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Eni moltiplica i profitti grazie ai prezzi del gas e li reinveste nel fossile. Nell’ultimo trimestre 2021 la multinazionale degli idrocarburi ha visto crescere gli utili del 53% (pari a 3,8 miliardi di euro). Il balzo dei prezzi del gas ha fatto la differenza. Ma gli investimenti tecnici sono destinati in gran parte allo sviluppo di giacimenti. “Eni è intrappolata nel fossile e al governo va bene così” denuncia ReCommon.
Un paesaggio a forma del logo dell' azienda./Tavola di Nils-Petter Ekwall
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” Eni continuerà a pagare il gas russo in euro, ma ha avviato la procedura per l'apertura di due conti, uno in euro e uno in rubli, presso Gazprom Bank "senza accettazione di modifiche unilaterali dei contratti in essere". Lo rende noto Eni spiegando che "l'apertura dei conti avviene su base temporanea e senza pregiudizio alcuno dei diritti contrattuali della società, che prevedono il soddisfacimento dell'obbligo di pagare a fronte del versamento in euro.
Tale espressa riserva accompagnerà anche l'esecuzione dei relativi pagamenti". I due conti correnti denominati K, sono stati aperti in accordo con le le istituzioni italiane e nel rispetto del quadro sanzionatorio internazionale, nel contesto di un confronto in corso con Gazprom Export" a carico della quale sarà, precisa Eni, "ogni eventuale costo o rischio connesso alla diversa modalità esecutiva dei pagamenti". „
ENI chi ?
Eni S.p.A., originariamente acronimo di Ente Nazionale Idrocarburi, è un'azienda multinazionale creata dallo Stato italiano come ente pubblico nel 1953 sotto la presidenza di Enrico Mattei, che fu presidente fino all'oscura morte nel 1962. Poi convertita in società per azioni nel 1992.
Dopo la storica decisione di Mattei dell’ottobre 1945 di non liquidare l’AGIP, ma anzi di rafforzarla, l’attività iniziò più forte che mai, con grande entusiasmo e dedizione di tutte le sue maestranze. I frutti positivi non tardarono ad arrivare.
Il campo di Caviaga (10 miliardi di metri cubi di riserve) nel marzo 1946 iniziò ad erogare gas in notevole quantità e a mettere a disposizione dell’industria una fonte di energia economica e amica dell’ambiente. L’evento scatenò l’opposizione delle compagnie americane, che premevano per ottenere dal Governo italiano la liberalizzazione della Valle Padana. Nel frattempo arrivano altre scoperte: Ripalta, Cornegliano, Piadena e Bordolano. La produzione di gas aumentava di giorno in giorno; nel 1950 si arriverà a produrre 300 milioni di metri cubi, dai 12 milioni del 1946. Nel 1953 la produzione salirà a 2 miliardi di metri cubi. Dopo Caviaga e Ripalta, nel 1951 viene scoperto il campo a gas a condensati di Cortemaggiore, dove nasce la formula “SuperCortemaggiore - la potente benzina italiana”, ben in vista in tutte le stazioni di servizio e di rifornimento AGIP sulla rete stradale. Nel contempo nascono le attività del “mid and down stream” quali l’ANIC, la SAIPEM, SNAM PROGETTI e la SNAM che Mattei raggruppa nell’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) costituita con Legge del 10 febbraio 1953, n. 136. L’esplorazione e la conseguente produzione si estende a tutta la Valle del Po per continuare poi nel Mare Adriatico con successi esaltanti. Negli anni novanta la produzione di gas toccherà i 20 miliardi all’anno pari a circa il 30% del consumo italiano. Questa situazione darà luogo ad un indotto industriale che svilupperà occupazione, benessere sociale, innovazione tecnologica e realizzerà il più grande progetto di protezione ambientale, evitando la deforestazione dei nostri monti e limitando fortemente le emissioni di gas climalteranti in atmosfera. Mattei aveva anticipato gli obiettivi del COP 21 (Parigi 2015) di almeno mezzo secolo.
Non pago dei successi in Patria, Mattei rivolge l’attenzione oltre il Mediterraneo. La necessità di portare energia nel nostro Paese lo spinge ad oltrepassare i confini nazionali.
