Diventare un "Monumento alla Memoria" non è fatica da poco

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Soprattutto se il monumento è dedicato alle tragedie dei migranti. Dopo sei anni e mille disavventure e grovigli giudiziari il relitto naufragato il 18 aprile 2015 riconosciuto non soltanto come un simbolo, ma un vero e proprio frammento visivo e materiale della disperazione, avrebbe finalmente la sua sede. 

barca nostraL'immagine del peschereccio che si inabissò nel canale di Sicilia, trascinando con sé la vita di più di 800 persone.

Alla fine, dopo sei, quasi sette anni e aver attraversato mille disavventure, la "Barca Nostra" di Christoph Buchel ha trovato il suo porto sicuro: il peschereccio che, nell’aprile del 2015, si inabissò nel canale di Sicilia, trascinando con sé la vita di più di 800 persone, e che fu esposto alla Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia del 2019, sarà conservato ad Augusta, il Comune siciliano,  che si era proposto di realizzare un "Giardino della Memoria" dedicato alle vittime del mare.

La notte del 18 aprile 2015, al largo delle coste libiche, si consumò una delle più dolorose tragedie avvenute nel Mediterraneo. Una imbarcazione salpata dalla Libia, carica di oltre novecento vite in cerca di un futuro migliore, sprofonda nell’abisso del mare, causando centinaia e centinaia di morti. La Marina Militare italiana nel 2016 recuperò il relitto del vecchio peschereccio e lo portò alla base navale di Augusta, in Sicilia. Rappresentando la prova materiale di un disastro di enormi proporzioni, venne proposto dalle Istituzioni italiane di esibire lo scheletro dello scafo dinanzi alla sede del Parlamento Europeo a Bruxelles, al fine di trasformarlo in monito concreto, rivolto alle Autorità dell’Unione, per evitare il replicarsi di tragedie di simile portata. Proposte e idee lasciate incompiute e nel frattempo si era avanti l’ipotesi della demolizione. L’idea che il simbolo di quel dramma potesse essere distrutto, ha fatto nascere il "Comitato 18 aprile", il quale si è posto a difesa del rispetto di un dolore vivo. Infatti, il Comitato,  aveva proposto, a più riprese, di costruire un “giardino della memoria”, un luogo dedicato a tutte le vittime delle migrazioni.

Passano gli anni e, nell’incerta situazione in cui versa il relitto, l’artista svizzero Christoph Buchel si interessa alla vicenda, esponendo l’ambizioso progetto di trasferire lo scafo da Augusta a Venezia per esibirlo alla Biennale del 2019 con un invito che suona così: «May you live in interesting time», «Che tu possa vivere in tempi interessanti!» come recita una maledizione cinese, e che diventa il titolo della 58/a Esposizione Internazionale d’arte di Venezia.

Pertanto il fatto che la Biennale d'arte di Venezia avesse innalzato a protagonista dell'esposizione il relitto del peschereccio libico rimane una forte segnale di coraggio. Il barcone simbolo del fenomeno delle migrazioni "Parlerà alle nostre coscienze", aveva spiegato il curatore della rassegna, Ralph Rugoff. Parole pesanti come pietre che riassumvano un invito che andava subito raccolto, condiviso.   

Del  resto l' anno prima, l'urgenza a reagire alle ingiustizie era stata brillantemente visualizzata dall'infaticabile Naomi Klein, che aveva stilato un elenco delle priorità, “In tutti i nostri paesi, dobbiamo fare in modo di sottolineare il legame tra ingiustizia economica, razziale e di genere. Ci spetta capire, e spiegare, come i sistemi di potere che mettono un gruppo in posizione dominante rispetto agli altri – sulla base del colore della pelle, della religione, dell’orientamento sessuale e di genere – servano sempre gli interessi del potere e del denaro.".  Parole che erano rimaste inascoltate. Il proposito della Biennale era di dare un rilancio a questa realtà.

