La Germania è un paese governato dai ricchi

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di Sören S. Sgries

Così conclude il sociologo Michael Hartmann secondo il quale a dominare l'economia e la politica tedesca è un gruppo molto ristretto di persone appartenenti alle élite storiche del paese pertanto un terzo della popolazione non  sentendosi più rappresentato diserta le urne.

In questa intervista Hartmann che è definito il “sociologo della lotta di classe”, spiega perché con l'ondata populista e anti-establishment la società tedesca sta cadendo a pezzi e perché il clima che si respira nel paese è molto simile a quello del Sessantotto, ma di là del malessere - sottolinea - non c'è nulla di organizzato per poter scatenare una rivolta. Una realtà per molti versi simile a quella che si sta vivendo in Italia.

angelaLa cancelliera Merkel con Ursula von der Leyen (a sinistra) presidente della Commissione europea

Professor Hartmann, quando sentiamo parlare di "elite", pensiamo "ai migliori". La definizione è corretta? 

Direi proprio di no. Per i sociologi le élite sono le persone che in virtù del loro ufficio o dei loro averi sono in grado di influenzare in maniera significativa gli sviluppi sociali. Il termine "significativo" non è chiaro al cento per cento. Ci sono opinioni diverse, ma in Germania si tratta al massimo di 4 mila persone. 

Lei mette sempre al centro delle sue considerazioni la politica e l'economia, perchè?  

Da sempre i due settori più importanti e influenti sono  stati l'economia e la politica. Ma anche la magistratura è molto influente. Quando la Corte costituzionale federale emette delle sentenze, la politica e l'economia non possono sottrarvisi. Anche le élite amministrative fanno parte delle quattro élite centrali. 

Che la politica e l'economia siano determinanti per lo sviluppo di un paese, sembra abbastanza plausibile. Tuttavia nel suo libro "Die Abgehobenen" lei lo problematizza e osserva una crescente alienazione dalla popolazione.

Attualmente stiamo vivendo una fase - e non solo in Germania - in cui le élite si stanno allontanando sempre più dalla popolazione.
Le loro condizioni di vita sono diventate ancora più esclusive dal punto di vista sociale, specialmente nella sfera politica. Sono persone che hanno conosciuto la ricchezza e la prosperità fin dall'origine della loro esistenza. I loro padri erano già in posizioni di potere. A questa eredità iniziale ora si aggiunge anche un reddito elevato, e una posizione prestigiosa. Da questo punto di vista il divario con la popolazione è notevole e continua a crescere. 

Non è forse vero che ottanta anni fa in Germania sono stati distrutti tutti i modelli precedenti, e quindi non abbiamo piu' delle elite chiaramente definite? 

Si è sempre creduto che dopo la seconda guerra mondiale per la Germania ci sia stata l'ora zero. C'è stata inveceHartmannMichael Hartmann un'enorme continuità in termini di persone fra l'epoca nazista e l'inizio della Repubblica Federale, che è durata fino alla fine degli anni Sessanta.
Nell'élite economiche non ci sono stati dei cambiamenti significativi, situazione simile nel sistema giudiziario e amministrativo.
L'élite politica è quella che ha subito i maggiori cambiamenti. I politici nazisti non erano piu' presentabili.
Dopotutto erano individui conosciuti a differenza delle élite amministrative, economiche o giudiziarie.
Nel complesso, tuttavia, le élite restano incredibilmente stabili.  

Da dove proviene questa stabilità?

Chiunque sieda in una posizione di potere crede di essere l'uomo giusto al posto giusto. Perché dovrebbe cercare un tipo di uomo diverso come successore? Se guardiamo ai vertici delle cento aziende tedesche più grandi, da decenni domina la stessa immagine: quattro persone su cinque arrivano dalla "borghesia". La politica in teoria dovrebbe costituire il polo opposto. Perché devi essere eletto e passare attraverso tutte le istanze di partito. Ma anche lì il sentiero si è fatto sempre piu' stretto: i lavoratori in passato erano rappresentati molto meglio di quanto non accada oggi, perché l'accademizzazione dei partiti si è spinta molto in avanti. Al Bundestag il novanta per cento dei deputati ha un diploma universitario, nella popolazione rappresentano soltanto il quindici per cento.  

