Lo spirito di patate degli olandesi su «Italian drama!»
La pandemia in giro per il mondo/Il Coronavirus, visto da Amsterdam
L'Olanda, conosciuta per la sua linea di eccessiva «anti-solidarietà» con i Paesi del Sud, in genere segue scodinzolando Berlino, insieme agli alleati austriaci e finlandesi. Pertanto nel corso dello scontro nell’ultimo summit Ue dei 27 capi di Stato e di governo, il ministro delle Finanze olandese, Wopke Hoekstra, si è distinto più di ogni altro con il suo roboante "no"
alla richiesta di Italia, Spagna, Francia e vari altri Paesi di introdurre i Coronabond come nuova forma di condivisione del debito. Vediamo se gli olandesi cambieranno idea (è questione di giorni) quando anche da loro il contagio da coronavirus raggiungerà il massimo.
La cosa sconcertante per me era sentir pronunciare simili dichiarazioni da chi dovrebbe tutelare la salute dei cittadini dei Paesi Bassi, mentre nei parchi e nei pub della città tutti continuavano ad ammassarsi, incuranti delle distanze.
Con il decreto del 10 marzo del governo italiano, la mia vita cambia anche ad Amsterdam: io e le persone vicine a me iniziamo a comportarci esattamente secondo le regole italiane. Evitiamo i pub affollati e teniamo la distanza dalle persone nei supermercati.
L’Italia è il primo Paese in Europa a prendere le decisioni più drastiche, ma dalla stampa internazionale si capiva che la stessa cosa sarebbe successa a breve anche in altri Paesi, come Francia e Spagna. Tant’è che l’11 marzo l’Organizzazione mondiale della sanità definisce l’Italia un modello e dichiara che “il Coronavirus è pandemia”.
Una dichiarazione che viene ripresa dai media di tutta Europa e che incide forse anche sul governo olandese che – sempre con qualche giorno di ritardo perché è evidente che smetterla di fare spallucce gli rimane proprio difficile – cambia posizione: il 15 marzo chiudono scuole, pub, bar, caffè e ristoranti (va detto però che alcune attività avevano già chiuso, esponendo cartelli con su scritto: “Chiudiamo per aiutare la lotta al Covid-19”). Gli eventi fino a un massimo di 100 persone rimangono invece ancora consentiti.
Nei giorni precedenti la serrata, un po’ di olandesi hanno chiesto a noi italiani com’era la situazione in Italia, esprimendo solidarietà e anche preoccupazione. Ci facevano capire che avevano chiaro che il loro Paese non era immune, e che volevano sapere come attrezzarsi per evitare il contagio. Gli olandesi, o almeno una buona parte di loro, hanno compreso prima dei propri governanti la situazione. Una comprensione tutt’altro che scontata, visto che la comunicazione del governo olandese fino al 15 marzo era ancora netta, senza sfumature: le scuole possono stare aperte perché i bimbi non sono a rischio, non c’è bisogno del lockdown come negli altri Paesi europei.
Posizioni che però anche gli esperti hanno iniziato a mettere in discussione, di fronte ai numeri dei contagi che crescevano ad Amsterdam, a Utrecht e in altre città densamente popolate.
Perché entrino in vigore misure più restrittive nei Paesi Bassi bisogna attendere il 19 marzo: la regola della distanza di un metro e mezzo gli uni dagli altri inizia a essere scritta in ogni luogo, ad esempio sulle vetrine dei negozi (che indicano anche quante persone al massimo possono entrare contemporaneamente), ai cancelli d’ingresso dei parchi, sui display luminosi di solito utilizzati per le pubblicità lungo le strade.
Le immagini di quel weekend sono immortalate dai giornali locali e dalle Tv, così il governo olandese, tutto a un tratto, diventa severo, come se non avesse fatto altro che ripetere – fin dall’inizio – i rischi di salute legati al Covid-19.
Il giorno dopo, lunedì 23, il governo vieta tutti i meeting e gli eventi fino al primo di giugno, e stabilisce multe salate per chi non rispetta la distanza del metro e mezzo.
Chi governa dovrebbe sapere che per radicare un messaggio importante fra i cittadini – diversi per storia, istruzione, attenzione alla politica – ci vuole tempo.
Alla fine, per passare dall’“Italian drama” a “Tutto il mondo è paese” sarà questione di un mese.
Maria Panattoni è laureata in Scienze politiche e iscritta all'Albo dei giornalisti, si occupa, in qualità di responsabile, della comunicazione del Comune di Capannori (Lu). Collabora con la rivista Il Mulino.
Vive ad Amsterdam.
Fonte: Il Mulino