Nel 1952 incontra il Presidente egiziano Gamal A. Nasser. Viene firmato il contratto innovativo del 75% - 25% (Formula Mattei) che scuote il mondo petrolifero internazionale e suscita il rancore e il disappunto delle maggiori compagnie inglesi e americane (le Sette Sorelle). In pratica l’Ente di Stato partecipa al 50% alle operazioni con la creazione di una “Opera- ting Company” (OPCOM). Ciascuna parte avrà il 50% dei ricavi e la Compagnia Petrolifera pagherà il 50% di tasse sugli utili. In caso di sviluppo economico della scoperta, l’Ente di Stato rimborserà poi il 50% dei costi dell’esplorazione e dello sviluppo. Lo Stato produttore non è più solo il Concessionario ma partecipa alla gestione e questo gratifica di gran lunga il suo nazionalismo. Vengono scoperti e sviluppati i campi di Belayim nel Golfo di Suez e Abu Rudeis con la co- struzione del terminale di caricamento dell’olio di Feiran. La stessa formula viene proposta da Mattei allo Scià di Persia nel 1957.
Vengono costituite due Compagnie Operative denominate SIRIP e IMINOCO che iniziano l’attività di ricerca nel Golfo Persico con la scoperta dei campi di BahrganSar (anno 1960 con 25.000 barili al giorno di olio), di Nowruz (anno 1971 con 50.000 barili al giorno), En- dijan (1971 con 30.000 bodp), Rostam (1969) e Rakhsh (1971) con 60.000 bodp. L’esplorazione sui monti Zagros a più di 3000 metri di altezza e neve da 3 a 4 metri per quasi tutto l’anno, segnò un’epoca gloriosa per gli uomini dell’AGIP, che dovettero superare ostacoli giganteschi di logistica e di tecnologia di perforazione.
Furono scoperti i campi di Doudrou (1965), KuhiRig (1967) e Shourom (1970) con almeno 200 milioni di barili di riserve di olio. Il Governo tuttavia non diede il necessario appoggio per lo sviluppo del progetto, considerando i problemi logistici e tecnici, giudicati insormontabili. Poi venne la Libia nel 1959. L’AGIP ottenne la concessione A-100 in Cirenaica, a più di 500 km a sud di Bengasi, in pieno deserto. L’area era stata rilasciata dalla BP, che non era riusci- ta ad attraversare le evaporiti. I ragazzi dell’AGIP (tra i quali era presente anche chi scrive queste note) riuscirono a penetrare le evaporiti in sovrapressione, ad un gradiente pari al peso dei sedimenti, raggiungendo le arenarie del Nubiano a 4500 m, mineralizzate ad olio. Fu un grande successo e il campo, chiamato “BuAttifel” arrivò a produrre 200.000 barili al giorno ed è ancora oggi in esercizio.
A quei tempi il Colonnello Gheddafi mantenne il contratto 50/50 solo per l’AGIP, mentre portò a 60/40 tutti i contratti delle compagnie allora presenti (Esso, Shell, BP, Oxy e altre), per rispetto dell’iniziativa della “Formula Mattei”. Altri successi si ebbero in Tunisia, campo di “ElBorna”, ancora oggi in produzione dal 1961.
Il 27 ottobre 1962 l’aereo di Mattei cadde a Bescapè, in fase di atterraggio a Linate. Da nove anni era alla guida di ENI. Scompare un uomo di grande valore, di eccezionale amor patrio, di grande lungimiranza, che ha in modo sostanziale contribuito alla crescita economica ed industriale e al benessere sociale dell’Italia dal dopoguerra in poi. Oggi l’AGIP, poi incorporata in ENI negli anni novanta, è un colosso a livello internazionale, con una produzione di 1,8 milioni di barili al giorno, presente in molti Paesi, nei deserti e nei mari, dalla Cina, al Caspio, all’Africa del Nord, in Mozambico, in Angola, Congo, Ghana e tanti altri Paesi.
Oggi le azioni di Eni S.p.A. sono per il 30,1% di proprietà statale (circa 4,3% di proprietà del Ministero dell’Economia e Finanze e per circa il 25,7% di Cassa Depositi e Prestiti). Quindi, una partecipazione tale da influenzare le scelte in un settore più che strategico in un’ottica sia di breve che di lungo periodo per una visione diversa e rispettosa dei bisogni ambientali. Se poi navighiamo nel sito ENI, scopriamo informazioni rassicuranti: ENI abbraccia gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile,
“ quindi, oltre a operare ovviamente nel rispetto delle leggi, in conformità agli accordi e agli standard nazionali e internazionali, e ai regolamenti e alle politiche nazionali, abbiamo improntato la nostra azione a principi di sostenibilità, circolarità, e con una sempre maggiore attenzione all’investimento su fonti rinnovabili e a basso impatto. Inoltre, […]Eni protegge la biodiversità terrestre e marina e dei servizi ecosistemici nelle proprie attività: assicurando lo stato di salute dell’ambiente naturale contribuisce allo sviluppo economico e sociale”.
Tranquilli quindi !
Non proprio, sembra invece di essere di fronte ad un’ottima operazione di ecologismo o ambientalismo di facciata.