Approdata a Venezia, Barca Nostra viene esposta all’Arsenale, diventando un vero e proprio monumento del dolore. Una spina di oltre trenta metri piantata nel cuore di una delle più importanti esposizioni d’arte a livello globale. "Barca Nostra" rappresenta la necessaria riflessione sul dramma migratorio, un dramma dinanzi al quale tutti i linguaggi artistici si fermano e sostano in silenzio. Il relitto non è soltanto un simbolo, ma un vero e proprio frammento visivo e materiale della disperazione. Finita la Biennale, per Barca Nostra si inizia un altro capitolo che si apre con la questione della rimozione.

Nasce una controversia legale durata due anni. Perché quel relitto diventato opera d’arte ha rischiato ancora una volta di finire nella spazzatura, per così dire. Si comincia con Christoph Buchel che cita in giudizio la società incaricata del trasferimento dello scafo. Poi il lockdown e “Barca Nostra” rimane lì dove era, a Venezia. Ma la Biennale vuole la banchina libera. E allora l’artista svizzero cerca di rimediare con una assicurazione per le opere esposte, niente da fare. La Biennale non aspetta e si rivolge al Tribunale per ottenere risposte. Si propone il Comune di Augusta, ricordiamo ente affidatario del relitto, a farsi carico del trasporto in Sicilia.  Insomma un groviglio giudiziario che rischia di dissolvere il significato di "Barca Nostra", cruciale poiché serve a ricordare le vittime, onorarne le vite e soprattutto serve ad evitare il replicarsi di quello che è successo in quel tragico 18 aprile 2015. Insomma, il relitto dismessa la sua funzione artistica e riassume pienamente quella di pungolo delle coscienze, di testimone non muto, simbolo di tutte le luttuose tragedie delle genti costrette ad attraversare deserti e mari per cercare la felicità. Una testimonianza che suona come una minaccia per chi lucra  sulle "spine" dei migranti , come spiega Salvatore "Turi" Pallida nell'articolo pubblicato in questo dossier.

Si tenga a mente che, come Carl Schorske segnala nel suo spettacolare Fin-de-siècle: Politica e cultura, sono gli studiosi americani per primi che hanno reciso il “cordone della coscienza” che collega il passato al presente, e così in un attimo sono scomparsi secoli di saccheggi, di violenze durante i quali milioni di africani sono stati abbattuti come animali e trasformati in schiavi. Sono stati inoltre perpetrati innumerevoli genocidi, da quelli in cui morirono dieci milioni di persone durante il regno del re del Belgio Leopoldo II, all’olocausto tedesco contro il popolo nativo namibico o all’attuale foga assassina per assicurare la fornitura di coltan e uranio nella Repubblica Democratica del Congo. Senza tralasciare la Somalia destabilizzata, e le decine di paesi che affogano nel sangue con le migliaia di persone che ne fuggono.  

bIENNALE3Morale, è consentita solo una (e una soltanto) versione dei fatti poiché gli occidentali - dotati di ragione - hanno costruito il mondo moderno a loro spetta il diritto di giudicare qual è il giusto e l'ingiusto. Punto. Benché la distinzione sia pura propaganda inventata a Washington e supportata dai centri coloniali quali Londra, Parigi o Berlino, essa è di fatto digerita e condivisa, persino diffusa da molti della sinistra occidentale. Insomma, tutti allineati e coperti come s'usa dire.  

Intanto ad Augusta Il Comune aspetta di capire dal "Comitato 18 aprile" quale progetto espositivo verrà fuori, prima di impegnare eventuali fondi nel nuovo bilancio. Poiché - spiegano - non sarà facile far digerire ai tanti che aspettano i ristori Covid19, una previsione di spesa per sostenere un’iniziativa culturale così innovativa. Il comunicato a firma congiunta sulla navigazione di rientro, comunque, ricorda che “nel 2018 il consiglio comunale ha approvato all’unanimità una mozione "affinché il relitto rimanga come arricchimento del patrimonio museale della città e culturale dell’intera Regione, quale elemento significativo e fondante di quel Giardino della Memoria posto a presidio e testimonianza delle tragedie delle persone migranti, oltre che segno di rispetto per le vittime e dall’alto valore didattico per le nuove generazioni".

Siamo ottimisti, forse ci siamo, dentro dicembre assicurano quelli del Comitato, "Barca Nostra" sarà nel giardino.


Laura Menti

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