Quindi le scuole d'élite, i college, i club non contano? 

Non in Germania. L'istruzione svolge solo un ruolo di "filtro grossolano": raramente si arriva nelle posizioni di vertice senza un diploma universitario. Anche nei sindacati e nella Bundeswehr c'è una percentuale di laureati che va dal cinquanta al sessanta per cento .
Il secondo filtro è il dottorato di ricerca. Ma non esiste una singola istituzione che aumenti esponenzialmente la possibilità di raggiungere una posizione di vertice - come accade con la scuola amministrativa francese ENA, oppure "Oxbridge", le università britanniche di Oxford e Cambridge.  

In particolare lei per cercare di capire la distanza crescente che separa l' élite dalla popolazione si è concentrato sugli anni del governo Schröder e sullla svolta neo-liberista. Perché?

Basta solo guardare cosa è successo in Germania in termini di sviluppo dei redditi. Dalla fine degli anni Novanta fino ad oggi c'è stato un cambiamento netto e costante. Le differenze di reddito tra élite e popolo si sono allargate in maniera significativa. E nonostante una buona congiuntura, nonostante la bassa disoccupazione, la distanza è pressoché rimasta. 

Lei dà la colpa alle origini borghesi dei politici e fa riferimento, per esempio, alla figlia dell'imprenditore e presidente regionale Ursula von der Leyen. Ma quale sarebbe l'interesse della "figlia di un pastore" come Angela Merkel nel fare politica per le classi superiori?  

E' vero che c'è una certa differenza fra avere un padre pastore, insegnante o un padre grande imprenditore. Ma fondamentalmente nella generazione del padre c'era un ambiente borghese rchiuso, in cui su certe questioni sociali c'era un ampio consenso. Ciò include, ad esempio, una gestione piuttosto rilassata delle questioni fiscali - anche se non tutti hanno poi evaso le tasse.

 E Angela Merkel? 

Angela Merkel a causa del suo passato nella DDR a prima vista potrebbe essere inserita in tutt'altri ambienti. Ma guardando più da vicino: nella DDR c'erano solo due gruppi professionali che conservavano le tradizioni borghesi: i pastori e i medici. Sarebbe stato qualcosa di completamente diverso se il padre della cancelliera invece di essere un Pastore protestante fosse stato un metalmeccanico che lavorava in una fabbrica. Nonostante i lunghi anni della DDR, l'integrazione di queste persone provenienti da questo piccolo ambiente borghese è stata sicuramente piu' facile e ha aperto le strade per una rapida carriera. 

Avremmo un'altra democrazia e un'altra coesione sociale se ci fossero più figli della classe lavoratrice in posizioni influenti? 

Non è un'equazione che necessariamente funziona in questo modo. Nel 2012 abbiamo intervistato un migliaio di persone nelle posizioni più importanti. Non tutti i figli della classe operaia percepivano la giustizia sociale in maniera diversa rispetto al figlio del miliardario. Ma statisticamente parlando, i figli della classe operaia - in tutte le aree - hanno una sensibilità maggiore nei confronti dell'ingiustizia sociale rispetto ai figli della classe borghese. Si potrebbe dire che più una persona è cresciuta nella ricchezza, meno percepirà la disuguaglianza sociale come un problema. In questo contesto è ragionevole presumere che il gruppo di politici ricchi di proprio influiscono non poco nelle decisioni politiche..  

Ma i politici non dovrebbero governare per l'interesse di tutti? 

Ho un bell'esempio di come si arriva alle decisioni: Il ministro della Sanità Jens Spahn ha presentato una proposta di legge secondo la quale la profilassi dell'AIDS deve essere coperta dalla cassa mutua. Poi ti accorgi che lui stesso appartiene al gruppo di persone più colpite (gay). Ha una sensibilità completamente diversa su questo problema rispetto al suo predecessore Hermann Gröhe. Così accade anche su altre questioni che sono per me piu' importanti: come l'ingiustizia sociale, le tasse, la disoccupazione. Pertanto sono convinto che una rappresentanza più vasta in parlamento dei cittadini con reddito basso o medio basso che costituiscono i due terzi della popolazione, cambierebbe in modo significativo l'ordine delle cose. .  