Aldilà delle affermazioni virtuose fino ad ora, invece, ENI è stata nell’occhio del ciclone degli ambientalisti per l’impatto dei suoi giacimenti petroliferi, con non pochi problemi in diversi siti globali: la lista è lunga.
Nonostante alcune buone pratiche in terra italiana.
Sopra: Nerviano anni 30 || Sotto: Nerviano nel 2016
Ma Eni è accusata anche di violare i diritti umani nella zone sul Delta del Niger, dove sorgono numerosi impianti della compagnia e dove milioni di persone vivono con meno di due dollari al giorno.
C'è sicuramente molto da condividere con Greenpeace quando ritiene fondamentale la presenza all’interno del nuovo management di competenze legate al mondo della decarbonizzazione e della transizione energetica.
C’è bisogno di investimenti di medio lungo periodo rivolti ad una transizione energetica verso una reale produzione green.
Bisogna segnare la via del cambiamento con fatti concreti, investimenti lungimiranti e capaci di capovolgere gli effetti socio-ambientali negativi.
E perciò un’altra preoccupazione arriva guardando come gli effetti del COVID 19 sul petrolio si fanno sentire anche in casa ENI dove confermano che la prima misura intrapresa per limitare le conseguenze negative del crollo del prezzo del barile sarà proprio la riduzione degli investimenti sia per il 2020 che per il 2021.
Cosa significherà in termini di investimenti green lo scopriremo molto presto, visto che il riconfermato Descalzi pare pronto ad una nuova ristrutturazione per far fronte alla situazione.
C’è un altro aspetto che proprio non ci lascia nè convinti nè tranquilli nel guardare dentro la scatola ENI.
Perché questa multinazionale italiana ha una importante holding del gruppo, Eni International B.V., con sede legale in un paradiso fiscale come i Paesi Bassi. Fondata nel 1994, la holding olandese controlla decine di società del gruppo.
Ma ENI non è l’unica entità presente nei Paesi Bassi: ci sono anche Enel Finance International NV, la sussidiaria di Enel Spa che gestisce i servizi finanziari del gruppo e Saipem International BV che controlla più di trenta società del suo gruppo. Dunque, lo Stato italiano si auto elude pezzi di fisco attraverso partecipazioni strategiche: qualcosa non funziona.
Quindi, lo Stato non è un semplice azionista, quindi da Costituzione deve assumere il ruolo di costruttore strategico della politica socialmente ed ambientalmente responsabile di una multinazionale come ENI, con una ulteriore responsabilità rispetto a quella generica di indirizzo sulle modalità operative di energia e idrocarburi in Italia.
ENI è patrimonio collettivo, è questa la convinzione che dovrebbe dare la forza a tutti i cittadini di intervenire con forme di pressione attraverso l’esercizio di una cittadinanza responsabile. Abbiamo bisogno di un’azione di influenza collettiva: la pressione di gruppi di attivisti e la crescente aspettativa dell’opinione pubblica rendono ineludibile per ogni azienda la valutazione del capitale reputazionale. Vale ancora di più quando lo Stato ne è il responsabile.
Non esiste una soluzione semplice, ma dobbiamo cercarla. Percorrere traiettorie inusuali e usare strumenti capaci di influire sulle scelte originarie. Senza timore di entrare in territori apparentemente pericolosi.
Pensiamo alla potenza di fuoco economico e, quindi, di influenza, che hanno oggi i nostri fondi pensione, azionisti di imprese con i nostri soldi, il nostro futuro. Ma, come sempre, anche questa è un’altra storia.
Ecco un esempio.
Saipem "crolla" in borsa, siamo in fine gennaio 2022. La società di ingegneria ha presentato, prima dell'apertura dei mercati, la revisione dei conti per il 2024 decisa da un consiglio di amministrazione straordinario tenuto nel fine settimana: conti in rosso per il 2021, fatturato sotto le previsioni per oltre un miliardo di euro e appello ai soci Eni e Cdp per un'urgente iniezione di liquidità. Risultato: a inizio di contrattazioni, i titoli non riescono a fare prezzo e accusano un teorico meno 24%.
L'amministratore delegatonome: Francesco cognome: Caio (ex manager di Indesit, Poste e Alitalia) ha spiegato la necessità di rivedere le previsioni sul bilancio che verrà a breve presentato al mercato.
La revisione avviata da Saipem in previsione dei risultati dell'andamento delle commesse acquisite negli anni scorsi, ha messo in evidenza un "significativo deterioramento dei margini economici a vita intera di alcuni progetti relativi all'E&C Onshore e all'Offshore wind con conseguente effetto sui risultati economici consolidati", evidenzia Saipem nella propria nota.
