ha fatto due decenni fa con le cosiddette rivoluzioni colorate, soprattutto in diversi paesi europei.

Ora, la guerra cognitiva, che l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (almeno) ha già iniziato a testare con la crisi in Ucraina, è una grande sfida; altera, gradualmente e sottilmente, la comprensione e la reazione a certi eventi. Tutto questo ha effetti dannosi a lungo termine, poiché ha una portata universale, colpendo individui, stati e organizzazioni multinazionali.

Si avvale, nella maggior parte dei casi, di tecniche di disinformazione e propaganda che cercano di esaurire psicologicamente i destinatari delle informazioni. Naturalmente, queste tecnologie e l’interesse per esse non sono nuove dal punto di vista militare. Ciò che è interessante è che in questo caso, la NATO riconosce che un tale vettore strategico farà parte delle guerre di domani, insieme alla creazione di neuro-armi.

La conoscenza può essere facilmente convertita in un’arma. Gli strumenti della guerra dell’informazione vanno di pari passo con le neuro-armi sviluppate dalle nuove tecnologie, rendendo questo campo un fronte di battaglia del futuro. Questo è rafforzato dai rapidi progressi in NBIC (Nanotecnologia, Biotecnologia, Informatica e Scienze Cognitive).

 

Il figlio di papà Presidente

Hunter BidenCome membro del consiglio di amministrazione di Burisma, la più grande compagnia privata di petrolio e gas dell’Ucraina, Hunter Biden (nella foto accanto al padre), secondogenito del presidente Joe Biden, è stato pagato 50.000 dollari al mese tra il 2014 e il 2019, quando suo padre era il numero due di Barack Obama. Burisma Holding ha il permesso di sfruttare i giacimenti di petrogas situati nella penisola di Crimea. Può anche svolgere lavori nelle regioni di Dnepropetrovsk, Donetsk e Kharkov.

Ovviamente, se l’accordo del gasdotto Stream2 con la Russia viene interrotto, i beneficiari saranno le compagnie petrolifere e del gas statunitensi ed europee, come le multinazionali Shell e Chevron. Nell’ultimo decennio, le aziende statunitensi sono entrate attivamente nell’economia ucraina e nel settore del petrolio e del gas. Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, l’Ucraina ha il terzo più grande giacimento di gas di scisto in Europa (1,2 miliardi di metri cubi).

Dall’anno scorso Hunter Biden è sotto inchiesta da parte del principale Procuratore federale del Delaware per le sue tasse. Secondo la stampa, l’FBI ha intrapreso un’indagine penale nel 2019 che rimane aperta; si concentra su accuse di riciclaggio di denaro.

In un mondo in cui la comunicazione è diventata una merce strategica – ancora più redditizia del petrolio – e dove si commercia l’economia dell’immateriale, il controllo di internet (e dei social media) dà a chi detiene il potere un vantaggio strategico, geopolitico, decisivo. Simile al potere sulle rotte di navigazione planetarie che nel XIX secolo ha permesso all’Inghilterra di dominare il mondo.

 

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