Da dove nasce tanta certezza?

 Ci sono molti studi negli Stati Uniti che hanno monitorato questo fenomeno per lunghi periodi di tempo. Non su ogni decisione, ma nella maggior parte dei casi, i politici dell' upper class praticano una politica che favorisce le persone con il più alto status sociale. Anche nella bozza del rapporto del governo tedesco sulla povertà è stato riconosciuto questo dato di fatto: tutte le richieste condivise dalla popolazione di basso status sociale non avrebbero avuto la minima possibilità di essere messe in pratica, e viceversa. 

Ma in una democrazia la politica non dovrebbe ternere in conto le attese della maggioranza della popolazione? 

Le persone con basso reddito hanno poche possibilità di far sentire la propria voce poiché sono  sottorappresentate nei partiti. Contrariamente di quanto accade per le associazioni come quelle mediche, o dei proprietari di case. Al massimo potrebbero potrebbero sostenerle i sindacati. Ma anche costoro preferiscono difendere gli interessi dei loro iscritti vale a dire gli operai dell'industria metalmeccanica  dai quali dipende il volume delle esportazioni. Inoltre i sindacati hanno anche molte difficoltà di rappresentarsi in un settore importante come quello dei servizi. Risultato, le classi con basso reddito non si ribellano, ma si rassegnano. La politica per queste persone è un'arma spuntata: "Quelli lassù non si interessano di noi quindi non dobbiamo votare". Più povera e meno istruita è la popolazione maggiore sarà l'astensione al voto. Molti ingrosseranno le fila dei populisti di destra. 

Tuttavia nel suo libro sostiene che Karl-Theodor zu Guttenberg: nobile, incredibilmente ricco, nonostante quello che ha combinato è ancora molto popolare. Perché c'è tanta fascinazione per un politico del genere?  

E' per lo stesso motivo per cui ci piacciono le trasmissioni televisive sulle famiglie nobili come dire è un colpo di fuga dalla realtà.
Tuttavia, anche la sua popolarità è diminuita rapidamente quando è venuto alla luce l'inganno della sua tesi di dottorato. Il glamour è bello e buono, ma l'onestà è tutt'altra cosa. 

Esiste una convinzione diffusa secondo la quale le persone che con la loro intraprendenza sono riuscite ad accumulare denaro, sono le più idonee una volta elette  per portare il paese al successo. Condivide? 

Questo accadeva più spesso in passato. Margaret Thatcher e Ronald Reagan hanno raccolto un vasto consenso quando negli anni Ottanta hanno messo in pratica le loro politiche neo-liberiste perché una parte non trascurabile della popolazione aveva fiducia nel nuova corso.
Ha funzionato fino a quando le attese sono state soddisfatte. Nel lungo termine è venuta meno la fiducia nelle politiche neo-liberiste. Ora la sensazione più diffusa è un'altra: le persone di successo fanno sicuramente delle cose di successo, ma soprattutto per sé stesse. Si tenga a mente che quando un manager commette degli errori palesi, viene sempre dimesso con  una buonauscita enorme. Il normale lavoratore invece deve paga salato ogni qualvolta commette un errore. 

Lei  intravvede in questa era di cambiamenti epocali una qualche opportunità per rinsaldare la democrazia? Anche perché nelle ultime elezioni nazionali non sembra che i partiti piu' radicali abbiano raccolto grandi consensi.

Negli Stati Uniti e nel Regno Unito per quattro decenni abbiamo visto all'opera politiche neoliberiste radicali.
Ci sono due generazioni che hanno consosciuto soltanto questa politica. Ma le loro speranze sono state tradite, ed è per questo che gli umori della maggioranza della popolazione sono cambiati in peggio.
In Germania c'è molta insoddisfazione. Tuttavia le persone guardandosi intorno  si consolano perché capiscono che nel confronto con le altre nazioni europee stiamo andando ancora abbastanza bene. Le cose sono peggiorate molto anche da noi, ma in Spagna, in Italia o nel Regno Unito va molto peggio.
Per questo ci sembra di essere ancora lontani da una svolta capace di cambiare questo status quo di una politica amministrata dai ricchi. Sicuramente il populismo di destra contribuisce non poco al cambiamento, infatti per la prima volta abbiamo la sensazione che qualcosa nel sistema dei partiti si stia seriamente muovendo.