A corredo di questa decisione, Saipem ha fatto sapere agli investitori cosa dovranno aspettarsi e cosa è cambiato rispetto a quanto comunicato a ottobre con i risultati dei primi nove mesi: "L'ebitda adjusted consolidato del secondo semestre 2021 in riduzione di circa 1 miliardo di euro; contrazione dei ricavi consolidati del secondo semestre 2021 da 4,5 miliardi di euro a 3,5 miliardi di euro. La previsione di aumento dei costi a vita intera sopra illustrata comporta una diminuita marginalità dei progetti che, per effetto dell'applicazione dei principi contabili internazionali, si riflette anche in una riduzione dei ricavi" e continua "considerando anche minori volumi per costi rimborsabili (senza effetto sull'ebitda) e il rallentamento nell'avanzamento di alcune commesse per il protrarsi della pandemia, i ricavi consolidati del secondo semestre 2021 sono previsti a 3,5 miliardi di euro, rispetto all'outlook di circa 4,5 miliardi di euro. Risulta invece in miglioramento la posizione finanziaria netta a fine 2021, pari a circa 1,5 miliardi di euro rispetto all'outlook di circa 1,7 miliardi di euro".
Ecco un problemino non da poco per i soci di riferimento di Saipem: Eni, che ha una quota del 30,5% e Cassa Depositi Prestiti con il 12,5%, e che vogliamo ricordare incrociano già in altri modi ed altre quote tra loro.
Alla presentazione dei conti dei primi nove mesi dell'anno, la situazione dichiarata era del tutto differente. Dalla Saipem era rilasciato un comunicato ottimista:
"Nuovi contratti per 4,9 miliardi di euroassicurano una buona visibilità nel medio-lungo termine, sostenuta da una adeguata solidità finanziaria, grazie alla disponibilità di liquidità per 2 miliardi di euro e alla linea revolving inutilizzata da 1 miliardo di euro.
I risultati risentono ancora del protrarsi della difficile situazione congiunturale causata dall’emergenza pandemica e dei rallentamenti legati a specifici progetti. Si registrano segnali di miglioramento nelle perforazioni, con un incremento della domanda e prospettive di pieno utilizzo della flotta. L’outlook per la seconda metà del 2021 prevede ricavi per circa 4,5 miliardi di euro".
Dunque l'amministratore delegato dell'ENI Claudio Descalzi non vorrà commentare quello che amministratore l'amministratore delegato della SaipemFrancesco Caio dovrebbe spiegarci, se si trattava solo e come di far passare la tempesta dei prezzi delle materie prime e attendere che si sbloccassero i ritardi nelle consegne oppure se alla luce dei fatti occorre una revisione del piano industriale.
Deve anche essere abbastanza convincente con i SUOI soci a sottoscrivere nuova finanza, e soprattutto dovrà rassicurare i mercati. Non sarà facile, soprattutto l'utimo punto: il primo profit warnig risale al 2012, da allora ce ne sono stati almeno altri tre e altrettanti amministratori delegati hanno provato a rilanciare la società.
Perchè la difficoltà maggiore sta nel cambiare modello industriale, spostandosi sulle nuove tecnologie legate alla transizione energetica. Invece, Saipem è ancora percepita dal mercato come una azienda legata all'oil&gas.
Nel Governo, nelle Bollette, nelle Case
Intanto per dovere di cronaca dobbiamo parlare delle contromisure che il governo del presidente Draghi intende attuare, abbondantemente dichiarate dal governo e da vari ministeri interessati: Riattivazione di alcune centrali a carbone; massimizzazione delle importazioni di gas da Paesi diversi dalla Russia (Congo, Angola, Mozambico, Algeria, Qatar); misure urgenti per il riempimento degli stoccaggi; semplificazioni per l’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili; aumento della produzione nazionale e della capacità di rigassificazione; provvedimenti per contenere i consumi.
Contromisure espresse in sintesi, ognuna delle quali se doverosamente affrontata apre contraddizioni dolorose sul passato e presente delle scelte succedutesi, anno dopo anno, nei vari passi delle politiche espresse dai vari governi e dai vari parlamenti. Nessun futuro, soltanto emergenze, da superare con i soldi dei cittadini. E a chi chiede rinnovabili e fonti pulite, silenzio stampa e false promesse.
Il cane a sei zampe nella versione originale del 1952Il cane a sei zampe nella versione del 1972
Il gatto a tre zampe marchio dell'AgipGas disegnato da Federico SenecaIl serpente dell'Energol disegnato da Federico Seneca
Mai riuscito a rispondere compiutamente alle uniche importanti domande della vita: “quanto costa?”, “quanto ci guadagno?”. Quindi “so e non so perché lo faccio …” ma lo devo fare perché sono curioso. Assecondami.