Lui è tornato
Cosa farebbe Adolf Hitler se dovesse far propaganda ai giorni nostri? Ce lo mostra David Wnendt nel 2015
Le analogie fra il comportamento del AH-redivivo che il film descrive e quello dei molti personaggi che quotidianamente siamo abituati a sentire, sono a volte agghiaccianti.
Nell'accettare il film e la sua trama in poco tempo la consapevolezza dei meccanismi che fanno breccia sulla "simpatia" delle persone, spingendole ad abbracciare inconsciamente quel tipo di consenso che rimpiazza l'analisi logica e fattuale con il piacere dello spettacolo per trasformarsi poi in logica del branco.
Tratto dall’omonimo libro di Timur Vermes, il film va oltre perché sceglie a tratti la strada del "mockumentary".
Lo sviluppo della storia è lo stesso: l'apatia politica e l'assenza di una vera analisi sull'attualità sono le basi perfette per l'ascesa del redivivo Führer che capisce rapidamente come usare la tecnologia odierna.
Ma c'è di più: seguendo con una telecamera le passeggiate di un Oliver Masucci perfetto sia per estetica che per 'piglio', Hitler gira tra la gente dell'odierna Berlino, ascoltando le lamentele di tutti su temi scottanti come l’immigrazione, la cultura araba e la disoccupazione, diventando il paladino di persone qualunque che, inconsapevoli dell'esperimento, esprimono apertamente la loro xenofobia e con un candore terrificante chiedono di fare foto e selfie (quando non invitato direttamente alla riapertura dei lager).
Non a caso il nostro AH-redivivo - interpretato, più nell’animo che nei tratti somatici, da Oliver Masucci (attore noto più che altro per alcuni lavori di minor impatto in Germania) - lascia il campo ad un secondo protagonista, Fabian Sawatzki. Quest'ultimo interpreta un regista di “televisione spazzatura” licenziato dalla sua rete che cerca, promuovendo lo storytelling dell’uomo venuto dal passato, di riavere il suo posto ed arricchirsi.
Conta di più colui che vuole imporre il proprio folle pensiero alle masse o colui che, da dietro le quinte, facilita tale operazione per puro interesse personale?
Il film ruota, oltre che attorno ai moderni metodi di propaganda, anche sulle vicende di mercato collaterali e le aspirazioni professionali e di carriera di Christoph Sensenbrink (CEO della TV locale) e Katja Bellini (che vorrebbe succedere a questi).
Come reagiremmo, noi, ad un Hitler che dice "Sono una brava persona, uccido solo se necessario"?
A un Führer che si lamenta della pochezza dei programmi tv, ma che nel frattempo, sfruttando il suo ruolo mediatico da fenomeno da baraccone, punta silenziosamente a costruirsi un seguito?
Noi che siamo quelli inquadrati, quelli ben inseriti, noi che non siamo né vecchi o dementi come la nonna di Franziska, l'unica in grado di ricordare gli orrori passati e di ribellarsi?
Come accoglieremo un dittatore 'pop'?
E siamo in grado di reagire a quello che sta già succedendo? Allo stato attuale che Hitler definisce 'un buon punto di partenza', fatto da quegli spezzoni di servizi tratti da tutte le nazioni d'Europa che parlano di razzismo e xenofobia?
Davvero c'è da ridere di un Adolf acclamato come una rockstar, quando VAFFANCULO! è diventato un intercalare per moltissima gente?
Il film, che all'inizio fa solo sorridere, ti spinge poi ad interrogarti su questioni di enorme attualità, tocca praticamente tutti gli argomenti della galassia culturale tedesca, sicuramente oltre a momenti di genuina ilarità, genererà riflessioni e discussioni.
Sawatzky: ”Sì la storia si ripete. Lei sta prendendo in giro la gente con la sua propaganda.”
Hitler: ”Oh Sawatzky… Nel 1933 le persone non sono state ingannate dalla propaganda. Hanno eletto un leader che ha rivelato apertamente i suoi piani con grande chiarezza. I tedeschi mi hanno eletto.”
Abbiamo voluto riguardarlo su Netflix