Chi dovrebbe pilotare la svolta politica? 

Almeno nell'Ovest la responsabilità in materia di giustizia sociale è chiara. E questa si trova nelle mani della SPD.
Se la SPD segnala "facciamo qualcosa", allora il vecchio e deluso elettore socialdemocratico le riverserà nuovamente la sua fiducia.
Questo lo ha dimostrato la "campagna per la candidatura di Schulz".
Ma la SPD non è stata in grado di portarla avanti in maniera credibile. Se Schulz avesse proseguito con convinzione il percorso iniziale in maniera coerente, il volo  sarebbe durato molto più a lungo. 

Lei guarda con una certa benevolenza i laburisti del Regno Unito. La Germania e la SPD sono pronti per un Corbyn?

Al momento no. Jeremy Corbyn sotto due diversi punti di vista nasce da condizioni che in Germania non esistono.
Uno è il voto a maggioranza. Se cambi qualcosa nel Labour, puoi cambiare le cose in tutto il paese, perché non ci sono pressioni da parte della coalizione.
Il secondo: Corbyn è stato sottovalutato dall'intera leadership del partito laburista. Fondamentalmente, era stato creato come un personaggio di cartone. Poi invece ha fatto molto meglio di quanto qualsiasi osservatore si sarebbe aspettato. E ora è saldamente in sella.  

Nessun confronto con la SPD? 

Abbiamo una perdita di fiducia simile nei confronti della SPD, ma nessuna comparabile perdita di appartenenza. Il Labour sotto Blair e Brown ha perso tre quarti dei suoi tesserati. Alla fine sono rimasti in 160 mila. La SPD è ancora vicina a 460 mila. Nella base della SPD, tuttavia, c'è  una grande voglia di posizioni socio-politiche di sinistra radicale, ma poi arrivano gli alti funzionari a sostenere che è meglio il contrario, che così manovrando i risultati ci sono, ma la base non ne è convinta e aumenta il malcontento. Malauguratamente non c'è nella base la volontà di sostituire i vertici.
L'intera dirigenza della SPD è più o meno strettamente legata alla politica di Schröder. Scholz. Nahles, Heil. Tutti dovrebbero rompere in modo radicale con il proprio passato. E questo è improbabile che accada.  

Le élite, i partiti, si sono resi conto che il malessere sociale si sta aggravando. E' pensabile un miglioramento nell'arte di governare? 

Per i prossimi tre anni, fino alle prossime elezioni federali, sono alquanto scettico che qualcosa possa cambiare. Tuttavia non si puo' mai esserne certi. Nessuno pensava che potesse nascere il movimento studentesco del Sessantotto.  Nel 1961 ci fu uno studio ampio e ben fatto sugli studenti tedeschi.
Risultò che il 66 per cento era apolitico, il 16 per cento aveva una chiara vocazione autoritaria e il 9  per cento era chiaramente democratico. Sulla base di queste percentuali nessuno poteva prevedere  la rivoluzionenon del 1968.
Anche ora c'è agitazione, ansia assieme al desiderio  che qualcosa possa cambiare a favore di una maggiore giustizia sociale. Ma finora è un borbottio e nulla più, non s'intravvede quella militanza, quell'organizzazione che animò le giornate del 1968. 

La pesanti critiche che fanno i populisti alla stampa sono giustificate?

Il termine "Lügenpresse" penso sia completamente sbagliato. "Lügenpresse" significa che nei media ci sono persone che mentono deliberatamente. Non è questo il punto sul quale soffermarsi. Il problema vero è che i giornalisti raccontano una realtà filtrata dal loro background sociale e dalla loro posizione professionale nella società. Accade soprattutto col giornalismo politico. Nelle redazioni centrali a Berlino c'è la tendenza di fare con i resoconti della politica, un unico pastone. Lo si lavora con poche sapienti mani che plasmano l'interpretazione dei fatti, in sintonia con la pressione economica della committenza. Di più non potrebbero fare, poiché manca il tempo per la ricerca, per l'approfondimento.

Fonte: Rhein-Neckar-Zeitung

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